Varie, 15 febbraio 2002
BRUSON
BRUSON Renato Granze (Padova) 13 gennaio 1936. Baritono • «Celebre baritono di Este, un veneto che però sembra avere preso un po’ del tono frizzante e deciso delle terre del Lambrusco». A chi è più legato dei suoi personaggi? «A quello che sto per cantare, che sia Iago, Rigoletto, Nabucco. Poi me lo dimentico. Lo amo, in quel momento, poi passo a un altro amore. E, soprattutto, lascio fuori tutti dalla mia vita. Torno alla gente semplice, genuina» (Claudia Provvedini, ”Corriere della Sera” 4/8/2001). «Un artista raffinato, curioso del suo mestiere, della vita che lo circonda, del teatro da cui ha avuto tanto, ma a cui tanto ha dato con passione e intelligente dedizione. Un uomo alla ricerca dell’anima dei personaggi che incarna, della loro storia, capace di approfondire, ancor prima della musica, i testi letterari. Un artista amante della musica da camera, che ha finito con l’innamorarsi di Verdi, tanto da onorarne il canto in tutti i teatri del mondo: quarant’anni di carriera, di successi, di soddisfazioni ed un regalo: il libro della moglie Tita Tegano, scenografa e regista, che s’intitola Quarant’anni recitar cantando, ricco di vecchie foto […] Lui è soddisfatto di questi suoi quarant’anni lirici: ”Non cambierei una virgola, sono stato fortunato, ho trovato direttori d’orchestra e registi che hanno compreso e assecondato le mie intenzioni, spronato a migliorarmi. Ho ricordi bellissimi di studio, di riflessioni: negli anni 1964-65, per esempio, con Tullio Serafin nel Ballo in Maschera, fu una concertazione, la sua, sapiente, da grande vecchio. Poi vennero Antonino Votto, Molinari Pradelli e altri autorevoli direttori. Ricordo con grande affetto i giorni in cui fui ospite di Tito Gobbi: andai per chiedergli consigli interpretativie lui mi tenne con sé ben sette giorni. Erano consigli preziosi, spero di averne fatto tesoro. Oggi lavoro con giovani artisti, che potrebbero essere tutti miei figli, ma pochissimi vengono a chiedere consiglio. Ogni volta che capita, rispondo con gioia, come fosse mio dovere. Peccato, i giovani di oggi sono spaesati, a volte supponenti, ansiosi di fare tutto e di riuscire in pochi mesi a conquistare le scene, pronti a inseguire facili guadagni, ma la carriera si fa sapendo opporsi a coloro che non sanno, rifiutando opere che danneggiano la nostra voce, anziché aiutarla. Anche alcuni direttori hanno le loro colpe. A Vienna recentemente ce n’era uno che non mi piaceva. Non basta andare a tempo, il direttore che non interviene o ha poco da dire non è un buon direttore. Per non parlare di alcuni registi che in teatro dettano legge. Come si fa ad aprire il sipario sul Ballo in Maschera e vedere tutti i personaggi seduti su dei water? Tutti vogliono stravolgere. Stupire, distruggere, conta soltanto l’immagine. E’ gente che non ama il teatro» (Armando Caruso, ”La Stampa” 18/2/2001).