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 2002  febbraio 15 Venerdì calendario

Bridges Jeff

• Los Angeles (Stati Uniti) 4 dicembre 1949. Attore • «Chi lo conosce dice che per lui la famiglia viene prima di tutto. Ha iniziato a lavorare grazie a suo padre (’Sono un puro prodotto del nepotismo”, ama dire) e sostiene che quello che non gli ha insegnato papà Lloyd lo ha imparato dal fratello Beau. Chiama sua madre Dorothy ”il generale” e, ancora oggi, le telefona tutti i giorni. [...] Non ama i ruoli appariscenti, non guadagna venti milioni di dollari a colpo e, nonostante sia stato candidato tre volte, non ha mai vinto un Oscar. Eppure si dice completamente appagato. [...] Se i suoi personaggi non strillano ”metodo” come quelli di Robert De Niro, chi avrebbe mai detto che, per preparasi ad interpretare l’alieno di Starman (interpretazione che gli fruttò una nomination all’Oscar), studiò nei minimi dettagli i movimenti dei pulcini? O che durante una scena di rissa sul set de I favolosi Baker quasi ruppe le dita al fratello Beau, coprotagonista insieme a Michel Pfeiffer? Infine, se non guadagna quanto Harrison Ford e non ha una statuetta dorata di cui vantarsi, è lui e non Ford o Tom Hanks che Terrence Rafferty, sul ”New Yorker”, ha definito ”il miglior attore americano vivente”. [...] Ha delineato uno dei percorsi più originali e coerenti del cinema americano contemporaneo. C’è una confidenza quasi zen nel modo in cui quest’attore indossa i suoi ruoli: che si tratti del soave, elusivo e sexy pianista di I favolosi Baker, del miliardario utopista Tucker nell’omonimo film di Coppola, dello sballatone di Il grande Lebowski, del sublime sopravvissuto di Fearless, o dello sbandato di Una calibro 20 per lo specialista (’Il tuo compito è di far ridere Eastwood”, fu l’unico input che gli diede il regista Michael Cimino). una confidenza, la sua, che evoca un assorbimento totale, da Actor’s Studio, e il discreto e ineffabile talento della vecchia Hollywoood. [...] Secondo Joel Coen, che lo ha diretto in Il grande Lebowski, ”Jeff non è quel tipo di attore cinematografico che sviluppa un personaggio che il pubblico si aspetta di ritrovare di film in film. Da un punto di vista commerciale, è più difficile diventare delle star in quel modo”. ”La gente lo dà per scontato perché è sempre così bravo. Ma non dimentichiamo che essere sempre così bravi non ì facile” ipotizza Peter Bogdanovich, che lo scritturò nella parte di un ribelle di periferia in L’ultimo spettacolo, il film per cui ricevette la sua prima nomination agli Oscar. E lui, la ”star riluttante”, come la pensa? ”La mia carriera va bene così: preferisco quasi giocare da una postazione di ’sfavorito’, non trovarmi nei panni della star pluripagata e pluripremiata che poi chissà cosa fa al prossimo film. Non è il mio stile e non è il tipo di pressione a cui voglio sottopormi”. [...] anche un affermato fotografo e un musicista di successo [...]» (Giulia D’Agnolo Vallan, ”Ciak” n. 6/2000).