Varie, 15 febbraio 2002
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Bunker Edward
• Hollywood (Stati Uniti) 31 dicembre 1933, Los Angeles (Stati Uniti) 19 luglio 2005. Scrittore. «’In questa incredibile barzelletta che è la mia vita”, raccontava [...] ”la più grande barzelletta è che io sia seduto fianco a fianco ai premi Nobel, che loro mi riempiano di complimenti, e che mi chiedano della mia tecnica di scrittura, tra gli scatti dei fotografi”. [...] Non aveva alcun problema a parlare del proprio passato, e non nascondeva nulla della violenza che aveva contraddistinto ogni momento della propria esistenza, ma preferiva parlare dei progetti cinematografici che aveva avviato, grazie all’amicizia con Michael Mann, ed i nuovi libri, dei quali si confidava in prima battuta con l’amico James Ellroy, al quale diceva ”devo tutto”. In entrambi i casi trovava ispirazione nella propria vita, e rideva di gusto quando qualcuno aveva l’ardire di suggerirgli di ”inventare” o ”creare” qualcosa di diverso. Anche quel suggerimento per lui rappresentava una barzelletta a cui reagire con malinconia, perché la sua vita [...] Era nato [...] durante un terremoto, da una ballerina di seconda fila di Busby Berkeley, ed un direttore di scena irrimediabilmente alcolizzato. I due divorziarono quando lui era ancora un bambino, ed ”Eddie”, che ebbe sin da allora il nomignolo che si portò per tutta la vita, venne affidato ad un collegio, dal quale fuggì quando aveva cinque anni. Nessuno dei genitori lo volle con sé, ed il piccolo ritornò in collegio, dove preoccupò i precettori per il carattere ribelle e violento, e li lasciò a bocca aperta per il risultato di 152 punti che ottenne quando fu sottoposto a nove anni ad un test per misurare il quoziente intellettivo. un punteggio che a quell’età rientra nei parametri attribuiti ai geni, ma Eddie non se ne curò assolutamente, come ignorò con un fastidio pieno di disprezzo i suggerimenti degli insegnanti che gli consigliavano di far fruttare con lo studio quel sorprendente dono di natura. Preferì sfogare la propria energia incontenibile con gli amici di strada che frequentava nei pochi momenti di libertà, e con loro si perse rapidamente. Il suo curriculum criminale è impressionante, e dopo esser stato espulso dal collegio per aver infilato una forchetta nell’occhio di un compagno, cominciò a mantenersi con rapine, scippi, estorsioni e protezione di prostitute con le quali conviveva. Era ancora giovanissimo e a diciassette anni ebbe il triste record di essere il detenuto più giovane mai internato nella terribile prigione di San Quintino. Ma anche quello stesso periodo fece il primo degli incontri che avrebbero cambiato la sua esistenza: divenne infatti un protetto di Louise Wallis, moglie del grande produttore Hal Wallis, che, sedotta dai suoi bellissimi azzurri, e affascinata dal fascino criminale, lo inserì nel mondo hollywoodiano, invitandolo ripetutamente nella sua villa principesca e in quella degli amici miliardari. Una parodia di questo invaghimento, che la donna giustificava come un atto di bene per ”ragazzo di talento da salvare” venne ripreso molti anni dopo da Woody Allen, che ne rielaborò il rapporto in chiave liberal newyorkese in Tutti dicono I love you, attribuendo a Tim Roth il ruolo del criminale, e a Drew Barrymore quello della Wallis. In quella che rappresentò la prima barzelletta della sua vita, Eddie si trovò a dialogare con personaggi quali Tennessee Williams, Humphrey Bogart ed Aldous Huxley, che rimanevano regolarmente affascinati dalla sua intelligenza, e a frequentare abitualmente la principesca reggia di William Randolph Hearst a San Simeon, dove chiamava tutti ”fratello”, in puro linguaggio da galera, e preferiva entrare in intimità con personaggi con cui sentiva affine, come l’attore con un passato di gangster George Raft, e l’ex campione del mondo dei pesi massimi Jack Dempsey. Durante le frequentazioni di casa Hearst non smise mai di commettere crimini di ogni genere, e dopo una rapina a mano armata commessa a pochi giorni da una grazia faticosamente ottenuta da Louise Wallis, si diede alla macchia e venne inserito nella lista delle dieci persone più pericolose d’America. Quando venne arrestato, fu