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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

Blake Peter

• Auckland (Nuova Zelanda) 1 ottobre 1948, Macapà (Brasile) 6 dicembre 2001. Ha percorso mezzo milione di miglia nautiche durante regate e spedizioni. Ha vinto due volte la Coppa America su Black Magic: nel ’95 come skipper e nel 2000 come manager del team New Zealand. Ha vinto anche la regata Sydney-Hobart nel 1980 e nel 1984 e la Whitbread, la regata intorno al mondo nel 1990: nell’edizione del 1994 ha stabilito il record di velocità del giro del mondo, 74 giorni, 22 ore, 17 minuti e 22 secondi. Nominato baronetto nel ’95, si è aggiudicato due volte il premio Sportivo dell’anno e quattro quello di Yachtman dell’anno. «Gli hanno sparato i ”ratos de agua”, pirati dell’Amazzonia, mentre navigava sul rio Amazonas di notte davanti alla città di Macapà, nel nord del Brasile. I pirati, sette o anche otto secondo le prime ricostruzioni della polizia, sono saliti col favore delle tenebre a bordo del ”Seamaster” il veliero con cui sir Peter aveva appena terminato una lunga campagna di ricerca sui fiumi brasiliani. Mentre Blake è morto all’istante per i colpi di arma da fuoco, due suoi compagni di equipaggio sono rimasti gravemente feriti. I ”ratos de agua” secondo la polizia sono noti nella zona. Ma Blake forse non lo sapeva. Quella tra mercoledì e giovedì doveva essere la sua ultima notte in Brasile. Stava aspettando infatti che la dogana gli firmasse i documenti per lasciare il paese dopo aver navigato per oltre due mesi sul rio delle Amazzoni e sul Rio Negro. La prossima tappa di Blake doveva essere in Venezuela dove contava di risalire l’Orinoco per studiare da vicino i cambiamenti climatici sulle giungle tropicali. Il navigatore neozelandese, che nel ’95 era stato nominato ”sir” dalla regina Elisabetta II, era in realtà partito nell’ottobre 2000 per una lunga spedizione in Antartico e successivamente nei canali della Patagonia attorno a Capo Horn, dove aveva trascorso il Natale di un anno fa con la moglie Pippa e i figli Sara Jane e James. Poi la barca era stata portata a Buenos Aires per lavori di manutenzione e alcuni mesi fa era ripartita per il Brasile. Le ultime annotazioni sul giornale di bordo risalgono al tardo pomeriggio di mercoledì e sir Peter aveva fatto in tempo a inserirle nel suo sito internet. ” già notte - vi si legge - e la luna sorgerà verso le 21, dunque avremo alcune ore di buio totale. Vedo le luci dei paesi e dei villaggi, ci sono molte navi e pescherecci intorno a noi. Stiamo navigando a motore servendoci del radar e dell’ecoscandaglio, non dovrebbero esserci problemi....”. Ma anche questi sofisticati strumenti non potevano avvistare in tempo i pirati giunti su delle canoe a motore. La città di Macapà si trova proprio alla foce del fiume ed è il porto di entrata e di uscita dal nord del Brasile, quasi ai confini col Suriname e la Guiana. Proprio nel giornale di bordo è stata ritrovata una domanda che Blake si era posto poco tempo fa: perché facciamo tutto questo? Alcune pagine più avanti la risposta: ”Cerchiamo di capire come funzionano le cose, cosa sta succedendo”. Ora toccherà ad altri continuare il lavoro e approfondire le risposte che Blake inseguiva da quando era salito al timone della Cousteau, la società che il celebre comandante francese aveva creato prima di morire. La vita, gli onori, la fama e ora la morte di sir Peter sono sempre stati legati al mare. Come skipper vinse la Coppa America nel 1995 a San Diego e due anni fa a Auckland era il presidente del Team New Zealand, la barca che sconfisse Luna Rossa conservando la Coppa America. Nel ’90 aveva vinto una memorabile regata intorno al mondo con un veliero bellissimo, Steinlager, che fece epoca per alcune sue innovazioni tecniche e per le capacità con cui Blake la portò alla vittoria. Aveva anche vinto due regate del Fastnet in Gran Bretagna e deteneva tuttora il record del giro del mondo con monoscafi ed equipaggio in soli 74 giorni» (Carlo Marincovich, ”la Repubblica” 7/12/2001). «Era partito da Auckland, in Nuova Zelanda, a 22 anni. Una laurea da ingegnere in tasca, il sogno di fuggire dalla prigione dell’isola, conquistare visibilità e traguardi. In barca a vela, lo sport che per i kiwi è hobby, lavoro, religione. ”Il mare è il mio salotto e la vela la mia vita” amava ripetere a un popolo per il quale è stato, in un crescendo, idolo sportivo, eroe e leader carismatico. Dopo il rodaggio su barche piccole (Sydney-Hobart ’80 e ’84, Fastnet ’79 e ’89) aveva ceduto al fascino del giro del mondo in equipaggio. Cinque partecipazioni e un successo (Whitbread ’89-’90) schiacciante: sei tappe vinte su sei, un arrivo da trionfatore al timone di Steinlager. Il trionfo di Peter, lo skipper che sarebbe diventato ”Sir”. Nel ’94, dopo aver battezzato con un nome di donna la nuova barca per sentirsi meno solo (Enza), era entrato nei libri dei record conquistando il Trofeo Giulio Verne e chiudendo il giro del mondo senza scalo in 74 giorni, 22 ore, 17 minuti e 22 secondi. Non restava, a quel punto, che la sfida della Coppa America. Blake aveva riunito il meglio della vela neozelandese, si era fatto le ossa perdendo le finali degli sfidanti nel ’92 contro il Moro di Venezia di Gardini e Cayard, tre anni dopo era volato di nuovo a San Diego come comandante di Black Magic per tentare l’impresa più difficile: strappare agli americani il trofeo più prestigioso della vela. Resistere al conquistatore neozelandese, un Cristoforo Colombo partito ancora più lontano, per i detentori fu impossibile. 5-0 a Dennis Conner e la Coppa America usciva per la seconda volta in 145 anni dai confini degli Usa. ”L’emozione più grande della mia vita”. Lì, sulle strade della tournée che attraversò la Nuova Zelanda per mostrare al popolo coppa e nuovo re, era finita la carriera dell’uomo di sport ed era iniziata la leggenda. Peter Blake non era più un velista, aveva raggiunto la statura dello statista, del ministro, dell’uomo politico. L’anno scorso, per difendere il trofeo dall’assalto garibaldino di Luna Rossa, l’eroe del ’95 aveva rispolverato il titolo di ”baronetto” e si era messo alla testa del consorzio neozelandese, lasciando il timone e le calzette rosse portafortuna (un business geniale che aveva riunito il Paese come sotto una bandiera) a Russell Coutts. 5-0 agli italiani, la Coppa era rimasta nella teca del Royal Yacht Squadron. Se ne riparlerà nel marzo 2003. Aveva subito trovato una buona scusa per ripartire: ”Degli albatros che circondavano la mia barca trent’anni fa oggi rimangono solo otto coppie nel mondo. Le specie di pesci sono diminuite del 60 per cento”. Aveva salpato l’àncora per ”raccogliere informazioni, girare documentari, informare”. morto in Amazzonia, dove voleva e doveva essere. Dove il moto perpetuo della sua esistenza si è finalmente calmato» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 7/12/2001).