Varie, 15 febbraio 2002
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BRUNI TEDESCHI Valeria Torino 16 novembre 1965. Attrice. Film: La parola amore esiste, La seconda volta (Mimmo Calopresti) ecc
BRUNI TEDESCHI Valeria Torino 16 novembre 1965. Attrice. Film: La parola amore esiste, La seconda volta (Mimmo Calopresti) ecc. • «Attrice dalla bella voce foneticamente non allineata, dai modi eleganti, dal sorriso contagioso, perché conserva due nazionalità che non provocano un io diviso. [...] è nata italiana, ha avuto la prima affermazione con La seconda volta di Calopresti, prodotto da Nanni Moretti, poi ha continuato, sempre sottraendo più che aggiungendo nel modo di recitare, una carriera molto parigina. [...]» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 3/9/2004). «Bandiera delle donne attrici introverse, nevrotiche, fragili e complicate (ricordare la terrorista della Seconda volta), Valeria Bruni Tedeschi fa parte di quelle nostre attrici raffinate che piacciono tanto in Francia» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 12/6/2004). «Terrorista nel film La seconda volta accanto a Nanni Moretti; trentenne maniacale vittima di una cattiva psicoanalisi in La parola amore esiste; giornalista tenace alla ricerca della verità in Voci. quella che comunemente definiremmo un’attrice impegnata. Ruoli intensi, sofferti, di donne complicate, a volte contorte, mai banali. Buona parte delle sue interpretazioni ha avuto la regia di Mimmo Calopresti, suo compagno nella vita […] Il padre, Alberto, personalità nel campo dell’industria, della composizione musicale e del collezionismo d’arte, è stato sovrintendente del Teatro Regio di Torino fino al 1971. Proprio grazie al suo intervento la struttura è stata interamente ricostruita ed è divenuta una delle più moderne e prestigiose d’Europa. […] Ha una bellezza sofisticata, non prepotente. Il carattere è esageratamente schivo, quel tipo di persona che fai fatica a capire com’è dentro perché se superi un certo limite con le domande si chiude a riccio e fugge. […] ”Vivo a Parigi e lì mi sento a casa”» (Claudia Carucci, ”La Stampa” 14/7/2002). «L’attrice che non ama la vita mondana, le fotografie, le intemperanze della moda [...] ragazza schiva, che ama più la sottrazione dell’addizione, nel cinema e nella vita [...] ”Questo lavoro può essere un’autoterapia. Per me recitare non è mettere una maschera, ma toglierla. perché recitando ruoli che non ti appartengono, puoi sfogare senza pudori emozioni e fantasie a cui difficilmente ti abbandoneresti. Quando si fa l’attore, bisogna sempre essere in contratto con la propria fragilità... la nostra vita privata è nei film che il pubblico vede. Per questo, a volte, fare questo mestiere costa così caro” [...]» (Lucia Castagna, ”Sette” n. 18/1998).