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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BONIPERTI

BONIPERTI Giampiero Barengo (Novara) 4 luglio 1928. Ex calciatore. Della Juventus, con la quale ha giocato dal 1946 al 1961 vincendo cinque scudetti (1949/50, 1951-52, 1957/58, 1959/60, 1960/61) e due coppe Italia (1958/1959, 1959/60). In tutto ha disputato 444 partite di serie A segnando 177 gol. Vanta 38 presenze e otto gol in nazionale. Presidente della Juventus dal 13 luglio 1971 al 5 febbraio del 1990, sotto la sua direzione la squadra bianconera vince 9 scudetti, la coppa dei Campioni, la coppa delle Coppe, la coppa Uefa, la coppa Intercontinentale, la supercoppa Europea, due coppe Italia. Torna dal 1991 al 1994, vincendo solo un’altra coppa Uefa. Ha scritto Claudio Gorlier: «Se un ventenne mi chiedesse chi è Giampiero Boniperti, di cui ha sentito in qualche modo parlare ma che non può rientrare nei suoi idoli più brucianti, avrei qualche difficoltà a rispondere. Un campione, un’icona del calcio? Troppo banale. Un personaggio di vertice, per la sua stessa natura e temperamento? Troppo limitativo. Un moralista inflessibile e coerente? Vero, ma sempre una parte di verità nel mosaico della sua personalità assai più complessa di quanto egli lasci credere. [...] L’ineguagliabile Gianni Brera scrisse di Boniperti che, forse per la sua estrazione sociale, aveva sempre incarnato la figura del supremo dilettante. Se si fosse dovuto battere con furore, sarebbe stato il più grande calciatore del suo tempo. Un complimento ambiguo, se volete, ma ben argomentato. Nato in una famiglia di solidi mezzi economici, il fratello Gino, amatissimo ed egli stesso atleta, diviene medico affermato, morendo ancora giovane; la sorella sposa un politico di rilievo. Lui si diploma geometra, in funzione dell’impegno fondiario della famiglia, che sarà parte non indifferente della sua vita, specie dopo aver chiuso con il calcio. Nello sport, il giovane Giampiero arriva presto al successo, e le prime due tappe significative non sembrano di buon auspicio, coincidendo con due sconfitte, entrambe nel ’47: in campionato, a Torino, con il Milan, uno a due; in nazionale, stesso anno, a Vienna, uno a cinque, il canto del cigno dell’ormai anziano e un tempo celebrato commissario tecnico Vittorio Pozzo. Preferisco ricordare un episodio cruciale, il 21 ottobre ’53 a Londra, Inghilterra-Resto d’Europa quattro a quattro, pareggio dovuto a un favore dell’arbitro agli inglesi. Ricordo bene quella circostanza, e la risposta del commissario tecnico inglese, Winterbottom, alla domanda su chi sarebbe servito per rafforzare la sua squadra: ”Undici Boniperti”. [...] Una volta il compianto Cesare Nay, durissimo stopper del Torino, mi disse: ”Quando gli fai un’entrata dura, lui quasi ti chiede scusa”. Nella voluta esagerazione si nascondeva un margine di verità. Boniperti non era mite, ma il suo stile ripudiava ogni forma di gratuita brutalità. Ecco allora l’appellativo, fatto proprio soprattutto dai tifosi torinisti, di ”Marisa”, che ancora lo irrita e che va inteso nel suo significato più reale, il rifiuto di venir meno, appunto, allo stile, alla misura: maschio non macho. Non saltava certo a gomiti larghi, né esplodeva mai in accessi d’ira. Per questo gli piaceva il poderoso, correttissimo John Charles. Ma una volta, dopo aver assistito a un’entrata assassina su un compagno, l’argentino Ricagni, come un razzo attraversò mezzo campo per rendergli giustizia e - ce lo racconta - venne espulso. Ricordo quell’episodio. Con un amico, ci dicemmo: Ecco Achille che corre a vendicare la morte del suo amico Patroclo. Pure, anche in quel frangente mi ostino a credere che una animosa razionalità avesse provocato il suo gesto, a dichiarare: così non si fa. Il moralista. Niente avventure, lui con quel fisico da attore del