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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BILLE’ Sergio Messina 11 gennaio 1947. Avvocato. Ex presidente della Confcommercio (dal 1995 al 2005, quando fu costretto alle dimissioni seguendo la sorte degli altri ”furbetti del quartierino”)

BILLE’ Sergio Messina 11 gennaio 1947. Avvocato. Ex presidente della Confcommercio (dal 1995 al 2005, quando fu costretto alle dimissioni seguendo la sorte degli altri ”furbetti del quartierino”). Ereditata dal padre una pasticceria, comincia a tessere rapporti con gli altri commercianti della città. Nel 1976 entra come dirigente nella Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), il più numeroso sindacato di categoria. Il primo incarico è alla Federazione italiana pubblici esercizi, di cui diviene presidente nel 1988. Nel ”92, ottiene la presidenza della Federazione regionale del commercio e del turismo di Sicilia. Nel ”95, quando diventa il numero uno della Confcommercio, riceve i voti non solo dei delegati del Sud, ma anche quelli meno scontati di Piemonte, Veneto e Liguria. Nel 2005 è eletto presidente dell’Associazione Lavoro Economia (’La Stampa” 11/8/2005). «Specialista in cannoli, in lotta al racket e quando serve in serrate di protesta. [...] a Messina è famoso per il bar pasticceria che gestisce nella piazza centrale, frequentatissima dalle famiglie la domenica mattina. Ma nel resto d’ Italia è noto soprattutto per le denunce anti-racket, raccolte [...] in un Libro bianco pubblicato dalla Fipe (la federazione dei pubblici esercizi di cui è presidente), e per il suo ruolo di leader in quella che fu una delle ultime grandi battaglie della categoria: la lotta contro la minimum tax. Fu lui infatti [...] il ”falco” che propose la serrata dei negozi contro la misura varata dal governo per mettere a nudo le evasioni della categoria. Ma fu ancora lui, qualche anno prima, a dimostrare nascoste doti di talent-scout facendo debuttare sugli schermi della sua televisione privata un personaggio che poi Renzo Arbore avrebbe reso famosissimo come ”frate Antonino da Scasazza”. Già, Nino Frassica, deve qualcosa a Sergio Billè. Quando il neo presidente della Confcommercio non doveva ancora occuparsi dei negozi di famiglia, si dilettava come editore in una tivù locale di Messina. Ritornando a quegli anni racconta: ”Andò così: c’era una rete concorrente che faceva una ricerca sul linguaggio, un tale raccontava gli strafalcioni che si sentivano in giro. Decisi di fargli il verso e nacque Frassica”. Finiti i tempi della tivù, Billè [...] laureato in Giurisprudenza [...] gestisce la piccola azienda ereditatà dal padre. Giura di saper fare i dolci, anche se ha poco tempo per dedicarsi a creme e bignè. [...] come presidente della Fipe, il più potente dei sindacati della Confcommercio, si sposta fra Messina e Roma per seguire le problematiche di una associazione che unisce baristi, pasticceri, ristoratori, proprietari di discoteche e di stabilimenti balneari. D’altra parte, fin dai tempi dell’Università, il padre era orgoglioso di mandare quel figlio ”avvocato” a farsi le ossa sui problemi della categoria, lui ”ragazzo del ”99”, che prima di far studiare il figlio era sopravvissuto al terremoto di Messina e perfino ad un naufragio. Billè è anche presidente della Camera di Commercio di Messina e della Confcommercio siciliana. Proprio in quel ruolo si fece notare, ai tempi della strage di Capaci e dell’uccisione di Borsellino, per la netta condanna alla mafia. Era firmato Confcommercio il primo striscione che comparve sui luoghi delle stragi. Politicamente il suo nome viene accostato a quello di Mario Segni, ma Billè preferisce far notare che non è con un biglietto di partito che si può diventare presidente di una associazione così composita come la Confcommercio. Anzi, fra i suoi buoni propositi del giorno prima, c’è addirittura l’impegno ad uscire da quei giochi di lobby e di strategie da corridoio che [...] hanno caratterizzato la vita dell’ associazione. [...] ”Rinnovare la nostra Confederazione - ha detto - significa fare più posto alle idee e puntare al confronto