Varie, 15 febbraio 2002
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Brown James
• Barnwell (Stati Uniti) 3 maggio 1928 (alcune fonti dicono 1933), Atlanta (Stati Uniti) 25 dicembre 2006. Cantante • «Era il re del soul ben prima di diventarne il padrino, grazie alla perfetta padronanza del groove. […] Partendo da umili origini, quest’uomo è diventato un’icona, e nel corso della sua vita ha toccato le vette più alte e gli abissi più profondi. Ha entusiasmato le platee di tutto il mondo, ha incontrato otto presidenti ed è stato tra le prime pop star nere a godere di un successo trasversale. I suoi testi e le sue prese di posizione sociali sono state fonte di ispirazione e di controversie. Ha avuto anche problemi fiscali, di droga, ha subito diversi processi ed è stato più volte in galera. E dice di sé: ”Non cambierei la mia vita per nulla al mondo. Mi sento simile a un personaggio biblico: come Mosè che aveva un compito assegnato da Dio, io sto aspettando il prossimo ordine” [...] Sposato cinque volte, ha avuto sei figli e una vita segnata da alti e bassi. A sei anni si trasferì ad Augusta, in California. La sua fu un’infanzia molto povera. Aspirava a fare il pugile o il giocatore di basket, ma a 16 anni venne arrestato (furto da auto in sosta) e finì in cella per tre anni. In prigione formò un quartetto gospel e continuò con la musica durante il periodo di libertà vigilata. Gravitando nella sfera del R&B incise Please Please Please nel 1956 con i Famous Flames. Due anni dopo uscì Try me e nacque una stella. Nei vent’anni successivi passò da un successo all’altro e creò alcuni brani memorabili come Papa’s Got a Brand New Bag e I Got You (I Feel Good). Il suo stile è inconfondibile, aggressivo, punteggiato da urla, grida, grugniti (’Good god” ”Heeeaayy”, ”Hit me”). I fiati squillano irresistibili inviti a scendere in pista e le percussioni sono iniezioni di ritmo nelle vene degli spettatori. ”La mia musica non è stata scritta da Mozart, Beethoven, Bach o Schubert” dice. ” stata scritta da Dio e da me”. Negli anni ”60 e ”70 Brown aveva peso e carisma nella comunità nera. Collaborò a calmare gli animi dopo l’assassinio del reverendo Martin Luther King. Ma suscitò perplessità l’appoggio che offrì alle candidature di Hubert Humphrey nel 1968 e di Richard Nixon nel 1972. Da una parte contribuì alla diffusione del movimento Black Power e sfidò il suo pubblico trasversale con brani come Say it Loud, dall’altra suscitò molta irritazione esibendosi per le truppe in Vietnam. […] La sua popolarità restò comunque intatta fino all’era della disco e film come The Blues Brothers e Rocky IV negli anni ”80 […] hanno contribuito a farlo conoscere ai più giovani. Nel tempo costruì un impero commerciale che comprendeva case editrici, stazioni radiofoniche, case discografiche e altre imprese, ma molto di tutto ciò andò perduto a causa di problemi col fisco. Nel 1986 divenne membro ufficiale della Rock and Roll Hall of Fame, ma due anni dopo finì nei guai. Secondo i rapporti della polizia aveva minacciato i partecipanti a un seminario di un’assicurazione brandendo un fucile sotto l’effetto di stupefacenti. In fuga, fu inseguito dai poliziotti che lo bloccarono sparando alle gomme della sua autovettura. Venne fermato nuovamente il giorno successivo per guida sotto l’effetto di droga. Finì con una condanna a sei anni, trasformata in libertà vigilata nel 1991. Nel 1996 la moglie Adrienne, morì per in cocktail di analgesici e farmaci che le erano stati prescritti dopo un intervento di liposuzione. Da allora ha affrontato numerose cause, tra cui una intentatagli dalle figlie che sostenevano di aver collaborato con lui alla creazione di alcuni dei suoi maggiori successi. Nel 1998 venne ricoverato per ordine del tribunale per dipendenza da antidolorifici. L’anno dopo avrebbe inaugurato Woodstock ”99 con una performance rovente» (Steve Jones, ”la Repubblica” 3/5/2003). «Non canto per soldi: sono quotato addirittura in Borsa a Wall Street. Il fatto è che più mi muovo e più mi sento vivo […] Non c’è nessuno che dimostri di saper tenere il mio ritmo. In tanti hanno provato ad imitarmi, a cominciare da Prince con risultati poco interessanti» (Gloria Pozzi, ”Corriere della Sera” 29/5/2002). «Fu allevato in povertà da sua zia, Honey, la tenutaria di una casa di appuntamenti. Avrebbe potuto diventare un giocatore di baseball professionista, ma ”fare il cantante o l’uomo di spettacolo faceva urlare le donne e così non badavo a tutto il resto. Sapevo benissimo cosa volevo fare”. [...] In parte è afroamericano, in parte Cherokee e in parte Apache. ”Mio padre non fece altro che lavorare. Io no so cosa vuol dire lavorare”. All’inizio della carriera era noto il suo impegno a tutela dei neri. ”Quando ho cercato di uscire dal ghetto ero coinvolto nella lotta per i diritti dei neri perché era l’unico mondo che conoscevo. Quando ho conosciuto il mondo esterno, ho dovuto lottare per i diritti delle persone. Quando vai ad una banca del sangue non chiedi il sangue dei neri o il sangue dei bianchi, richiedi il tipo di sangue di cui hai bisogno [...] Ho fatto nascere io il rap. [...] ho seguito le orme di molte persone, ma ero anche alla ricerca di una mia identità”. [...] Ha avuto [...] screzi con la legge e ha scontato una condanna a tre anni di carcere, a partire dal 1988, perché aveva minacciato con una rivoltella alcuni lavoratori di un ufficio vicino, accusandoli di avere utilizzato il suo bagno senza il suo permesso. [...] Momenti infelici nella vita? ”Dopo la morte di Martin Luther King. Dopo quella di Robert Kennedy. Per le guerre in atto, per le persone che perdono la vita. I bambini muoiono sotto le bombe in Afghanistan, in Iraq e sulle nostre strade [...] I membri della famiglia Bush sono dei miei buoni amici, così come i Kennedy, i Nixon e i Johnson. Non posso essere arrabbiato con i presidenti perché non controllano il paese a loro piacimento. Sono parte di un governo”» (Emma Brockes Guardian Newspapers Ltd Traduzione: Walter Arthur Gulia/Oxford Group, ”Corriere della Sera” 16/6/2004).