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 2002  febbraio 14 Giovedì calendario

BONO VOX

(Paul David Hewson) Dublino (Irlanda) 10 maggio 1960. Cantante. Degli U2. «Per quelli che non sanno chi è Bono, si fa presto a tracciare un ritratto, fatto di pochissime parole. Leader del gruppo irlandese U2, con John Lennon e Bob Dylan è la più grande rockstar che abbia mai calcato un palcoscenico. E con questo si è detto quasi tutto. Se Bono fosse una rockstar normale. Perché è in quel "quasi" che stanno la maggior parte delle cose. Nato da un padre cattolico e una madre protestante. Studente svogliato, nessuna passione per la musica sino all’età di sedici anni. Un sogno, neppure troppo grande, di diventare attore. Il caso di aver risposto a un annuncio scolastico per formare un gruppo musicale. La risposta di Bono (che in realtà si chiama Paul David Hewson) all’annuncio, l’idea di mettersi a cantare, il tentativo di scrivere dei testi per canzoni... Insomma per tutti gli inizi sono sempre un po’ casuali. Ma poi tutto diventa coerente, calcolato, preciso. Con Bono e gli U2 questo non è avvenuto. Anzi. Cominciando dal nome del gruppo: "you too". Che non era altro che un aereo Lockheed americano abbattuto dai russi nel loro spazio aereo. Scelta politica? Neanche troppo. Si era mai visto un gruppo rock con tre elementi che fanno parte di un gruppo cristiano di preghiera? No, ma gli U2 non sono mai stati gente che andava a predicare la fede dal palcoscenico. Anzi, su questo argomento c’è sempre stato un assoluto riserbo, cominciando proprio da Bono. Si è mai visto un leader di un gruppo rock che si ponesse di continuo il problema di sopportare il successo planetario, se decidere di andare avanti o lasciare tutto per continuare una vita per così dire, normale? Si è mai visto (ancora), un gruppo dal successo planetario, capace di non aderire a quella trasgressione pop in cui sono caduti tutti, fra droga e sesso, culto del successo e del denaro senza però fare la morale a nessuno? Tutto questo è la storia di Bono e dei suoi amici The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen. Che iniziarono a suonare assieme nei garage di Dublino, nel 1977. Tutti poco più che adolescenti, poco esperti, capaci all’inizio di collezionare fischi, e pubblico di venti persone, quando andava bene. Ma se in questo gli U2 assomigliano a tante band che condivisero inizi stentati, in tutto il resto non assomigliano a nessuno. Cominciando dalla certezza, di Bono prima che degli altri, che non si facevano compromessi, che la musica e le parole che uscivano dai loro strumenti e dalla voce di Bono dovevano rientrare pienamente in un progetto. Un progetto ideologico, culturale certo, e soprattutto politico. La storia del dopo, di Bono impegnato per i diritti umani, contro l’Aids, per la pace, per cancellare il debito dei paesi poveri verso i (pochi) paesi ricchi, è parte autentica della storia degli U2 e di questo strano uomo. Piccolo, le mani da muratore, non bello, forse persino goffo, che solo con gli anni ha imparato a usare la voce, ma che da sempre ha avuto una capacità di comunicare con il pubblico straordinaria e magnetica. Al punto che i primi tempi, mentre i concerti erano delle apoteosi, i dischi andavano così così. Se tutto questo fosse accaduto alla fine degli anni Sessanta, sarebbe rientrato nella norma, nel mood di un’epoca. Ma gli U2 nascono nel 1977, e il successo planetario arriva tra il 1982 e il 1985. In quegli anni non c’è nessun gruppo al mondo paragonabile a loro. Soprattutto non c’è nessuna band che sappia coniugare con quella efficacia un messaggio di giustizia e di pace, assieme a un messaggio cristiano. Se è vero che Bono fu nei primi tempi considerato un cantante quasi religioso, c’è da dire che la cosa durò poco tempo. Bono rimane un cantante cristiano, membro convinto di un gruppo di preghiera, fidanzato e poi sposato sin da quando era adolescente con la stessa ragazza. Lo stesso si può dire di quasi tutti gli altri componenti della band. Una band viva e operante da 25 anni senza che i suoi componenti diano quella sensazione di giovani invecchiati che è tipica dei gruppi rock eccessivamente longevi, primi fra tutti i Rolling Stones. Anche se ormai la carriera di Bono va proprio nella direzione che lui stesso sperava. Si legge nella biografia di Bono che quando cominciò il grande successo, i primi contratti con le case discografiche, i singoli che entravano in classifica in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, ci fu davvero il dubbio che forse era meglio che tutto finisse lì. Ogni concerto poteva essere l’ultimo. Era un problema di scelta di vita. I quattro ragazzi di Dublino, che nonostante il successo e il denaro avevano cercato di cambiare il meno possibile abitudini e stile di vita, sembravano mal sopportare l’idea di girare sotto scorta, e Bono, soprattutto dovette