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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BISIO Claudio. Nato a Novi Ligure (Alessandria) il 19 marzo 1957. Attore. «Diplomatosi presso la Civica scuola d’arte drammatica di Milano (1981), calca le scene teatrali lavorando con Fo (Morte accidentale di un anarchico, 1987), e con il Teatro dell’Elfo (Sogno di una notte d’estate, Nemico di classe, Comedians, Café Procope)

BISIO Claudio. Nato a Novi Ligure (Alessandria) il 19 marzo 1957. Attore. «Diplomatosi presso la Civica scuola d’arte drammatica di Milano (1981), calca le scene teatrali lavorando con Fo (Morte accidentale di un anarchico, 1987), e con il Teatro dell’Elfo (Sogno di una notte d’estate, Nemico di classe, Comedians, Café Procope). Negli stessi anni riesce anche a dedicarsi al cabaret: la sua palestra è il Derby, prima, lo Zelig, poi. [...] Al cinema, con registi come Salvatores, Risi, Monicelli, Giuseppe Bertolucci, raggiunge una popolarità ancora più ampia. Artista poliedrico, incide anche un disco di successo, Rapout (con Rocco Tanica), che diventa la canzone dell’estate 1991. Molte anche le sue presenze televisive, da Cielito Lindo (1992) a Mai dire goal (1998). Grande talento comico, ha trovato la notorietà sfruttando il filone cabarettistico e costruendo una sua personalissima satira dei tempi moderni. Efficace testimonial di un’epoca che ama il divertissement intelligente e lo svago di classe, non gli mancano né la capacità né la potenza per imporsi in ruoli drammatici» (Dizionario dello Spettacolo del ’900, a cura di Felice Cappa e Piero Gelli, Baldini&Castoldi 1998). «[...] anni di Zelig in tv [...] ne hanno fatto un divo. [...] io sono il primo a volermi smarcare dalla tv. Da quando faccio Zelig di proposte ne ho avute a bizzeffe e se guardo i guadagni, mi dico ’porca miseria’... Ma io non invidio Bonolis. Invidio Castellitto, Bentivoglio. Le mie radici sono teatrali, non nazionaltelevisive. Della popolarità tv è giusto prendere le cose positive. Cosa? Che adesso posso alzare la cornetta chiamare, che so? la Medusa e essere ascoltato, mentre anni fa ai tempi del mio film, Asini, dovevo sempre spiegare chi ero e cosa avevo fatto. Adesso se si sa in giro che ho un’idea, magari litigano per averla [...]» (Anna Bandettini, ”la Repubblica” 6/4/2005). « nella top ten dei personaggi televisivi più amati dagli italiani. Simpatico, soprattutto sincero, lui, il ”calvo” di Zelig è il più corteggiato in assoluto dai mass media [...] ”Ho avuto grandi soddisfazioni sia sul palcoscenico che sul set. Ero fra i protagonisti di Mediterraneo, film da Oscar. Ho scritto canzoni, insomma la tv è importante, ma non è quella che ho nel cuore. [...] Non sono un artista che vuole imporre la propria presenza sgomitando, sono tranquillo. [...] Da giovane toccavo il cielo con un dito quando andavo a vedere Dario Fo (è a lui che mi ispiro). Mistero buffo lo avrò visto cento volte e ogni sera Fo lo rappresentava in modo diverso, nuovo [...] Agli inizi della carriera ero costretto a mettere il parrucchino per interpretare questo o quel personaggio. Dovevo dare un’altra immagine di me. Ora invece piaccio così come sono. Insomma alle donne piaccio calvo. Bello senza parrucchino? una vittoria. [...] Sono di sinistra ma non sono ”scapestrato” come lo ero da giovane”» (Patrizia Saladini, ”Il Messaggero” 29/6/2003). «La tv mi dà tante soddisfazioni, ma resta il regno del vacuo. Per quanto mi riguarda è a teatro che sto bene [...] Quella panchina dove un tempo eravamo noi, lasciando che a parlare fosse uno come noi che ha giocato a calcio senza essere un campione, ha letto Proust senza finirlo, ha sognato senza che nulla si sia realizzato. Uno che naviga nel Web senza capirci molto. Uno che continua a fare programmi ma sempre disattesi. Uno che legge i giornali, riflette sul mondo, impreca, dice cose tremende ma finisce per scoprire che forse qualcosa di quello che è continua nel figlio. Panta rei. Tutto scorre. [...] Io amerei che ci fosse gente giovane in platea. Non è un monologo per quarantenni andati, il mio. Si parla della nostra storia. Lo sa che i giovani di oggi distano dalle bombe di piazza Fontana più di quanto distavo io dalla Seconda Guerra Mondiale? Parlare a loro del ’68 è come quando noi ascoltavamo i racconti della Resistenza. A me piaceva. Spero che tra i ventenni ci sia chi ha curiosità di sapere cosa è successo» (Anna Bandettini, ”la Repubblica” 24/9/2003).