Varie, 14 febbraio 2002
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Bradley Bill
• Crystal City (Stati Uniti) 28 luglio 1943. Giocatore di basket. Politico. Senatore Usa, nel 2000 fu il principale rivale di Al Gore nella corsa alla nomination democratica per la presidenza: «Ha mosso i primi passi della sua campagna, aperta ufficialmente nel paese natio di Crystal City, in Missouri, seguendo la stessa tattica che per 18 anni ha utilizzato nel basket. Provando e riprovando gli stessi schemi fino a ripeterli a occhi chiusi. Ovvero, andando in giro nei piccoli e grandi centri americani, interrogando personalmente uomini e donne e dando avvio ai colloqui sempre con l’identica domanda: “Lei è felice?”. Uomo della strada di fronte ai suoi simili, Bradley va in giro indossando non gli abiti del politico che vuol diventare ancora più potente, ma quelli del cittadino pronto a mettersi al servizio degli altri. Dalla sua c’è anche la carta dell’essersi dimesso da senatore con due anni di anticipo dall’inizio della campagna, marcando così una visibile distanza dal mondo della politica di Washington. [...] La sua lunga marcia verso la nomination è cominciata dalla parte più a sinistra dello schieramento democratico. Rimettendo in gioco subito la questione dell’armonia razziale all’interno del paese. “Chiedetevi quando avete discusso l’ultima volta di questo problema”, ripete l’ex senatore nei suoi discorsi: “E se la risposta è mai, vuol dire che siete parte del problema”. [...] Liberal e di sinistra da sempre, Bradley si è presentato così sul palco della campagna presidenziale. [...] La sua vita, sportiva e politica, è stata costellata di successi. Lui che aveva un fisico perfetto per il basket si impose già quando era un giovane studente di Crystal City. Poi, approdato all’Università di Princeton, divenne il leader della squadra fino a ricoprire il ruolo di capitano nel quintetto che ai giochi olimpici del 1964 conquistò la medaglia d’oro. La sua carriera è contraddistinta dalla vocazione a essere uomo di squadra che passava la palla anche quando non era necessario, e per essere un implacabile tiratore. Bradley venne anche a giocare in Italia, nella Simmenthal di Milano, e poi rientrò in Usa nel team dei Knicks di New York. Il basket e la passione per la politica hanno camminato sempre insieme nella vita di Bradley. Negli spogliatoi lo conoscevano con due soprannomi, “Dollar Bill” per via dello stratosferico ingaggio (alla fine degli anni Sessanta era compensato con 500 mila dollari l’anno) e “The Senator”. Proprio quella fu la carriera che decise di imboccare il giorno del 1976 in cui diede l’addio agli stadi del basket. Due anni dopo conquistò il seggio al Senato. La sua prima campagna elettorale fu all’insegna del basso profilo e della riservatezza. Raccontano che l’autista che lo accompagnava non conosceva l’indirizzo di casa di Bradley: lui si faceva trovare ogni mattina davanti a una pompa di benzina. Quell’atteggiamento lo mantenne anche negli anni di Washington. Evitava feste e incontri mondani e tutte le sere era a casa per cenare con la figlia (la moglie faceva la pendolare con la capitale per mantenere i suoi impegni universitari). Sui banchi del Senato Bradley si rivelò indipendente dalle logiche di partito: per esempio votò insieme ai repubblicani gli aiuti ai Contras anticomunisti del Nicaragua nel 1986 e dieci anni più tardi contro la riforma del Welfare voluta da Bill Clinton e dai democratici. Lui ha sempre voluto presentarsi come un libro aperto. Al giornalista della rete Abc Sam Donaldson che gli chiedeva se avesse mai usato droga ha risposto: “Sì, ho fumato la marijuana, mai ho usato cocaina. E lei?”» (Antonio Carlucci, “L’Espresso” 7/10/1999).