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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BONGIORNO

BONGIORNO Mike New York (Stati Uniti) 26 maggio 1924, Montecarlo 8 settembre 2009. Conduttore tv. Secondo il Guinness dei primati vanta la carriera televisiva più lunga del mondo: cominciò alla fine del 1953, scritturato per la trasmissione della neonata televisione nazionale Arrivi e partenze in onda dal gennaio del 1954. Ha fatto in tv tutto quel che si poteva fare: 4 anni di Lascia o raddoppia?, 5 di Rischiatutto, 11 festival di Sanremo, 2500 puntate di La ruota della fortuna, 21 Telegatti vinti. A 10 anni lascia gli Usa e si trasferisce a Torino ma di passaporto resta americano, sia pur figlio di padre siciliano e madre torinese. Nel ”45, in carcere per aver partecipato alla Resistenza, grazie a uno scambio di prigionieri torna in Usa e si mette a fare la radio, ma nel ”53 riapproda in Italia alla Rai per volontà di Vittorio Veltroni, padre di Walter Veltroni, che gli cambia il nome da Mickey in Mike e lo avvia al successo. Tre mogli di cui l’ultima, Daniela Zuccoli. gli ha dato 3 figli maschi. «Ha avuto l’onore di confrontarsi con il professor Francesco Sabatini, presidente dell’Accademia della Crusca, l’Authority della lingua italiana, che gli ha riconosciuto, coram populo, un’azione linguistica benefica. La tv (cioè Mike) ha fatto molto per la lingua italiana, permettendole di scavalcare la barriera dell’analfabetismo e di circolare ampiamente in tutte le forme del parlato. [...] A suo modo Mike è un poeta perché non ha mai tentato, facendola, di prendere le distanze dalla tv, di distruggerla con la pretesa di svelarne i meccanismi occulti. No, lui ha operato sull’idea che noi abbiamo della tv. Ha ridotto le sue frontiere rigide, ha abbassato le sue altezze immaginarie, le ha sempre assegnato un posto subordinato rispetto alle esigenze di chi la guarda. Genialmente, nel fare e nel raccontare la tv, ha sempre scelto il punto di vista del ”semplice”. Per questo la fenomenologia di Mike Bongiorno è stata un tópos del pezzo di costume e della ricerca sociologica sulle comunicazioni di massa; ogni occasione è stata propizia. Ci hanno provato in molti, persino in situazioni insospettabili: da Marcello Marchesi a Nicola Chiaromonte, da Achille Campanile a Orio Vergani, da Camilla Cederna a Luciano Bianciardi, da Umberto Eco (l’autore eponimo) a Beniamino Placido. Appena la si afferra, la favola Bongiorno si espande in un ventaglio dai molti spicchi. In ciascuna storia divergente si riflettono le altre e tutte ci sfiorano come una ragnatela di ombre. Del celebre presentatore ha scritto Elena De Angeli: ”Nel suo perfetto maquillage, appare ormai circonfuso di luce propria, come una stella fissa; se dovessimo eseguirne il ritratto, la nostra mente non saprebbe concepirlo se non come un’icona bizantina. I concorrenti che partecipano ai suoi quiz gli recano offerte votive. I suoi gesti di saluto sono accolti come benedizioni pontificali. Le sue celebri e celebrate gaffe costituiscono veri e propri riti propiziatori ed esorcistici insieme, e come tali vengono periodicamente rammemorate, a edificazione dei più giovani”. In tv, lo sguardo soggiace inesorabilmente al processo platonico della conoscenza: non esiste la novità, ma il ricordo. E dunque il nuovo è ciò che abbiamo di più antico» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 25/10/2003). «Il mio rapporto con la Rai è stato ottimo. Sono solo andato via perché ho incontrato Berlusconi. Era il 1976 e capii che quell’uomo sarebbe andato lontano. Devo dire che prima avevo lavorato un po’ anche con Telemontecarlo. Lasciai la Rai quando Berlusconi mi disse: è giunto il momento, vieni. Fui l’artefice del mutamento nel rapporto di lavoro tra la Rai e i suoi artisti. Fino ad allora ci pagavano pochissimo: io facevo venticinque milioni di ascoltatori e guadagnavo ventotto milioni l’anno. Berlusconi mi offrì parecchie centinaia di milioni e così le cose dovettero cambiare anche alla Rai, per via della concorrenza. Insomma, il mio passaggio da Rai a Berlusconi creò la rivoluzione e fu un vero avvenimento storico nel campo della televisione» (Alain Elkann, ”La Stampa” 27/4/1997). Ha preso la cittadinanza italiana solo nel 2003: «’Perché ho aspettato tanto? Perché all’inizio era molto complicato, ti chiedevano tanti documenti che negli Stati Uniti non si trovavano. Ma guardate che sono sempre stato italiano fino al 1944, solo che non c’erano i documenti perché i tedeschi me li portarono via quando mi arrestarono”. Classe 1924, arrivato in Italia nel 1930, secondo la sua ricostruzione dopo essere stato arrestato dai nazisti nel 1944 per aver preso parte alla Resistenza, avrebbe perso la documentazione che ne attestava il diritto al passaporto italiano. Ma proprio il fatto di essere cittadino Usa gli salvò la vita: ”Fui scambiato con un prigioniero tedesco”. Subito dopo la guerra tornò nella sua America. Poi, quando nel 1952 sbarca nuovamente in Italia per diventare il Mike nazionale, non chiese più formalmente la cittadinanza. Spiega: ”Certo, quando una persona nota va in giro la riconoscono tutti. Ti vedono e ti dicono ”passi pure’”. […] Malizia vuole però che abbia formalmente chiesto la cittadinanza per essere pronto, se il Quirinale lo vorrà davvero nominare senatore a vita come piacerebbe alla Casa delle libertà di Silvio Berlusconi, il suo editore. Quella infatti sarebbe una condizione necessaria. ”Senatore? Qualcuno l’ha detto, a me sembra impossibile ma solo il fatto di avere avuto la nomination la considero una cosa di cui essere orgoglioso. Diventare senatore mi sembra un pio sogno ma se vorranno sarò felice”» (Giuseppina Piano, ”la Repubblica” 8/2/2003). Vedi anche: Daniele Jarach, ”Sette” n. 48/2000).