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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BOCELLI

BOCELLI Andrea Lajatico (Pisa) 22 settembre 1958. Cantante. «Il divo musicale più popolare del nostro tempo, il campione dei dischi best-seller, la star del ponte tra lirica e pop, il tenore-icona struggente e non vedente» (Leonetta Bentivoglio). «Soltanto dieci anni fa, era un oscuro pianista di pianobar, ancorché dotato di laurea in giurisprudenza. La sua famiglia, dedita al commercio, ne aveva assecondato volentieri la passione per il canto e per la classica; il suo maestro era il tenore Franco Corelli, dal quale andava a prender lezioni a Torino. Si esibiva nei locali della sua Toscana, sorprendeva i clienti con l’uso di un doppio registro, classico e pop. Fra una canzone di Baglioni e un Nessun dorma, una sera lo ascoltò (e prontamente lo adottò) Michele Torpedine, allora manager di Zucchero e oggi quasi esclusivamente dedito alla causa artistica di Bocelli nel mondo: e si dice ”quasi” perché oggi Torpedine è uno dei partner dell’avventura sanremese di Toni Renis. Il quale, a sua volta, con il tenore ha lavorato a molti progetti, da un duetto con Céline Dion che valse un premio Globe al recente concerto Bocelli alle Piramidi distribuito da Raitrade. Non sono molte le glorie nazionali che possono contare su un simile successo planetario: primo fra tutti naturalmente Pavarotti, al quale in qualche modo Bocelli è debitore; e in quanto al pop, l’antesignano fu Paolo Conte, seguito poi da Eros Ramazzotti e Laura Pausini, conosciuti ai quattro angoli del mondo. Il loro lavoro ha creato un buon fatturato, e aperto possibilità a nuovi talenti. Oggi Bocelli ha venduto 47 milioni e mezzo di album nel mondo, e ha fondato una propria etichetta con la quale uscirà l’album di Apicella-Berlusconi. [...] ”Il 14 ottobre 1993, negli uffici di un’azienda familiare italiana, è cominciata la storia di un progetto artistico ed imprenditoriale che, tra l’incredulità dei più, ha raggiunto risultati senza precedenti ...” dice l’annuncio. L’artefice di questo successo è stata Caterina Caselli in Sugar. [...] E Caterina, che negli ”80 con la CGD era riuscita a far conoscere in Europa Paolo Conte (in Olanda finì per vendere più di Michael Jackson), ricorda bene il febbrile lavoro dell’ottobre ”93: ”Ho conosciuto Andrea, quell’anno, grazie a Gerardina Trovato. Era supporter nel tour di Zucchero, andai ad ascoltarla a Mantova e c’era anche lui: cantò con Zucchero il Miserere e poi Nessun Dorma. Fui catturata dalla sua voce: tornata a casa cominciai, senza aver la più pallida idea, a lavorarci sopra. Chiamai i maggiori compositori e dopo 15 giorni arrivò Felisatti con due canzoni, una delle quali era Il mare caldo della sera”. I tempi di Pippo Baudo non erano convulsi: ”Nel ”93 ci furono le preselezioni per il Festival. E il 22 settembre, a Modena, ero stata alla festa di compleanno di Paola e Gino Paoli, di Zucchero e di Bocelli, nati tutti lo stesso giorno. Andrea, scherzando, disse a Zucchero: ”Ti faccio vedere io: faccio te e Pavarotti insieme’. E cantò come Zucchero, rauco, e poi da tenore. Rimasi impressionata, con Torpedine decidemmo che portasse la canzone alla preselezione di Sanremo”. La voce di Bocelli, tra l’altro, era stata già usata per far ascoltare Miserere a Big Luciano che l’avrebbe incisa per il disco di Zucchero. Continua la Caselli: ”Ho conosciuto Andrea a 34 anni, abbiamo vinto quasi tutte le sfide. C’è stata fortuna ma va sottolineato il talento, la partecipazione non comune da parte nostra, del suo manager, delle persone del team”. Caterina è nota per la sua determinazione: ”Quando credo in una persona non mi fermo davanti a nessun ostacolo. Ma Andrea non si è risparmiato, va tenuto presente il costo psicologico, a quei livelli”. Ha dovuto lottare per tenerselo, Caterina? ”Più un artista diventa importante, più ci sono voglie di fuga. Abbiamo rinegoziato più di due volte, ma fa parte del business e del lavoro”. ”Come Napoleone, Andrea ha conquistato l’Europa paese dopo paese - ricorda ancora la Caselli -. Prima alle Nights of the Proms di Londra, poi in Germania infuriò Con te partirò”. Il brano, solo quarto al Sanremo ”95, fu tradotto in Time to say