Varie, 14 febbraio 2002
BISCARDI
BISCARDI Aldo Larino (Campobasso) 26 novembre 1930. Giornalista. Sportivo, celebre per il programma televisivo Il processo del lunedì. «Il più grande surfista di notizie di ogni tempo, capace di diventare egli stesso notizia mentre l’onda si arrotola, oggetto e soggetto a un tempo delle sue trasmissioni. Geniale, e lo critichino pure: succedeva già ai tempi di Andreotti, e oggi Andreotti va a chiudere la carriera proprio lì, al Processo» (Maurizio Crosetti). «Absit iniuria verbis, ma Aldo Biscardi è il Gianni Brera della tv italiana: i giornalisti sportivi dovrebbero fargli un monumento. Biscardi ha creato uno stile, originato imitatori, imposto un modo di concepire lo sport, dato vita a un indotto rigonfio di insperati e generosi gettoni di presenza. [...] Più di Brera, che poteva contare solo su schiere di maldestri imitatori [...] Biscardi è riuscito a dare una veste teorica al suo giornalismo. Non letteraria, teorica. Che è questa: chiunque può dire ciò che vuole, sostenere qualsiasi tesi senza bisogno di doverla argomentare. Che è una bella rivoluzione copernicana. Tempo fa, infatti, un magistrato di Roma, nel corso di un processo ”vero”, ha sentenziato che nel Processo di Biscardi ”la credibilità obiettiva delle notizie riportate e fatte oggetto di dibatito è riconosciuta assai bassa... Ne deriva che la credibilità dell’informazione offerta e la conseguente attitudine di questa a essere, in ipotesi, idonea a ledere l’altrui reputazione sono oltremodo inconsistenti”. Traduzione: siccome di preferenza si dicono fanfaluche è inutile prendersela tanto, Il magistrato ha evidenziato il carattere informale del talk show biscardiano, paragonandolo a una tipica discussione da bar [...]» (Aldo Grasso, ”Sette” n. 18/2002). «Il più importante giornalista sportivo italiano del dopoguerra. Importante non significa, necessariamente, che sia anche il migliore ma di certo è quello che ha fatto di più per la categoria. Dovrebbero fargli un monumento: ha inventato un genere che si è diffuso a macchia d’olio, ha consentito a molti suoi colleghi un secondo o un terzo lavoro, ha regalato loro pensioni dorate, ha permesso a quelli che avevano difficoltà con la scrittura di dire con prepotenza la loro, ha allevato nel suo programma opinionisti e direttori. Nessuno ha fatto per la categoria quanto ha fatto lui. Anche Gianni Brera ha creato imitatori, ma il ”rosso” ha fatto di più: nulla, infatti, incita all’imitazione quanto il cattivo esempio. Oggi tutte le trasmissioni che parlano di calcio, sui network nazionali ma soprattutto su quelli locali, sono modellate sul Processo. Ma non sono alla sua altezza. Penso alla supponenza di Controcampo o della Diesse. La seconda è che il Processo è lo specchio più sincero del calcio italiano. Anni fa, quando si era più giovani e ingenui, ero portato a credere che il Processo fosse un modo plebeo e sgangherato di raccontare il calcio. Forse era così, forse. Ma perché ci sia un sopra e un sotto, un Olimpo e un trivio, bisogna davvero che ci sia separatezza, che qualcuno si mostri migliore di un altro. E invece, in questi anni, l’ambiente calcio si è mostrato per quel poco che è. Lo ha fatto con i suoi dirigenti di spicco, con molti protagonisti, con gli arbitri, con i giornalisti. Devo fare dei nomi o va bene così? Parola di sconfitto: non potendolo eliminare fisicamente (né ci ho mai pensato) devo dare ragione a Biscardi. Riconosco che è l’inventore del calcio parlato. E pazienza se a spese della sintassi» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 25/6/2003).