Varie, 15 febbraio 2002
BUGNO
BUGNO Gianni Brugg (Svizzera) 14 febbraio 1964. Ex ciclista. Vinse due campionati del mondo (1991 e 1992, terzo nel 1990), un Giro d’Italia (1990), una Milano-Sanremo (1990), una Coppa del Mondo (1990), secondo al tour de France 1991, terzo a quello del 1992, entrambi vinti da Miguel Indurain. Dal maggio 2010 presidente del Cpa, il sindacato mondiale dei corridori • «Si è definito così: ”Chi sono io? Uno che ha stravolto la normalità del ciclismo: quando mi aspettavano non c’ero, ci sono stato quando non mi aspettava nessuno. Lo sapete, il primo a non capirmi sono io”. Minimalista di se stesso fino all’autopolverizzazione, è rimasta celebre una sua dichiarazione dopo la vittoria mondiale di Benidorm: ”Sì, ho vinto. Però mi dispiace per Indurain che correva davanti al suo pubblico”. Anche quando vinse il Giro d’Italia, conquistando subito la maglia rosa al cronoprologo di Bari, disse che non era il caso di contarci troppo: ”Non sono fatto per queste corse, vado avanti alla giornata ...”. E infatti arrivò fino a Milano vincendo il Giro d’Italia. Indecifrabile, ma che talento: bastava guardarlo in bicicletta, in quella naturale postura di armonia e potenza, per capire che Bugno levitava in una dimensione tutta sua. Nelle volate gli avversari sbandavano, lui senza apparente fatica scivolava leggero oltre il traguardo. [...] I suoi genitori, veneti di Cavaso della Tomba, si erano trasferiti a Brugg per realizzare il sogno di chi parte con la valigia di cartone: lavorar sodo e tornare con un bel gruzzolo. Ma Bugno – prima che la famiglia si ricongiunga a Monza – cresce coi nonni. Gianni, bambino silenzioso, ne risente. Così a 15 anni è uno strano impasto di saggezza e insicurezza: un adolescente vecchio. Col padre, pur volendogli bene, fatica a parlare. Una mattina il padre gli dice: ”Vai fuori anche oggi, non vedi che tempaccio?”. Gianni risponde: ”Tu vai a lavorare in lavanderia? Bene, anch’io vado a lavorare. In strada”. Ciao, ciao. Al liceo, agli amici, alle feste, alle ragazze, all’adolescenza che corre più in fretta del gruppo. Scivolando sui pedali, Bugno passa davanti agli altri ragazzi diventando professionista nell’Atala di Franco Cribiori. il 1986 e Bugno è già Bugno. [...] La vera svolta arriva nel 1990, quando va con Gianluigi Stanga alla Chateau d’Oex e poi alla Gatorade. Padre burbero e benefico – forse fin troppo -, Stanga coglie l’umbratile talento di Gianni portandolo, in tre anni, ai trionfi del Giro d’Italia e dei mondiali. Ma non è un cammino lineare: dopo l’euforia del 1990, anno in cui nasce anche la rivalità con Chiappucci, Bugno ritorna a inseguire i suoi fantasmi, uno con particolare accanimento: quello di dimostrare, a se stesso e agli altri, di essere finalmente maturo per vincere il Tour de France. Gli italiani, che non vincono dal 1965 con Felice Gimondi, gli credono sulla parola: Bugno è un corridore completo, forte in ogni terreno. Poi è anche buono, gentile, con quegli occhi da tenerone che tutte le mamme (ma anche le figlie) vorrebbero in casa. Invece, roso dall’ansia, Bugno comincia a sovraccaricare la centralina nervosa puntando tutto sul Tour. Ma sulla sua strada trova un corridore, lo spagnolo Miguel Indurain – ”Yo soy tranquilo” – che è l’esatto contrario: solido, decisionista, sicuro dei suoi mezzi. L’unico suo difetto – la scarsa volata – Indurain lo fa diventare un pregio lasciando le vittoriedi giornata ai colleghi disponibili a collaborare. Indurain procede come un tir, e contro il Tir Bugno si schianta. Uno schianto soprattutto psicologico che lo riporta alle sue antiche insicurezze. Indurain è fortissimo a cronometro. E Bugno, come un bambino capriccioso, si ostina a batterlo sul suo terreno rinforzando i muscoli e appesantendo la sua naturale leggerezza di pedalata. Niente da fare. Nel 1991 è secondo dietro Indurain. Nel 1992 è terzo, preceduto anche da Chiappucci. Poi, nonostante i due titoli mondiali, la crepa si allarga. [...]» (Dario Ceccarelli, ”diario” 13/1/1999).