non solo con le istitutizioni e con tutte le realtà economiche e imprenditoriali del Paese ma anche con tutta la società civile che non è più quella di ieri, ha altre esigenze, nuovi obiettivi”. [...]» (Luisa Grion, ”la Repubblica” 21/6/1995). «[...] capo dei commercianti conservatori italiani (quelli più progressisti stanno con la Confesercenti) [...] certe gaffe di Billè sono spettacolari, e una volta disse della riforma delle pensioni che era annacquata come il Frascati, e sui colli romani se la presero parecchio e fecero querela. [...] La gestione del potere [...] è un capolavoro quotidiano che non trascura dettaglio, e Billè lo sa. presidente della Confcommercio dal 1995 e lo sarà, per acclamazione, fino al 2008. [...] nella sua città, Messina, possiede una pasticceria definita ”una delle più avviate imprese della città” dal sito di Confcommercio - quasi ottocentomila esercizi, compresi duecentomila del turismo. Per gli analisti fanno quattro milioni di elettori, che teoricamente Billè può indirizzare e finora li ha mantenuti dalle parti di Berlusconi. Anche per questo motivo Billè critica il governo quasi ogni giorno, e quasi ogni giorno dal governo non arriva risposta. Ecco, a passare gli archivi si trovano un sacco di ”lo ha dichiarato Billè...”, di ”lo ha sottolineato Billè...”, di ”forte denuncia di Billè...”, di ”dura requisitoria di Billè...”, perfino di ”severo monito di Billè...”, quando il ”severo monito” è di solito prerogativa del presidente della Repubblica, e quel ”severo monito di Billè...” è più o meno il ”severo monito” di quattro milioni di elettori. Non si trovano invece dei ”lo ha fatto Billè...”. Billè non fa, in genere. Lui dà la linea. Gli capita, sotto Natale, di invitare i suoi iscritti a moderare i prezzi, e i suoi iscritti gli rispondonoche più di così è impossibile, lui rilancia dicendo fate uno sforzo, e così per qualche giorno e fine. Intanto l’euro ha fatto sfracelli, e Billè ha voluto dimostrare la buona volontà della sue gente lanciando il ”patto della pizza”. Sino al termine del 2005, in centosettantasette ristoranti italiani, una volta a settimana, si potrà avere pizza e birra a sette euro. Pizza margherita, però. E birra da 20 cl, un bicchierino. Lui ne è molto fiero, come è fiero di andare per la Rai, con Carmen Lasorella, a dare consolazione e consigli alla tipica famiglia media. O di prendersela con la mafia per i prezzi di frutta e verdura. O di duellare con gli odiati avversari della Codacons, l’associazione dei consumatori, scrivendo articoli vibranti dal titolo perentorio: ”Non pagare il conto è illecito”. Ora si accompagna con Ricucci e tutti sono lì a vedere se davvero Ricucci ce la farà a prendersi i quattordicimila appartamenti in vendita della Enasarco (valore: 3.25 miliardi di euro), un enorme ente previdenziale con dentro sindacati, Confindustria e naturalmente la Confcommercio. In caso positivo, non ci sarà alternativa al pettegolezzo: quella strana coppia funziona davvero» (Mattia Feltri, ”La Stampa” 11/8/2005). «Lo chiamano Sergio Bignè, e la cosa lo infastidisce un pochino. Tignoso com’è, non gli garba che si faccia confusione. A lui, al capo dei commercianti italiani, piacciono da morire i cannoli e non i bignè. Essendo un autarchico, i cannoli se li produce nella sua fabbrica messinese di crema pasticciera. A Roma gli giungono incartocciati quasi ogni settimana. L’umore ne risente, come pure il fisico. La sua faccia è chiaramente quella di un commerciante […] Avvocato, è un bel pezzo di democristiano […] Alle domande risponde con un fitto lancio di parole, nelle quali infila sempre qualcos’altro. un signor ”benaltrista”. Punta a sfinire l’interlocutore» (Antonello Caporale, ”Il Venerdì” 27/9/2002). «Il salto fu più lungo dello Stretto. Dal cocktail renforcé, pronunciato con perfetto accento siculo e servito con tutti i crismi a Messina nella premiata pasticceria Billè di Piazza Cairoli, il pasticciere di regime, come lo chiamavano i concittadini invidiosi, saltò [...] a piazza Gioacchino Belli, nei miasmi di una capitale che cambiava regime, presunto titolare di quattro milioni di voti, secondo