destinato al carcere di massima sicurezza di San Pedro, e lì rimase per diciotto anni. [...] maledisse la propria esistenza, e la sua incapacità di essere diverso da se stesso. Soffrì, per usare i suoi termini, come un animale in gabbia, ma in quel momento di disperazione, scoprì la letteratura, ed una serie di scrittori che gli sembrava parlassero direttamente alla sua anima: Dostoevskj, Camus, Hemingway, e colui che riteneva il più grande di tutti: Cervantes. Fu un compagno di carcere di nome Caryl Chessman, incarcerato per numerosi stupri, e soprannominato ”il bandito a luce rossa” che lo convinse a scrivere, dopo essere rimasto incantato a sentire il modo in cui sapeva raccontare, e fu sempre lui a valutare i primi scritti, sui quali dava suggerimenti che Bunker ha definito sino alla fine ”estremamente preziosi”. Ma ci vollero diciassette anni, sei romanzi e centinaia di racconti prima che riuscisse a trovare un editore presso la ”No Exit Press”, i cui responsabili si appassionarono al suo stile violento e cristallino grazie alla raccomandazione di un altro grande narratore dalla vita tragica come James Ellroy, il quale ne individuò immediatamente il folgorante talento. Il suo primo libro, intitolato Come una bestia feroce divenne un best seller e fu adattato in un film diretto da Ulu Grosbard con il titolo Vigilato Speciale. Ne fu protagonista Dustin Hoffman, che cadde a sua volta vittima del suo fascino e lo volle come consulente per preparare la parte. Il libro ottenne eccellenti recensioni, l’ammirazione di uno scrittore diversissimo quale William Styron, e l’interesse di una Hollywood cambiata drasticamente dai bagni nelle piscine della reggia di Hearst. Trovò un agente che gli commissionò il lavoro da ”script doctor” per una serie di oscuri polizieschi, finchè non gli venne chiesto di americanizzare il copione scritto da un regista giapponese di cui non aveva mai sentito parlare: Akira Kurosawa. Il film, che venne diretto da Andrej Konchalowsky, uscì con il titolo di Runaway Train e gli assicurò una candidatura per la migliore sceneggiatura. Sentì di essere finalmente entrato ad Hollywood dalla porta giusta, ma il vero successo arrivò in campo letterario con Animal Factory, che divenne un film con Steve Buscemi, Little Boy Blue, Educazione di una canaglia e soprattutto Cane mangia cane, che fu tradotto in tutto il mondo (in Italia da Einaudi, editore di tutti i suoi libri) e conquistò tra gli altri un giovane appassionato di cinema che stava preparando il proprio debutto alla regia. Il suo nome era Quentin Tarantino, e definiva Come una bestia feroce la più bella ”crime story” mai scritta. Non sapeva nulla del suo autore, ma quando venne informato della vita che aveva vissuto, e vide una sua foto sul retro di un libro, volle immediatamente offrirgli un ruolo in quello che sarebbe diventato Reservoir Dogs. Bunker, incuriosito da questa nuova barzelletta, volle leggere il copione e accettò di interpretare il personaggio di Mr. Blue, divertendosi al punto da utilizzare in seguito il nome per la sua biografia Mr. Blue: memoirs of a renegade. Ormai era diventato un personaggio di culto, e non fu affatto sorpreso quando Michael Mann lo avvicinò per Heat. In questo caso non gli venne chiesto di recitare, ma di farsi studiare ed imitare per il personaggio interpretato da John Voight. Sul set, anche De Niro lo consultò per studiare il modo di parlare e di gesticolare di un vero gangster, ma fu Mann che ne divenne realmente amico, e cominciò a progettare con lui una serie ambientata nelle carceri. Negli ultimi anni, raccontava con divertimento quanti fossero gli attori che si erano ispirati a lui, ma chi ha avuto modo di conoscere da vicino si è accorto immediatamente da un graduale distacco e dal mondo del cinema, che gli apparve come una chimera, vacua e inappagante. Cercò di riavvicinarsi alla letteratura, ma si accorse di scrivere con maggior fatica [...] Riuscì a trovare alcuni momenti di felicità con Jennifer, la donna che sposò nel 1994 e che era stata il suo più valente avvocato. Da lei ha avuto un figlio di nome Brendam, al quale ha dedicato il suo ultimo libro ed ha considerato l’unica cosa seria della sua intera esistenza» (Antonio Monda, ”la