ben presto rinunciare a scendere dal palco dopo il concerto e mettersi a discutere con i fans sul contenuto delle sue canzoni. Furono momenti difficili che sfociavano spesso in prese di posizione del frontman degli U2 molto radicali e prive di mezze misure. Non fu mai un mistero che Bono detestasse lo star system e il mondo del rock. E negli anni le sue dichiarazioni furono sempre più dure in questo senso. La svolta cominciò il 25 novembre 1984, quando il cantante dei Boomtown Rats, Bob Geldof, invitò 36 artisti del rock ai Sarm Studios di Londra, a Notting Hill, per registrare Do They It’s Christmas?. C’era Cliff Richard, c’era Sting e Annie Lennox, Phil Collins e George Michael, e naturalmente Bono. Si trattava di un singolo per beneficenza per far fronte alla carestia in Etiopia. Per 13 anni è stato il singolo più venduto di sempre in Gran Bretagna. E fu il primo atto dell’impegno sociale e benefico di Bono. Da quel momento l’idolo del rock, l’unico oltre ai Beatles e agli Who ad avere avuto una copertina del settimanale ”Time”, diventa lentamente il grande difensore dei diseredati del mondo. Fino alla campagna per cancellare il debito dei paesi poveri. Che lo ha portato nel 2000 davanti a Giovanni Paolo II. Su questo episodio lui stesso racconta una storia inedita e divertente. Di fronte al papa Bono si è tolto i suoi celebri occhiali e il papa se li è provati, divertito, mettendoli al naso. Peccato che il Vaticano abbia fatto distruggere tutti i negativi di questo gioco spiritoso. Bono è anche un musicista che scatena polemiche a non finire. L’ultima proprio sulle colonne del "Corriere della Sera". La rivista "Rockstar" aveva riportato alcune dichiarazioni di Bono sulla pace e sulla guerra. Era sempre lo stesso pacifista dopo quello che è accaduto l’11 settembre? La polemica rimbalzava sul "Corriere della Sera". Bono rispondeva, un po’ a sorpresa [...] sul quotidiano milanese, con una lettera in prima pagina molto chiara e spiazzante: " vero che non sono un pacifista in senso letterale, così come ero negli anni Ottanta. Il mio cambiamento interiore si deve a un’incapacità personale di vivere la vita secondo le aspirazioni più alte e si deve anche, in verità, avendo oggi dei figli, alla responsabilità di proteggerli". Ancora una volta chiaro, contraddittorio, sorprendente. Per nulla incline alle semplificazioni. Forse è vero che uno così non poteva che nascere a Dublino» (Roberto Cotroneo, ”l’Espresso” 31/10/2002). «’Mio padre era un ottimo tenore che amava l’opera, ma non ha mai immaginato che la musica si potesse tramandare – come il suo mal di schiena e il suo caratteraccio – quindi non si è mai dato la pena di insegnare ai suoi figli a suonare uno strumento”. Bono è particolarmente infastidito dal ricordo di come suo padre respinse la possibilità di traslocare il pianoforte della nonna nella loro piccola casa di Ballymun, vicino a Dublino, sostenendo che non c’era posto. La madre di Bono morì quando questi aveva 14 anni, ed è stato un momento determinante della vita del futuro leader degli U2. Quel trauma lo ha spinto contemporaneamente in due direzioni: verso la sua profonda fede in Dio e verso il rock. Ma Bono ammette di non ricordare bene sua madre. Il rapporto familiare fondamentale l’aveva col padre. Bono crebbe (col fratello Norman) in una casa di uomini, avvolti dal lutto ed incapaci di condividere i propri sentimenti. Bono parla con grande affetto del padre, col quale ha avuto un rapporto così complesso, distante e struggente che una volta disse: ”Se sei davvero ispirato, suoni per una persona sola: per una donna. O per tuo padre”. Bono si trovava al suo capezzale quando i l padre morì, alle 16 del 21 agosto 2001, ma la sera stessa era sul palco ad Earls Court con gli U2, gettando il proprio cuore in pasto a 17mila sconosciuti. [...] ”Se hai una mente stabile, non hai bisogno che migliaia di persone a sera ti dicano che ti vogliono bene. una cosa davvero triste. Ho vissuto un momento sorprendente con il mio vecchio quando venne in America per la prima volta. [...] Eravamo in Texas, e mi misi d’accordo con i ragazzi delle luci perché puntassero su di lui un riflettore durante i bis. Alla fine del concerto dissi: ”Questo è l’uomo che mi ha dato la voce. Questo è Bob Hewson!’. Si accese il riflettore, 20mila texani applaudirono e fischiarono entusiasti. E lui stava in piedi e agitava il pugno contro di me!. Dopo lo spettacolo, sentii dei passi alle mie spalle, mi guardai attorno, ed era mio padre. I suoi occhi erano umidi, e pensai: ”Ci siamo. Questo è il momento che ho aspettato per tutta la vita. Mio padre sta per dirmi che mi vuole bene’. E venne lì, mi tese la mano, un tantino traballante, un tantino malsicuro – aveva bevuto un po’ – mi guardò negli occhi e disse: ”Figlio mio, volevo dirti che... sei un grande professionista’”» (Neil McCormick, ”Corriere della Sera” 25/11/2003).