Varie, 14 febbraio 2002
BOSELLI Enrico
BOSELLI Enrico Bologna 7 gennaio 1957. Politico. Diploma di maturità, dirigente d’azienda, iscritto al Psi, dal 1973 al 1981 fu segretario della Federazione giovanile socialista, nell’87 vicesindaco di Bologna, dal 1990 al 1993 presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna. Segretario dei socialisti italiani (Si) dal 1994, deputato dallo stesso anno al 2008 (candidato premier con lo slogan “Gesù fu il primo socialista”, prese le 0,97%). Nel dicembre 2010 aderì all’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli diventandone vicepresidente • «È da sempre un pokerista della politica, uno che rischia il piatto senza scomporsi. L’ex deputato socialista Franco Piro, che lo conosce fin da ragazzo, lo racconta così: “Fa politica con quella faccia d’angelo e può fregarti anche dieci volte. Ha il sangue freddo di D’Alema e lo spirito curiale di Romano Prodi: un cocktail micidiale”. E di sangue freddo ne ha avuto, se è vero che di un’intera generazione di giovani dirigenti socialisti è l’unico che si è ritagliato uno spicchio di futuro nella Seconda repubblica. Non tutti direbbero che il suo esordio è stato da anarchico, a 16 anni, quando frequentava il circolo Camillo Berneri di Bologna. “Aveva i capelli più lunghi” ricorda un compagno “ma era identico a oggi: calmo e imperturbabile”. All’inizio degli anni ’70 il passaggio dall’anarchia ai giovani socialisti, dove esordisce come demartiniano: mai estremista, mai scomposto. La Fgsi a quei tempi era tutta a sinistra, maggioranza lombardiana: Boselli riscopre la matrice radicale e al congresso del 1979 fa il primo salto di carriera: “Fra lui ed Enrico Mentana che aspirava alla stessa carica”, racconta Pietro Caruso (giornalista del “Corriere di Romagna”, allora presidente dell’organizzazione giovanile), “ci fu quasi un duello: Mentana, martelliano, era un vulcano di fantasia, Boselli un carrarmato, e diventò vicesegretario”. L’anno dopo è il numero1. Nel luglio 1978 altro episodio illuminante: è nella delegazione che partecipa al Festival mondiale della gioventù a Cuba. Alla testa dei giovani comunisti c’è Massimo D’Alema. I due sfiorano la rottura quando i figiessini preparano un documento che condanna l’intervento di Cuba in Ogaden: D’Alema vorrebbe che fosse ritirato, lui non molla: la delegazione presenta il documento. [...] Nell’85 è eletto alle amministrative. [...] Nell’87 diventa vicesindaco di Bologna, al fianco di Renzo Imbeni. [...] Nel 1990 il capolavoro: convince Craxi a candidarlo alla presidenza dell’Emilia Romagna. [...] Rimane alla testa della giunta per 2 anni, poi viene candidato alla successione di Craxi, dopo la prima onda di Tangentopoli. Ugo Intini, che con lui ha fondato lo Sdi, si oppone con una battuta micidiale: “Diranno che il Führer manda al fronte la HitlerFugend”. Non ce la fa, infatti. [...] Gianni De Michelis, leader del rivale Ps: “Nel 1994 si è alleato con Ad, nel 1995 con Segni, nel 1996 con Dini [...]” [...] “Se succede una catastrofe” dicono i collaboratori “”la sua frase chiva è: “C’è un problemino”» (Luca Telese, “Sette” n. 45/1999) • «Da quando ha stretto sodalizio con i Radicali di Marco Pannella, il socialista Enrico Boselli è un fiero sostenitore della laicità statale e dell’abolizione del Concordato. Magari lo era anche prima, ma lo manifestava con poca decisione e frequenza. Adesso i ragazzi del partito che presiede (i Socialisti democratici italiani) vanno in piazza coi bandieroni e cantano “dieci, cento, mille Porta Pia / il Concordato è da buttare via”. Lui, rigoroso, con cadenza settimanale cerca di imporre la priorità al centrosinistra (e spera in sponde nel centrodestra) e di volta in volta gli rispondono, con pernacchia, Massimo D’Alema, Vannino Chiti, Marina