Varie, 14 febbraio 2002
BOLLE
BOLLE Roberto Casale Monferrato (Alessandria) 26 marzo 1975. Ballerino • «[...] esploso tutto in un attimo il successo per Roberto Bolle, ragazzo di Trino Vercellese che ha passato tutti gli anni delle medie e del liceo scientifico da solo a Milano a studiare danza di giorno e seguire i corsi scolastici di sera [...] a 22 anni, debuttava a Londra nel Lago dei cigni alla Royal Albert Hall, con la coreografia di Derek Deane. E i settimanali inglesi si strappavano le foto del suo fisico slanciato, dalle proporzioni perfette nonostante l’altezza considerevole, e del suo bel volto di ragazzo biondo con gli occhi chiari. Subito ribattezzato, guarda un po’, ”DiCaprio della danza”. Dopo una stagione ecco il suo ritorno trionfale a Londra nel nuovo Romeo e Giulietta ad alto voltaggio erotico, sempre di Derek Deane. Un balletto finito su titti i giornali del mondo per il suggerimento del coreografo ai propri ballerini: fate l’amore prima di andare in scena, sarete più credibili. C’è da immaginarsi la fila di ragazzine alla porta del camerino di Bolle, pronte a collaborare per mandarlo in palcoscenico nel giusto mood [...]» (Sergio Trombetta, ”Specchio” 18/7/1998) • Figlio di un imprenditore locale, la sua vocazione alla danza la scopre ancora bambino, affascinato dai balletti dei varietà in tv. Dapprima frequenta qualche corso locale, poi, a 11 anni, viene ammesso alla Scuoladi Ballo della Scala. Tra i primi a notare il suo talento il grande Nureyev. A 21 anni viene nominato Primo ballerino da Elisabetta Terabust, allora direttrice della Scuola. Diventa così protagonista di grandi balletti classici e contemporanei. Si intensifica anche la sua carriera internazionale, e si afferma come star anche sulle scene di Londra. «Il più acclamato ballerino italiano, principe azzurro globe trotter. […] Il primo ballerino italiano a ballare per la Regina d’Inghilterra. […] ”Più il tempo passa, più mi rendo conto di essere fortunato ad avere la possibilità di ballare fuori in altre compagnie come il Royal Ballet o l’Opera di Berlino dove si lavora in maniera diversa. Adesso con il trasloco agli Arcimboldi, la situazione alla Scala si è fatta ancora più pesante. I camerini sono stati sistemati in container e i ballerini si rifiutano di usarli. Giustamente. Poi le sale ballo hanno il riscaldamento sotto al pavimento. Roba da farsi venire i piedi come salsicce […] Mi piace l’idea di ballare nei più grandi teatri. L’anno prossimo dovrei debuttare al Metropolitan: il Royal Ballet andrà a New York e mi hanno chiesto di partecipare alla tournée. Quest’anno sono stato all’Opera di Parigi con la Scala. Piano piano metto le bandierine sui più importanti teatri. Li ho conquistati quasi tuttii”» (Sergio Trombetta, ”La Stampa” 31/5/2002) • «Se esistesse in Italia la possibilità di candidarsi al titolo di ”Principe Ereditario” [...] sarebbe eletto a schiacciante maggioranza. Uno spot di pochi minuti che ne mostrasse la bellezza e la bravura basterebbe ad assicurargli la vittoria. In mancanza di una simile opportunità dobbiamo continuare ad ammirarlo in teatro [...] facendo pazientemente la fila al botteghino per conquistare un biglietto. Alto, di nobile bellezza, lo sguardo franco, aperto, sorridente, questo giovane e moderno dioscuro parla con entusiasmo quasi esclusivamente del suo lavoro e dei tanti successi conquistati prima ancora di raggiungere i trent’anni. ”Quella della danza è una passione che avevo fin da piccolissimo. Per fortuna i miei genitori hanno saputo assecondarmi con intelligenza e dopo i primi studi in una scuola privata di Trino Vercellese, in Piemonte, dove vivevo, mia madre ha deciso di portarmi alla Scala. A undici anni è stato duro adattarsi a vivere da solo a Milano. Sentivo la mancanza dei miei fratelli. E dopo le medie ho avuto un momento di crisi, che per fortuna ho superato. Poi un episodio