15 febbraio 2002
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Brehme Andreas
• . Nato ad Amburgo (Germania) il 9 novembre 1960. Calciatore. Segnò su rigore (molto dubbio) il gol che decise la finale dei campionati del mondo del 1990 (a Roma, 1-0 contro l’Argentina di Diego Armando Maradona). In Italia ha giocato con l’Inter dal 1988, vincendo subito lo scudetto e poi una coppa Uefa (1990/91). Terzo nella classifica del Pallone d’Oro 1990, quattordicesimo nel 1989. «L’Inter lo acquista dal Bayern con Matthäus. E, mentre tutti parlano di quel fuoriclasse, ”Andy” s’impone a pubblico e critica come miglior laterale sinistra del nostro campionato. forte in difesa, infaticabile sulla fascia, preciso negli appoggi. Sorprende l’assoluta, disinvolta indifferenza con cui calcia le punizioni e i corner, ora di destro, ora di sinistro. Al punto da chiedersi se sia mancino o no. La risposta viene nel momento clou della sua carriera: è col destro che realizza il rigore decisivo nella finale dei mondiali di Italia ’90 (Germania-Argentina 1-0) dopo che capitan Matthäus non se l’è sentita di tirare. Giocatore straordinario, che forse l’Italia s’è fatta sfuggire troppo presto (a soli trentun anni)» (Dizionario del Calcio Italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000). «[...] I suoi cross da sinistra sono preziosi assist per i colpi di testa di Aldo Serena e per le fortune dei neroazzurri, che conquistano lo scudetto a quota record (58 punti). [...]» (Enciclopedia dello Sport, Treccani). «Insieme a Lothar Matthäus ha formato una coppia indistruttibile. [...] terzino sinistro del Bayern Monaco e della nazionale tedesca, approdò alla corte di Ernesto Pellegrini nell’estate del 1988, sull’onda dell’ennesima rivoluzione. Dopo il fallimento dell’operazione-Scifo, il Trap decise che era ora di dotare la squadra di muscoli e garretti e scelse la via tedesca allo scudetto [...] Provvisto di un fisico d’acciaio e di piedi particolarmente sensibili per un difensore, Brehme occupò la corsia sinistra da autentico campione: fortissimo nel tackle difensivo, inarrestabile nelle avanzate, chiuse con morbidi crosso o taglienti passaggi rasoterra inventati dal suo sinistro da centrocampista. Figlio d’arte (il padre, Bernd, aveva giocato nel Barmbeck Uhlenhorst ed era stato ribattezzato ”Eisenfuss”, piede di ferro, per aver segnato col piede sinistro liberato anzitempo dal gesso dopo una frattura), era cresciuto nel Barmbeck, la squadra del rione di Amburgo allenata dal padre, poi era passato al Kaiserslautern e in seguito al Bayern, dove aveva vinto subito lo scudetto, dopo aver bruciato le tappe in nazionale, fino a raggiungere la finale dei mondiali 1986, persa contro l’Argentina. Eppure quando arrivò all’Inter molti sorsero la bocca: era considerato uno scarto della Samp, che per prima l’aveva trattato, e soprattutto un giocatore in declino, per via dell’ultima, mediocre stagione nel Bayern. Terzino e laterale ambidestro, fu Trapattoni a collocarlo stabilmente sulla fascia mancina, dove il suo rendimento lievitò a vista d’occhio, al punto da migliorarne di molto il contributo alla stessa nazionale. [...]» (’Calcio 2000” dicembre 1997). «[...] Il Trap è un mito. Ho avuto la fortuna di avere durante la mia carriera di calciatore grandi allenatori: Beckenbauer, Heynckes, Feldkamp, Lattek. Ho cercato di imparare da ognuno di loro. [...]» (’Eurocalcio” dicembre 2000).