Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 15 Venerdì calendario

BRUGNETTI

BRUGNETTI Ivano Milano 1 settembre 1976. Marciatore. Medaglia d’oro della 20 chilometri alle Olimpiadi di Atene (2004). Campione del mondo della 50 chilometri a Siviglia (1999). «Una medaglia arrivata due anni, tre mesi e due giorni dopo la conclusione della gara iridata. A Siviglia si era piazzato al secondo posto, staccato di 3’31’’ dal russo German Skurygin, ma il Consiglio della Iaaf, la Federatletica mondiale, ha cancellato l’ordine d’arrivo, dopo che il marciatore russo era stato squalificato dalla sua federazione per doping. [...] Una sentenza inattesa e imprevedibile, soprattutto per l’interminabile procedura. Per certi aspetti ricorda la squalifica retroattiva di Ben Johnson, che, dopo essere risultato positivo al controllo antidoping dei Giochi di Seul ”88, perse anche l’oro dei 100 metri al Mondiale di Roma ”87” (’Corriere della Sera”, 28/11/2001). «’Mi dispiace per Skurygin, ma la legge è legge: ricordo però che durante la gara il russo mi stupì per il ritmo infernale che aveva imposto. Più che un atleta, mi sembrò un robot’ [...] Dopo l’exploit di Siviglia (inatteso da tutti, tranne forse che dal suo tecnico Antonio La Torre), si era un po’ perso nelle nebbie della periferia nord di Milano, il teatro dei suoi allenamenti da fachiro del ”tacco e punta”. Il 2000 era stato orribile (’spaccava il mondo negli allenamenti, crollava in gara” dice La Torre), il 2001 peggio ancora. Ritirato all’Olimpiade 2000, neppure era stato convocato per i Mondiali di Edmonton. E ai Giochi del Mediterraneo era arrivato ultimo, con l’autoambulanza dell’assistenza a fargli da scorta. ”Avevo perso ogni motivazione”ammette oggi l’azzurro. E spiega: ”Sarà stata l’età giovane, un pizzico di immaturità, l’idea di essere arrivato nella vita: fatto sta che, dopo la medaglia spagnola, il primo grande traguardo della mia carriera, il fisico è andato da una parte e la mente dall’altra. Quella medaglia, insomma, mi ha spiazzato”. Qualcuno l’aveva dato per perso. Non Antonio la Torre, il suo mentore: ”Dopo Siviglia, ha pagato tutto lo stress e la fatica accumulata in anni di preparazione. Ha perso, soprattutto, quella che io chiamo l’allegria di far fatica. Sembra paradossale, ma è così: per primeggiare nella marcia, bisogna provare la gioia quotidiana di fare fatica, molta fatica”. [...]» (’Corriere della Sera”, 29/11/2001).