cinema, un solido matrimonio con una donna intelligente e tutt’altro che subalterna, non certo la solita ragazza di copertina, pur nel suo fascino. Boniperti mi perdonerà se riferisco un episodio tacendo ovviamente il nome della mia fonte. Il giocatore, con un gesto risoluto, ha smesso, ha ”voltato pagina”, nel ’61, incoraggiato anche dalla moglie. Ma, ”sempre e solo per la Juventus”, ne è divenuto presidente nel 1971. Dunque: un giocatore, frizzante per tecnica e per carattere, ha trascorso una notte con una commessa della Rinascente. Boniperti lo convoca in sede e lo informa che gli è stata inflitta una pesante multa, considerando che ha tradito la moglie. Dopo laboriose trattative, la multa viene dimezzata. ”Il guaio non è stata, dopo tutto, la multa” mi raccontò la mia fonte, ovvero il mortificato colpevole, ”capisci, hanno informato mia moglie”. Conclusione implicita: bisogna diffidare del piacere; spesso si trasforma in colpa, in trasgressione. Il presidente offre un esempio a sua volta impareggiabile di management. Dopo i cinque scudetti vinti da giocatore (444 presenze e 178 gol in serie A), e dopo i tre conquistati all’inizio della carriera dirigenziale, a lui si deve la scelta sorprendente di un giovane allenatore di scuola milanista, Giovanni Trapattoni: insieme formano un sodalizio che tra il ’76 e l’86 conquista 6 scudetti, Coppa dei Campioni, Coppa Uefa, Intercontinentale, Supercoppa europea e un paio di Coppe Italia. Intanto continua a dedicarsi con profitto alla sua azienda agricola, e qui si rievoca l’accordo con l’avvocato Agnelli, quando Boniperti chiedeva come premio ogni volta una mucca, e la sceglieva sempre gravida. Non si vergogna di confermarlo, né tace del periodo di crisi per il quale lascia la presidenza, nel ’90, con il risultato che l’anno seguente la Juventus finisce a metà classifica e lui viene richiamato a furor di popolo. Lascerà definitivamente nel ’94, con un riserbo e un senso di dignità rari. L’ultimo atto è l’acquisto di un giovane che di strada ne farà parecchia, un certo Alessandro Del Piero, al quale è lui a imporre l’ingaggio. Quando aveva abbandonato la Juventus la prima volta rilasciò una sola intervista, a me, per ”La Stampa”. Gliene sono ancora grato. Parlammo solo in parte di calcio. A Boniperti, che sarebbe entrato più tardi in politica, come eurodeputato di Forza Italia, domandai quali fossero i suoi modelli assoluti, e non mi stupì la tranquilla risposta: Churchill e De Gaulle. Una confessione indiretta, ma al solito senza falsa vanità. Così, ”Boni” poteva trattare alla pari, debitamente ricambiato, il Presidente Pertini. Eccoli, in tribuna, nell’81 assistere a un derby: ”Uno sforzo di controllo quasi disumano”, che crolla quando Brady segna: ”Sono esploso: l’ho abbracciato e baciato, a momenti gli spaccavo le costole”. Pertini la prese ”sportivamente” e nell’83 lo invitò persino al Quirinale. Lo ”sforzo di controllo”, però, resiste. La commozione irrompe, ben a proposito, parlando di un giocatore ”fantastico” e uomo incantevole, Gaetano Scirea, morto tragicamente nell’89 quando si avviava a una meritata carriera dirigenziale, e di Picchi stroncato dal cancro nel ’71. Il politico Boniperti può vantare uno speciale scudetto: fa inserire nello statuto comunitario il termine sport. Boniperti non ha mai più toccato il pallone, salvo per i classici quattro calci in giardino con i nipotini, e non va più allo stadio. Dichiara, senza compromessi e vie di mezzo, di ”essere un uomo felice”. Gli credo, ma non si offenda se dico che non si tratta di una felicità tranquilla o accomodante. una felicità squisitamente, raffinatamente acuminata, severa. Torniamo al discorso sui rischi del libero piacere, e per questo vorremmo sollecitare dal felice Boniperti, di tanto in tanto, una fragorosa, liberatrice risata» (Claudio Gorlier, ”La Stampa” 23/4/2003).