accaduto poco dopo ha segnato una svolta nella mia vita [...] Con i miei compagni della scuola di ballo prendevamo parte allo Schiaccianoci di Nureyev. Io mi ero trattenuto oltre l’orario in sala prove per ripassare la mia parte. Non so ancora come sia stato possibile: le regole della scuola erano rigidissime. Fatto sta che a un certo punto vedo entrare in sala proprio Nureyev. Ero paralizzato, sudavo freddo e ho cercato precipitosamente di uscire. Lui mi ha fermato e mi ha chiesto di tornare alla sbarra e di fargli vedere quel che sapevo fare. Avrei voluto sparire. Quando finalmente sono uscito la cosa mi pareva così inverosimile che non l’ho raccontata a nessuno, neppure ai miei genitori: pensavo che non mi avrebbero creduto! [...] A diciannove anni Elisabetta Terabust, allora direttrice del ballo alla Scala, ha voluto farmi debuttare in Romeo. La ringrazio ancora oggi perché quel ruolo - nella versione di Mac Millan, che è in repertorio nelle maggiori compagnie - mi ha spalacato le porte della ribalta internazionale: l’ho danzato a Londra e da lì in tutto il mondo [...] Avevo solo ventun anni e dovevo ballare, come secondo cast, il Principe nel Lago dei cigni in un edizione speciale alla Royal Albert Hall. Ma il primo ballerino si è infortunato e alla prima ho dovuto sostituirlo. Di nuovo, come con Nureyev, ero terrorizzato. Per fortuna, Altynay Assilmuratova, straordinaria prima ballerina del Kirov, mi ha aiutato in ogni modo. Ce l’ho fatta, ma l’emozione è stata enorme. Sempre a Londra ho vissuto di nuovo, qualche anno fa un’esperienza speciale: in occasione del Golden Jubilee di Elisabetta II ( per i cinquant’anni di regno, ndr ) sono stato invitato a danzare nella sala del trono, di fronte alla regina. Non credevo ai miei occhi: danzavo il ”passo a due del cigno nero’, dal Lago dei cigni , che si svolge proprio nella sala del trono, di fronte alla Regina. Avevo la sensazione di qualcosa di irreale. Certo la vita in teatro, il contatto con il pubblico sono ogni volta un’emozione diversa. Ma queste occasioni, che lasciano in qualche modo una traccia nella storia, mi affascinano in modo particolare. Mi piacerebbe danzare a Torino per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali. Mi sembrerebbe di poter dare un contributo speciale” [...]» (Donatella Bertozzi, ”Il Messaggero” 19/1/2005) • «Con quel viso d’angelo ancora un po’ infantile, il fisico perfetto, elegante, armonioso, la tecnica strabiliante, è il prototipo del danseur noble, è il Principe per eccellenza, è il Romeo ideale. […] uno dei danzatori più richiesti e affermati in Europa, amato alla follia in Inghilterra dove è stato paragonato addirittura al divo Leonardo Di Caprio. Alla Scala si è fatto le ossa, è stato nominato primo ballerino a 21 anni, e ora che è diventato un ”numero uno” torna spesso a Milano come ospite. […] ”Ho incontrato Nureyev a 15 anni, quando ero alla scuola della Scala e da lui ho avuto la prima conferma che stavo percorrendo la strada giusta. Stavamo preparando lo Schiaccianoci, mi fermai dopo le prove. Lui mi chiese di fargli vedere qualche esercizio alla sbarra, mi osservò con attenzione, poi mi disse di rifare tutto con calma, correggendomi l’impostazione tecnica. Ne avevo bisogno. Poi mi scelse per interpretare a Verona Tazio in Morte a Venezia, ma la Scala non mi diede il permesso. A posteriori penso che sia stato meglio così: sarebbe stato prematuro”. Alla Scala spesso si alterna a Massimo Murru, l’altra punta di diamante del balletto italiano. […] ”Io sono più portato per i ruoli nobili, lui per il contemporaneo; io sono più solare, lui più a suo agio con i personaggi tormentati. Quanto alle partner, ho ballato con le migliori: trovo che Alessandra Ferri sia eccezionale come Giulietta […] Ballare coreografie contemporanee mi dà molta soddisfazione. Vero che nove volte su dieci sono un Principe o giù