Sereni (Ds), Renzo Lusetti (Margherita), Francesco Cossiga, Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini, Carlo Giovanardi (Udc), Alfredo Mantovano (An), e poi Fausto Bertinotti e Alessandra Mussolini, e tanti altri in una rara applicazione di solidarietà nazionale. Per cui, forse, un giorno anche Boselli avrà il suo Giuseppe Garibaldi, che di Giuseppe Mazzini disse: “Egli solo vegliava, quanto intorno tutto dormiva”. In realtà, Boselli non è uno che si rifaccia ogni tre per due alla tradizione risorgimentale. Non colleziona feticci garibaldini, alla maniera dell’adorato Bettino Craxi. E poi Mazzini sollecitava l’ostilità di Michail Bakunin, il papa degli anarchici, mentre Boselli, prima di diventare socialista, era un giovanotto bolognese che frequentava il circolo “Camillo Berneri”, l’idolatrato anarchico italiano morto nella Guerra civile spagnola. Chi conobbe Boselli all’epoca, dice che era esattamente come oggi, ma coi capelli lunghi. Poi Boselli cambiò barbiere e ispirazione e divenne segretario della Federazione giovanile socialista a soli ventidue anni, nel 1979, e cioè a un’età in cui Mazzini doveva accontentarsi di essere capo della Carboneria, sezione Valtellina. Però, ecco, il Boselli recente è il più inflessibile custode della lezione mazziniana, espressa caparbiamente in due punti. Punto numero uno, “tutti hanno diritto di parola, e non è pensabile imporre il silenzio alla Chiesa”. Punto numero due, “la separazione fra Stato e Chiesa deve essere imprescindibile”. Così imprescindibile che il Concordato non ha più senso, specie nei punti in cui prevede il finanziamento pubblico alle scuole cattoliche. Gennaro Acquaviva, ispiratore dell’ultimo Concordato sottoscritto da Bettino Craxi nel 1984, ogni volta soffre e reagisce: “Boselli è un ignorante”. Ma sarebbe ingiusto rinfacciare al presidente dello Sdi di essere stato un solido craxiano, così solido che Craxi lo aveva indicato come nuovo segretario del Psi morente del 1993. Boselli aveva trentasei anni, e Ugo Intini immortalò il momento: “Diranno che il Führer manda al fronte la Hitlerjugend”. Dal 1984 sono trascorsi altri ventitré anni, i tempi sono cambiati e possono cambiare le idee. La politica qualche volta lo richiede, e per esempio Boselli cambiò idea più repentinamente in altre occasioni. I vecchi compagni socialisti ricordano il Boselli ventenne e demartiniano. Il piccolo cencelli della Federazione giovanile prevedeva alla segreteria l’alternanza fra lombardiani e demartiniani. Segretario era il demartiniano Andrea Parini (un altro abbattuto da Mani pulite) e toccava a un lombardiano. Per coincidenza, almeno temporale, Boselli diventò lombardiano e segretario. E così il lusinghiero ritratto che di Boselli fa l’ex parlamentare dell’Ulivo, Franco Piro, prende qualche concretezza: “Ha il sangue freddo di Massimo D’Alema e lo spirito curiale di Romano Prodi: un cocktail micidiale”. Di sicuro è un cocktail micidiale il percorso politico di Boselli nella seconda Repubblica. Nel ’94 con Gino Giugni fonda i Socialisti italiani. Nel ’95 si allea per le Regionali col Patto Segni e con Alleanza democratica in un Patto dei democratici. Alle politiche del ’96 i Socialisti italiani sono nell’Ulivo al maggioritario e con Rinnovamento italiano di Lamberto Dini al proporzionale. Nel ’98 fonda i Socialisti democratici italiani in cui fa confluire i Socialisti italiani, la Federazione laburista, i socialisti di Intini e parte del Partito socialdemocratico. Subito dopo, con i Ds e la Margherita, tenta di mettere in piedi il Triciclo. Nel 2006 unisce lo Sdi ai Radicali nella Rosa nel Pugno. Ed è lì che si rilancia anticoncordatario, più o meno solo contro tutti, trasformando i moti mazziniani in miti boselliani» (Mattia Feltri, “La Stampa” 21/2/2007).