Varie, 14 febbraio 2002
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Biografia di David Bowie
• (David Robert Jones) Londra (Gran Bretagna) 8 gennaio 1947, New York 10 gennaio 2016. Cantante. Per la sua duttilità artistica è stato soprannominato Camaleonte del Rock. Ma il suo nomignolo più famoso è Duca Bianco. Tiene il suo primo concerto a 11 anni: suona al campo estivo degli scout di Bromley all’Isola di Wight. Il suo primo disco è del ”64. Il successo arrivò con il singolo Space Oddity . La sua vera carriera ebbe inizio con l’album Hunky Dory del ”71, ma l’anno del trionfo è il successivo, quello del celebre The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. anche attore (’Corriere della Sera”, 22/11/2002). «L’uomo che trent’anni fa ha lanciato la moda bisex fra i cultori del rock e la cui passione per la sperimentazione musicale e di altro genere ha portato molti a ipotizzare che il suo personaggio, l’alieno, non fosse soltanto una finzione» (Alan Di Perna). « Più che un artista, è un’icona, un fumetto consacrato di eleganza sofisticata e rarefatta, un bond da [...] anni quotato in Borsa. Non è immune, però, dai guai che la natura umana comporta. Scomparso da ogni scena nel giugno del 2004, quando un infarto alla fine di un concerto fece temere per la sua vita, David Bowie dopo un’angioplastica ha cambiato vita; ha smesso di fumare e di bere, si è dato alla palestra [...] Il 14 gennaio 1966, ad appena 19 anni, il Duca Bianco pubblicava [...] il suo primo singolo con un titolo che era già un programma, nel solco della ”Me generation”: Can’t Help Thinkin’ About Me (non posso fare a meno di pensare a me). Firmato David Bowie e The Lower Third. Era un ragazzetto che le acciughe avrebbero detto magro, biondissimo: già con un’aria misteriosa e ambigua, già affascinante e voglioso di uscire dai canoni dei primi déi del rock di qualche anno più anziani, tentato dallo sperimentalismo ma non ancora sicuro della strada da infilare. Cantava e suonava il sax, amava l’underground ma anche Little Richard e il folk. Il suo cognome di battesimo, Jones, rischiava di farlo confondere con Davey Jones dei Monkees. Si chiamò dunque Bowie, ispirato dal coltello ”bowie knife”, e nel 1967 David Bowie è il suo primo album, ancora di ispirazione confusa e molteplice, ma già chiaramente fuori dagli schemi della musica che impazza nella Swingin’ London. Un alieno del musicbusiness, e il suo primo successo non può che intitolarsi Space Oddity, ispirato all’Apollo 8, con un testo avveniristico (’Ground Control to Major Tom.../Take Your Protein Pills and Put Your Helmet On..”), che curiosamente sarà tradotto da Mogol, e lui lo canterà in italiano, con il titolo Ragazza Sola, Ragazzo Solo. il primo pezzo di ispirazione spaziale della storia del rock, e finirà per segnare la voglia di futuro che continuerà a ispirarlo nel tempo. [...] Il cinema è stato ed è l’altro grande amore di Bowie. [...] restano nel libro d’oro della storia professionale dell’artista almeno l’alieno di L’uomo che cadde sulla terra del 1976, Gigolò del ”78, Furyo di Oshima accanto a Ryuichi Sakamoto nell’82, Miriam si sveglia a mezzanotte dell’83, Absolute Beginners dell’86, l’allucinato Twin Peaks di David Lynch nel ”92. Il cinema non ha fatto altro che raccogliere l’ispirazione trasformistica e inquieta espressa dall’artista nel mondo del rock a partire dall’incontro con Lindsay Kemp nel ”67. Si dice che fossero amanti, e da lui imparò i segreti del mimo e della teatralità che lo portarono al suo più celebre personaggio, Ziggy Stardust simbolo di ambiguità sessuale, e più tardi al Tiny White Duke, alfiere della new wave musicale e autore di album leggendari. Oggi che i suoi ultimi dischi non hanno più fatto storia, oggi che la vita è sana e la moglie Iman vigila sulla sua tranquillità, David Bowie continua grazie a quel leggendario periodo ad essere considerato un gigante della modernità: che, in fondo, è il tempo dove niente scompare e tutto si trasforma per tornare come prima» (Marinella Venegoni, ”La Stampa” 19/1/2006). « stato capace di truffare il tempo, e non è solo una questione estetica. […] ”Sono un vecchio musicante che vuole tornare presto a casa la sera dalla sua famiglia. Ecco, la famiglia, i miei figli, sono diventati la mia passione politica […] Il rock non è morto, è solo molto cambiato. Una volta era un linguaggio di ribellione, ora è un semplice bene di consumo. Può ancora sorprendere, può ancora affascinare, ma certo non ha il peso di una volta. Ma questo è ovvio: escono 35mila dischi nuovi ogni anno, il rock si disperde in questo mare. E non so bene che tipo di messaggio i ragazzi di oggi recepiscano, al proposito. Quanto a me, sono felice di avere ancora un’audience [...]. Non ci avrei scommesso. Ho passato momenti terribili negli anni ”70. Tra droga e allucinazioni, ed è già tanto se sono ancora vivo […] Credo che fra dieci anni non esisteranno neppure i cd. Che Internet avrà preso così il sopravvento che la gente si scaricherà tutta la musica possibile e immaginabile dal computer. L’industria discografica non sa cosa fare, è in confusione. Internet servirà a reclamizzare i concerti e basta. Quanto a me, avrò 65 anni, e probabilmente sarò stanco. Mi terrò in forma facendo boxe e mi godrò lo spettacolo da fuori. In famiglia”» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera” 10/7/2002). «Come sconfiggere l’invecchiamento? Per lui il segreto sembra essere quello di essere non solo al passo dei tempi, ma di anticipare i giovani con mosse tecnologicamente avanzate. [...] Col tempo è diventato un osservatore, freddo, sottile, ha sostituito al caleidoscopio delle mutazioni continue una luce da visionario a riposo, si diverte a scattare fotografie e a trattarle a modo suo. [...] vero d’altra parte che Bowie è soprattutto un inventore di maschere: arte e vita si confondono in allegria, ma con un’attitudine più rinascimentale che non strettamente rock. Più volte nella sua carriera non è riuscito a nascondere l’ambizione a porsi come una sorta di Uomo Nuovo, raffinato e mutevole, compendio delle nuove arti e delle nuove scienze, almeno fin da quando abbagliò il mondo del rock con la maschera di Ziggy Stardust. Certo nei dischi di oggi c’è solo l’eco pallida di quel vortice d’invenzioni, ma chi potrebbe condannarlo per questo? [...] A nessun costo vuole invecchiare (Never get old) e del resto per una rockstar c’è modo e modo di invecchiare. Lui, classe ”47, è di quelli che sembrano aver fatto il patto col diavolo (o che nascondono a casa il ritratto di Dorian Gray), splende d’inalterata eleganza e in fondo incide dischi come un signore d’altri tempi, anche se il suo segno è il rock, e tutto sommato lo pratica ancora bene. [...] I segni della sua alterità li porta in volto, soprattutto in quei tanto decantati occhi di diverso colore, dovuti a un incidente subito nell’infanzia, ma che sono diventati una specie di marchio visivo del suo stile» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 9/9/2003).