di lì, ma ho anche lavorato con Forsythe e Kylian. Interpretare ruoli diversi mi ha aiutato anche nel classico, insegnandomi ad avere un rapporto più libero con la fisicità, a rompere gli schemi rigidi. […] Correndo molto negli anni mi vedrei alla direzione di qualche grossa compagnia, come potrebbe essere quella della Scala. Verso i 40 anni, con l’esperienza accumulata, potrei vestire bene questo ruolo. Ho pensato anche di dedicarmi a fine carriera all’insegnamento. Quello della danza è il mio mondo”» (Paola Zonca, ”la Repubblica” 7/12/2002) • «Che sia principe o cigno poco conta: quando è di scena lui, difficile guardare altrove. Roberto Bolle, ballerino étoile della Scala, incanta con la sua bravura ma ipnotizza con il suo fisico statuario, un metro e 90 di muscoli scolpiti, tratti del volto perfetti, chioma folta, sorriso contagioso. Se la danza è bellezza, Bolle ne è certo una delle incarnazioni più riuscite. Tanto da convertire al fascino del pas à deux persino giovani rockettare pronte ad affrontare i più impervi recitativi dell’Europa riconosciuta pur di vederlo guizzare, inguainato in sbuffi di seta bianca e oro, in coppia con Alessandra Ferri, nel balletto incastonato nell’opera di Salieri. E magari la sera dopo mettersi in coda agli Arcimboldi per rivederlo nel fiabesco Schiaccianoci di Ciaikovskij. ”Sì, la bella presenza mi ha aiutato senz’altro – ammette lui senza imbarazzi – . Ma è anche vero che il più accattivante degli aspetti da solo non basta. Non si può emozionare senza meriti artistici, senza una completa padronanza della tecnica [...] a Buckingham Palace, dove venni invitato a danzare per i 50 anni di regno di Elisabetta II. In una vera sala del trono, davanti a una vera regina, mi sono sentito per qualche attimo un vero principe anch’io. Peccato che, come per Cenerentola, l’incantesimo si sia presto dissolto [...] Confesso che prima di entrare in scena, mi viene spontaneo farmi il segno della Croce. Forse si tratta più di superstizione che di fede, ma il nostro mestiere è talmente fragile, esposto alle insidie del caso, che qualche rituale scaramantico è inevitabile. Basta un piede messo male a far precipitare una serata e talvolta anche una carriera [...] Per me la folgorazione è arrivata a sei anni. Guardavo i balletti in tv, quelli del varietà del sabato sera, e cercavo di imitarli. Ma quando dissi ai miei che volevo diventare ballerino non mi badarono. Mio padre, un piccolo imprenditore di Casale Monferrato, per me aveva altri progetti. Ma io insistevo, così mi spedirono a un corso di ballo a Vercelli, sicuri che mi sarei presto stancato. E invece mi appassionavo sempre di più. A 11 anni partecipai alla selezione per la Scuola di ballo della Scala. Mi presero [...] Un sogno faticoso. Non solo per la disciplina ferrea che richiede la danza, ma perché dovetti, ancora bambino, abituarmi a vivere da solo. La mia famiglia restò in Piemonte, io venni a Milano, ospite di un’anziana signora. A casa tornavo solo nel weekend. I miei fratelli, mia madre, mi mancavano. Finite le medie, mi iscrissi al liceo serale. Di giorno ballavo, di sera studiavo. Fu dura, per un po’ la mia vocazione vacillò [...] Elisabetta Terabust, direttrice allora della Scuola scaligera. Se diventai primo ballerino a 21 anni lo devo a lei. E Rudolf Nureyev. Mi vide ancora ragazzo e mi scelse per il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia. Ma ero minorenne e non ebbi il permesso di partecipare allo spettacolo. Una grande delusione, ma forse non ero ancora pronto [...] Io in tv sono passato molte volte, ma il balletto no. Spero però che quelle mie presenze, dalla Carrà, a Superquark , a Sanremo, siano servite ad attirare nuovo pubblico, dimostrando che la danza vera non ha nulla a che fare con un dimenarsi, oggi così frequente sul piccolo schermo” [...]» (Giuseppina Manin, ”Corriere della Sera” 28/12/2004).