Repubblica” 24/7/2005). «La belva feroce della letteratura americana è rimasta a testa alta fino all’ultimo, senza fare sconti alla vecchiaia, ai malanni di una vita passata per metà – dai tredici ai quarantatré anni quasi senza interruzione – in carcere, al cuore ballerino ”come una vecchia sveglia scassata” [...] si divertiva a terrorizzare i banchetti dei premi letterari raccontando il metodo per ricavare un coltello da uno spazzolino da denti, e come va affondato nella pancia dell’avversario ”girando in senso antiorario, per forargli le budella e essere sicuri di stenderlo”. Poi a fine serata si sistemava i risvolti dell’abito italiano su misura (’Ho portato troppe divise da galeotto in vita mia, basta telaccia e pantaloni sfondati”), faceva galante un inchino alle ladies ese ne andava zoppicando leggermente. Scrittore di culto in Europa, Giappone e Australia ancora più che in patria con maxi fedina penale (rapine a mano armata, truffe, traffico di droga) che guardava ridendo alle classifiche di vendita – lui che, evaso, aveva scalato quella dei dieci criminali più ricercati d’America, la ”Ten Most Wanted” dell’Fbi – era adorato dall’hooligan di Hollywood Quentin Tarantino [...] dal re del noir James Ellroy e dal romanziere colto e buongustaio William Styron, dai professori universitari come dai ragazzi che amano i videogame. Nel 1975, con l’uscita dal carcere e la decisione di provare a vivere, per la prima volta, ”come un essere umano”, l’ex bambino che faceva la faccia da duro ”per arrivare vivo all’ora del rancio serale” era nato per la seconda volta. Ed ecco i libri, le ben pagate sceneggiature per Hollywood, gli amici importanti. La moglie Jennifer, avvocato. L’adorato figlio Brendan. ”Non male per uno che era matematicamente certo di morire prima di compiere trent’anni”. Diceva ridendo: ”Non riesco a inventare niente, scrivo quello che è successo a me o a qualcuno che ho conosciuto dentro”. Così ha raccontato sbudellamenti, torture e alleanze nelle prigioni di provincia e in quelle di massima sicurezza. Lui che, piccolo orfano considerato ”antisociale”, aveva demolito ogni record entrando sedicenne a San Quintino. Per ”Eddie” la prigione era come la guerra, e la sua ambizione era quella di raccontarla come avrebbe fatto Omero. Innamorato dei libri fin da bambino (il preferito: Dostoevskij), detenuto-prodigio che uscì dai test d’intelligenza con un quoziente da scienziato nucleare, ha descritto un’America che sembra essere stata fondata da Hobbes e Goya invece che da Jefferson e Madison. Dove la vita ”dentro” è solo una versione amplificata di quella fuori, e a ogni angolo puoi trovare l’infame che ti salta addosso per ammazzarti, o peggio. Perché nel mondo di ”Eddie” l’unico modo per sopravvivere è non abbassare mai la guardia. E la sola cosa che conta è non chinare mai la testa» (Matteo Persivale, ”Corriere della Sera” 24/7/2005). «Comincio pesante: Come una bestia feroce è il più bel libro sul crimine che ho letto in via mia e Edward Bunker è uno dei migliori scrittori di libri noir oggi in circolazione. Non credo di essere un pazzo, non lo dico solo io, fortunatamente James Ellroy, Quentin Tarantino e tanti altri si sono espressi più o meno nei miei stessi termini. […] Per anni ho pensato che gli scrittori che vivevano una vita intensa, alla Hemingway per intenderci, piena di esperienze ed emozioni risultavano alla fine, romanzieri modesti. […] Bunker mi ha stravolto tutte le carte. […] Il padre era un macchinista nei teatri di posa a Los Angeles e un alcolista. La madre era una ballerina professionista. I due divorziarono e Eddie, a 4 anni, cominciò ad entrare e uscire dai riformatori. A 11 anni venne rinchiuso per un breve periodo in un istituto per malattie mentali, da dove riuscì a fuggire. Fu ripreso e sbattuto in una scuola molto più severa, dove c’erano già criminali e assassini di cinque anni più grandi di lui. A 14 anni fu rilasciato. Dopo un paio di settimane tentò di rapinare una bottiglieria e il proprietario gli sparò ferendolo. Entrò finalmente in una vera prigione, dove era il detenuto più giovane. Lì pugnalò un secondino e finì nel terribile carcere della contea di Los Angeles, dove, a 15 anni, fece amicizia con parecchi