le scientifiche idiozie dei sondaggisti di turno. Chi non perderebbe la testa, se avesse nel portafoglio tutto quell’asserito ben di Dio elettorale? Chi, allevato dai gesuiti e attorniato dai furbetti del quartierino, nati alla periferia di Zagarolo, ma dotati di quel ”plus” che difetta fuori dall’hinterland della capitale, potrebbe resistere a un’enorme creazione di valore immobiliare fasullo [...] Non Sergio Billè [...] il quale, come una grande maschera da caratterista, una spalla senza la quale il film I furbetti del quartierino non potrebbe essere realizzato dai fratelli Vanzina, recita nel copione quello che arriva per ultimo, di corsa, un po’ affannato, e ci lascia le penne. Tra le tante degli ultimi anni, tra una comparsata e l’altra nelle pasticcerie di Anna La Rosa e del suo impari emulo Bruno Vespa, Billè, come riferiscono le cronache, ha firmato lo scorso febbraio un contratto preliminare con Stefano Ricucci per comprare al prezzo di 60 milioni di euro un palazzo a Roma, via Lima, come nuova sede della Confcommercio. Al suo amico ha subito versato 39 milioni di euro. Un buon affare, dice lui. Ma meno di due mesi prima l’ormai mitico Ricucci, che a occhio e croce sarebbe pure capace di vendere il Colosseo, come Totò in Totò, Peppino e i fuorilegge, aveva comprato lo stesso palazzo, da Gianpiero Fiorani, quello della Banca Popolare di Lodi e dei baci in fronte telefonici al governatore della Banca d’Italia, per 12,4 milioni di euro. Quarantotto milioni di utile (diconsi quasi 100 miliardi di ex lire) in 52 giorni, al lordo della ristrutturazione dell’immobile. Un buon affare per i commercianti? Allora vuol dire che la bolla immobiliare non è una bolla, ma uno tsunami. [...] Billè cos’è? Prima di fare il presunto traghettatore di milioni di voti dei commercianti, corteggiato come se fosse Anna Falchi da destra, da sinistra, da centro, dagli interstizi, lo chiamavano il pasticciere di regime perché non c’era manifestazione organizzata da ente pubblico, comune, provincia, Asl o fiera di paese nel raggio di decine chilometri da Messina che non fosse appaltato alla premiata pasticceria Billè. Ma il suo vero tripudio era tutti gli anni il giorno del compleanno di Ciriaco De Mita, quando, con un apposito furgone refrigerato, spediva settanta chili di gelato alla gianduia a Nusco, nella villa dell’amato leader democristiano. Purtroppo, quando approdò a piazza Gioacchino Belli, dove ancora erano fresche le ferite lasciate dal suo predecessore Francesco Colucci, la stella di De Mita era un po’ appannata e il povero Billè fu costretto a fare un defatigante ”shifting” politico. Prima Segni, poi Fini, sempre, da magnifico trasversalone, con un sorriso e una promessa per tutti. Ma soprattutto [...] sorrisi per Ricucci e i furbetti del quartierino, di cui [...] è considerato socio onorario. Ricucci compra a debito il 20 per cento del Corriere della Sera [...] Billè che fa? Da buon amico, si accoda e tramite Paribas ne compra azioni per 3 milioni. Con quali soldi? E qui si apre il frigorifero con la crema guasta che rischia di costare la poltrona all’intraprendente pasticciere siciliano. Si scopre che, risanata la gestione folle del predecessore, i conti della Confcommercio producono addirittura un ”fondo del presidente” nel quale nessuno mette il naso, e per il quale negli ultimi anni sarebbero transitati da 50 a 100 milioni di euro. Alimentato dalla previdenza integrativa dei dirigenti del settore commerciale, pare che molti membri del comitato di presidenza della Confcommercio ignorassero l’esistenza di questo forziere quasi privato. Perciò sono piuttosto arrabbiati e alimentano la fronda contro Billè, una fronda già forte in Veneto, in Emilia, in Lombardia, in Piemonte, nella Marche, nel Lazio. [...] Billè si difende con un argomento un po’ trito: ”Mi attaccano perché do fastidio ai poteri forti”. Se si riferisce alla Confindustria, in effetti è lecito pensare che Luca Montezemolo non sia molto lieto del fatto che il pasticciere gli ha portato via un bel po’ di associati che pagavano bei contributi. [...]» (Alberto Statera, ”la Repubblica” 8/10/2005).