Goodbye, in duetto con Sara Brightman: ”Lo volle a tutti i costi come sigla il pugile Henry Maske per l’ultimo match. Vendemmo più di tre milioni e mezzo di singoli, e 5 milioni fra Germania e Francia del secondo cd Bocelli. Il successo fece scattare l’idea dell’America”. Romanza, disco che conquistò gli yankees, premiò un’altra lotta di Caterina: ”In un meeting di 12 ore, scoprimmo che lo volevano lanciare come latin lover italiano, alla Iglesias, e farlo cantare in inglese. Ma siamo riusciti a vincere noi”» (’La Stampa” 15/10/2003) «Dal punto di vista tecnico ha tutti gli ingredienti per fare ciò che vuole con la propria voce. […] ”Quando mi sono affacciato su palcoscenici d’opera ero famoso solo per aver cantato canzoni: molti hanno pensato fossi un avventuriero, un corsaro. In realtà vengo da studi musicali ortodossi: pianoforte e canto. Si possono discutere i risultati, ma io mi sono sempre impegnato affinché la musica trionfasse nella sua integrità e, se c’è un purista al mondo, quello sono io: ho sempre difeso, anche contro i miei discografici, il canto non amplificato. […] Sono contentissimo di rappresentare un fenomeno controcorrente: io rifiuto di seguire il modo di cantare di oggi, che annulla l’uso del portamento. Seguo la tradizione del periodo d’oro dell’opera, così si arriva dritto al cuore della gente[…] Ci sono tante partiture che non canterò mai perché non sono adatto. Una volta c’erano maggiori possibilità per i cantanti di provare le opere in teatri di provincia fino a capire bene quali erano le più congeniali alla loro voce. Oggi la frenesia e i problemi economici fanno prendere molti più rischi e non sempre si canta quello che ci è più congeniale» (’Corriere della Sera”, 24/11/2002). Il suo canto «esprime una metamorfosi profonda, forse senza ritorno, nel carattere "tenorile", la voce maschile per eccellenza. Un tale successo, certamente dovuto anche alla solidarietà per la sua difficile vicenda umana e per l’indomabile voglia di vivere che ha sempre dimostrato, non sarebbe stato possibile solo una generazione fa [...] Al tempo di Corelli, Del Monaco, Di Stefano nessuno avrebbe pensato di definirlo tenore. Nessuno avrebbe avuto l’idea di fargli incidere Bohème e Tosca e di sottoporlo al rischio del confronto con altri interpreti, così più sicuri nel sostegno del fiato, nella potenza, nel colore, in una parola nella qualità della voce che distingue un cantante lirico da uno leggero. E il pubblico sarebbe stato un giudice severo, ascoltando un E lucevan le stelle così levigato e timido, estraneo a quell’impeto di passione e di disperazione che pulsa nel canto di Mario Cavaradossi all’alba del suo ultimo giorno. Nessuno di quella giuria lo avrebbe premiato. Oggi no, oggi la sua voce delicata, non aggressiva, mai perentoria, convince. Il gusto cambia, radicalmente: all’inizio del Settecento piaceva la voce senza sesso degli "evirati cantori", alla fine li chiamavano "capponi", e così nacque il bisogno di ascoltare delle credibili voci maschili: i tenori. Un secolo fa se un tenore non esagerava nel singulto verista, erano fischi: adesso, quei suoni ci sembrano muggiti, preferiamo lo stile. Pavarotti è stato la sorpresa di una voce bella, morbida, però ancora possente, sbalzata; Bocelli porta a compimento una progressiva perdita di peso, di autorevolezza specifica della voce virile. Il maschio non batte più i pugni, neppure quando canta. A ogni epoca i suoi tenori, e nella nostra sembra ormai aver perduto ogni senso comune la distinzione tra canto lirico e canto leggero: Bocelli passa da Sentimento alla Gelida manina sempre con la stessa voce, cosiddetta di tenore» (Sandro Cappelletto, "La Stampa" 27/5/2003). Ruolo operistico che sogna di fare: «Il duca di Mantova, personaggio emozionante, impressionante. Devo affrontarlo finché ho una voce agile e versata per gli acuti [...] Ci sono voci che si logorano presto per natura e altre che reggono a lungo. Guardi Domingo, pensi a Pavarotti. Quanto hanno cantato nella loro vita? Eppure. Per quanti mi riguarda sono maniacale. Mai fumato, niente alcolici. La voce risente di tutto. Conta anche non sforzare. Il canto non dev’essere mai fatica» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 18/3/2001).