detenuti destinati alla sedia elettrica. Venne rimesso in libertà vigilata. In quel breve periodo di libertà fece amicizia con un’attrice comica di una famosa serie televisiva che cercò di occuparsi di lui e di rimetterlo in carreggiata. Iniziò a spacciare e a dedicarsi con entusiasmo al furto. Inseguito dalla polizia, si schiantò contro tre veicoli; venne catturato, e per lui si aprirono le porte di San Quintino. Là dentro si fece quattro anni e mezzo. Incominciò a leggere. Divorava quattro romanzi alla settimana e, con una macchina da scrivere che gli aveva regalato l’attrice, scrisse un romanzo e diversi racconti. Rilasciato, tentò di fare l’onesto e prese a lavorare come autista in un collegio maschile. A 23 anni cercò di diventare lettore di sceneggiature per uno studio di Hollywood ma non ebbe successo. Si ributtò nel crimine. E per quattro anni si inserì nel traffico della droga e della prostituzione. Fu catturato per un giro di assegni falsi e si beccò altri sette anni da scontare a San Quintino. In questo periodo produsse quattro romanzi, che per mancanza di soldi non poteva nemmeno inviare agli editori. Per fare qualche dollaro vendeva il sangue. […] Venne rilasciato nel ”67. […] Una notte, dopo aver scassinato una cassaforte di un bar, venne arrestato dopo un incredibile inseguimento. Si finse psicopatico e gli strizzacervelli, di conseguenza, decisero che era schizofrenico. Lo rinchiusero nella prigione di Vacaville dove fu classificato come detenuto pericoloso. […] Cominciò a scrivere sul serio e fu tutta un’altra storia. Come una bestia feroce è del 1973 e racconta l’impossibilità di un ex detenuto a reinserirsi nella società civile. Max Dembo ci prova […] E’ uno sforzo insensato e cieco che assomiglia a quello del lupo di Jack London che ostinatamente cerca di addomesticarsi, di dimenticare che il suo Dna appartiene alla foresta, al selvaggio» (Niccolò Ammaniti, ”la Repubblica” 30/11/2001). «A differenza di quasi tutti i criminali americani, era bianco. Suo padre faceva il macchinista teatrale a Los Angeles e occasionalmente lavorava per gli studi cinematografici. Sua madre era ballerina e danzava nei film di Busby Berkeley. Il padre finì in ospedale a causa dell’alcolismo e la coppia divorziò quando Bunker aveva quattro anni. A undici fu ricoverato nell’ospedale di Camarillo e l’anno dopo fu mandato al riformatorio di Whitier. Fuggì e quando fu preso, fu spedito in un riformatorio per giovani delinquenti di quattro o cinque anni più grandi di lui, dove passò circa un anno. A quattordici anni fu rilasciato. Dopo appena ventinove giorni fu nuovamente catturato mentre tentava di derubare un negozio di alcolici. Gli costò una condanna al carcere minorile di Lancaster, anche se era considerevolmente più giovane della fascia d’età prevista dalla legge per quella prigione (diciotto-venticinque anni). Fu costantemente a contatto con delinquenti più vecchi di lui. Dopo aver accoltellato una guardia a Lancaster, fu mandato al carcere della contea di Los Angeles, dove, a quindici anni, fu messo insieme ai peggiori criminali. Tra i suoi compagni c’erano assassini in attesa della pena di morte. A causa dell’età e grazie al fatto che il suo avvocato, il noto Al Matthews, si era preso a cuore il caso ed era riuscito a dimostrare che era stato vittima di abusi da parte di guardie carcerarie, il giudice lo ritenne troppo giovane per finire a San Quentin e gli concesse la sospensione della pena e la libertà condizionata. Fu durante questo breve periodo di libertà che conobbe la signora Wallis, moglie del produttore cinematografico Hal Wallis (Casablanca, Becket e molti altri film). Louise Fazenda Wallis cercò di indirizzarlo verso la retta via, ma senza successo. Poi il calendario lo ”proclamò” e quindi, pur non essendo ancora maggiorenne, grande abbastanza per il carcere. Fu durante gli anni passati a San Quentin che scoprì i libri e cominciò a scrivere. Louise Wallis gli regalò una macchina da scrivere portatile e l’abbonamento all’edizione domenicale del ”New York Times” e ”Book Review”. Cominciò a esplorare con entusiasmo il mondo della letteratura, divorando quattro o cinque libri alla settimana, dai due volumi della Storia militare del mondo occidentale