Varie, 14 febbraio 2002
BONAIUTI
BONAIUTI Paolo Firenze 7 luglio 1940. Politico. Laureato in giurisprudenza. Giornalista. Ex vicedirettore del ”Messaggero”. Deputato dal 1996 (Forza Italia, Pdl). Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Berlusconi II, III, IV. Portavoce del governo • «[...] Fare il portavoce non è un mestiere facile: l’effetto servile è dietro l’angolo. [...] Bonaiuti, di suo, non ci mette niente. Mai uno sforzo interpretativo, una speziatura dialettica. Che abbia da commentare un voto parlamentare sulla pesca a strascico o la dichiarazione della Terza Guerra mondiale, emette sempre la stessa frasetta, lo stesso pensierino, cose brevi e vaghe sul governo che governa benissimo e l’opposizione che si oppone malissimo. Un pensiero binario così povero, così misero che perfino nei tigì, che pure di dialettica non brillano, fa il mesto effetto del provino andato male, con il personale Rai che suggerisce ”dottò, famone un’altra”, e lui che la rifà identica. [...]» (Michele Serra, ”la Repubblica” 6/3/2010) • «Al ”Messaggero” di cui è stato inviato, editorialista, vicedirettore, fino al 1996, quando su un titolo di prima pagina non sapevano più che pesci prendere a tarda ora il direttore Mario Pendinelli lanciava un urlo: ”Chiamate Paolino”. E il titolo arrivava dopo pochi minuti. [...] ”Ho lavorato con tanti direttori importanti ma Berlusconi è il direttore più geniale che abbia mai avuto”. [...] Per tutti i 52 giorni della Guerra del Golfo ebbe l’incarico al ”Messaggero” di scrivere dalle 9 alle 10 di sera un pezzo di 54 righe con il punto della situazione. Il pezzo arrivava sempre. [...] ”Per me Berlusconi è un po’ come John Wayne, che in quei vecchi film di guerra, mentre piovono bombe da tutte le parti, dice: calma ragazzi, ne verremo fuori. Un condottiero”. [...] Al ”Messaggero” lo ricordano quando cantava nei corridoi interi duetti della Traviata» (Paola Sacchi, ”Panorama” 15/2/2001) • «[...] è la reincarnazione dell’abate Dinouart, per difendere il suo Luigi XIV ha appreso l’arte del tacere fino a sublimarla, perché tacendo non rimane mai in silenzio e neppure mente, piuttosto omette, anzi, parla d’altro [...] Per Bonaiuti il premier è un capolavoro dell’arte, una Pietà da custodire in una teca di cristallo per difenderla dagli sfregi dei malintenzionati [...] è capitato di vederlo soffrire mentre prova a contenere il Cavaliere, e quando capisce che sta per tracimare lo allontana sacrificandosi in sua vece. allora che inizia a raccontare, e raccontando nasconde, trascende, confonde [...] il modo in cui colpisce di nascosto alle caviglie il Cavaliere per frenarne la verbosità [...]» (Francesco Verderami, ”Sette” n. 43/2001).