Varie, 14 febbraio 2002
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Bradman Donald
• Cootamundra (Australia) 27 agosto 1908, Adelaide (Australia) 25 febbraio 2001. Giocatore di cricket. Il più grande di tutti i tempi • «’Non era solo un eroe sportivo. Era un simbolo per milioni di persone in tutto il mondo. Aveva una personalità senza uguali”. difficile trovare le parole per raccontare una leggenda e quelle usate dal primo ministro australiano John Howard, per quanto alte e piene di sentimento, non riescono a esprimere in pieno che cosa ha rappresentato, non solo per la sua nazione d’origine, sir Donald Bradman, il fenomeno del cricket mondiale [...] Per quasi tutti noi, probabilmente, il nome di Bradman non significa niente, ma questo perché l’Italia non è mai finita tra le colonie della Corona britannica. Per quella vasta parte di mondo che invece ne ha fatto parte e che di conseguenza ha imparato il gioco del cricket, facendolo diventare uno degli sport nazionali, Bradman provoca emozioni senza bisogno di alcuna spiegazione. Tradotto in termini calcistici, era più Pelè di Pelè. Sir Donald era in pensione da 53 anni, ma i suoi primati sono ancora imbattuti: nessuno è riuscito, non solo a superarli, ma neanche ad avvicinarli. Era un campione, tanto per protrarre la metafora calcistica, che segnava cinque gol a partita. E li segnava ogni volta che giocava. In India, in Pakistan, in Sud Africa, in Nuova Zelanda, in molte isole caraibiche, nella stessa Inghilterra più volte umiliata sul campo da gioco [...] Per dare l’annuncio del suo decesso sono state interrotte le trasmissioni di radio e televisioni. La gente è uscita in strada, commossa. Il premier Howard ha sospeso un impegno ufficiale in Nuova Zelanda per esprimere le proprie condoglianze alla famiglia e si è detto pronto a organizzare un funerale di stato. [...] Per l’Australia Sir Donald era unico, un uomo che aveva esportato all’estero tutti i tratti migliori della nazione e che in patria aveva aiutato la gente, prima a sopportare e poi a superare - attraverso le sue entusiasmanti conquiste tra i paletti - i peggiori periodi della storia. ”Durante la grande depressione e la seconda guerra mondiale - ha spiegato Howard - ha ridato agli australiani la voglia di credere in tempi migliori e la fiducia in loro stessi”. Sir Donald, nella grande nazione degli antipodi, era semplicemente ”The Don”. Solo e inimitabile anche perché, in un Paese che discende da galeotti, dove ognuno si è dovuto costruire un futuro con il duro lavoro, Bradman era la più bella conferma che anche le favole possono diventare realtà. Era nato povero, quinto figlio di un falegname, George, e di una casalinga, Emily. A due anni e mezzo la famiglia si trasferì da Yeo Yeo - a 25 km dalla città di Cootamunbra - a Bowral, nel Nuovo Galles del sud (lo stato di Sydney), ed è proprio nella nuova casa che il giovane Don cominciò a sviluppare le doti tecniche che fecero di lui un campione. I fratelli e le sorelle erano ormai troppo grandi per giocare con lui, nel quartiere non c’erano bambini della sua età. Il piccolo Don, così, si inventò un passatempo solitario: tornato da scuola al pomeriggio, usciva in cortile e tirava una pallina da golf contro la base circolare di una cisterna per l’acqua, quando questa tornava indietro la colpiva con un paletto. Anni dopo spiegò che quell’invenzione era stata la sua fortuna: ”La pallina era molto più piccola di quella che si usa nel cricket e la base circolare della cisterna la rimandava indietro nelle direzioni più disparate. Dovevi avere riflessi prontissimi per riuscire a colpirla”. A cricket cominciò a giocare, in modo ufficiale, solo a 12 anni - nella squadra della scuola - ma il suo talento emerse subito. A 14 era già nel team regionale, a 17 fu convocato in nazionale. ”Il ragazzo di Bowral”: così venne subito definito dalla stampa e dagli appassionati. Era un tipino minuto, 1.65 d’altezza, anche da adulto, per appena una cinquantina di chili. Ma dietro queste dimensioni modeste si celava un gigante. La sua media è di quelle che gli esperti ancora non riescono del tutto a comprendere: 99.94 punti per ogni turno di battuta. Ogni volta che prendeva in mano la mazza, insomma, aumentava di almeno una centuria il punteggio della sua squadra. In panchina si mettevano comodi: il turno di battuta di ”The Don” durava all’incirca due ore e un quarto. Sono cifre che significano poco per chi non conosce il cricket, ma che diventano volumi se confrontate con quelle degli altri giocatori. Dopo quello di Sir Donald, il miglior punteggio medio di tutti i tempi appartiene al sudafricano Graeme Pollock: è di 60.97. Trenta in meno. Quando nel 1990 Nelson Mandela fu liberato dopo 25 anni di reclusione nelle galere del Sud Africa, una delle prime domande che fece fu: ”Ma Bradman è ancora vivo?” The Don è stato un uomo di quelli che non si trovano più. Un esempio. A 12 anni - poco dopo aver visto il suo primo vero incontro a Sydney - aveva conosciuto Jessie Menzies, una sua coetanea. Se ne innamorò e le disse che l’avrebbe sposata. Fu di parola e rimase al suo fianco per tutta la vita, finché lei, nel 1997, lo lasciò, disperato, andandosene per prima, stroncata da un tumore. Era un personaggio celebre come pochi, che però non amava né la pubblicità, né il potere. Anzi, cercava, per quanto possibile, di starsene da solo con la sua famiglia. Non appariva in pubblico, se non raramente, non rilasciava interviste. La fama doveva pesargli, così come pesò al figlio John, che addirittura cambiò cognome per emanciparsi dalla leggenda» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 27/2/2001).