alle raccolte di racconti del ”New Yorker”, ai romanzi di Thomas Wolfe, Faulkner, Dreiser, Hemingway, Dostoevskij. Scrisse anche un romanzo, che in seguito giudicò brutto, e molti racconti, nessuno dei quali fu pubblicato. Emarginato, ricadde nella vita criminale. Una notte, dopo aver svaligiato la cassaforte di un bar e dopo un folle inseguimento in macchina, fu nuovamente preso. Al momento dell’arresto finse di essere pazzo. Prese a dire di essere nato nel 1884 e a raccontare di aver avvertito Roosevelt dell’attacco giapponese di Pearl Harbor. Durante la chiamata in giudizio, disse al giudice che la Chiesa Cattolica stava cercando di mettergli una radio nel cervello. L’azione legale fu sospesa in attesa di una perizia psichiatrica. Fu definito ”schizofrenico paranoide cronico grave con allucinazioni uditive e manie di persecuzione”. La sua finzione fu creduta al punto che fu mandato nel carcere di Vacaville, dove fu giudicato un prigioniero ad alto rischio, condizione che si diede da fare per sfruttare a dovere, cogliendo ogni occasione che gli si presentava per blaterare ad alta voce contro i muri. Quando ritornò a Los Angeles per il processo per scasso, pagò la cauzione e tornò in libertà. Di nuovo in strada, cominciò a far la spola tra Los Angeles e San Francisco, gestendo quel che ora chiama un ”modesto impero della droga”. Poi, per incrementare gli introiti, decise di svaligiare una piccola banca di Beverly Hills. Ma la macchina usata per svaligiare la banca era stata munita, a sua insaputa, di un congegno radio dagli agenti della narcotici, che speravano che il segnale rinviato permettesse loro di seguire il gaglioffo nello spaccio di droga. Armato per la rapina, fu seguito da agenti motorizzati e da un elicottero. Li condusse proprio davanti alla porta della banca, dove, scoperte le sue intenzioni, si scatenò un pandemonio: lungo inseguimento in automobile, cattura e conseguente brutale pestaggio. Tentò il suicidio. Fu condannato a cinque anni per il tentativo di furto in banca e a sei per spaccio di stupefacenti, condanne da espiare contemporaneamente. Mentre aspettava il processo, il suo primo romanzo, No Beast So Fierce , fu accettato da una casa editrice. Le accuse di rapina e spaccio di stupefacenti lo introdussero nel sistema penale federale, per cui fu inviato a scontare la pena nel penitenziario di McNeil Island, nello stato di Washington. Ma una volta lì, fu nuovamente preda dei furori antiautoritari e si rifiutò di dividere una cella con altri nove detenuti. Per questa ribellione fu trasportato nella prigione più temuta d’America, lo spaventoso carcere di Marion, in Illinois, che aveva soppiantato Alcatraz come carcere di massima sicurezza e che racchiudeva i peggiori criminali della nazione; un carcere in cui seicento guardie sorvegliavano trecento detenuti. Eppure qui ultimò il suo secondo romanzo, Animal Factory . Un terzo romanzo, Little Boy Blue , uscì nel 1982 e un quarto, Dog Eat Dog (Cane mangia cane) nel 1996. Nel 1973 uscì No Beast So Fierce , che ebbe successo di critica. A questo punto era già una leggenda nelle prigioni e la sua notorietà si era estesa al mondo esterno. Aveva scritto articoli arrabbiati per The Nation e un saggio caustico in cui affrontava la crisi razziale nelle prigioni americane per Harper’s Magazine , che lo citava con rilievo sulla copertina; la sua tesi - che l’irriducibile ostilità tra neri e bianchi in prigione avrebbe portato alla catastrofe - fu molto dibattuta. L’articolo e la pubblicazione di No Beast So Fierce furono di grande aiuto nel fargli ottenere la libertà nel 1975. D’allora si è tenuto lontano dalle prigioni. Attualmente vive con la moglie a Los Angeles, dove continua a scrivere romanzi e dove ha ottenuto successo come sceneggiatore. Nel 1978 No Beast So Fierce è stato portato sugli schermi con il titolo di Straight Time ( Vigilato speciale), interpretato da Dustin Hoffman. Nel 1985 è stato coautore della sceneggiatura di un film di successo, The Runaway Train ( A 30 secondi dalla fine), i cui protagonisti, Jon Voight e Eric Roberts hanno ottenuto la nomination all’Oscar. Nel 1999 sono terminate le riprese di The Animal Factory» (William Styron, ”Corriere della Sera” 17/7/2002).