15 febbraio 2002
Tags : Francesco Burdin
Burdin Francesco
• . Nato a Trieste il 26 maggio 1919, morto a Roma il 16 dicembre 2003. Scrittore. «Gli è stata assegnata un’etichetta: l’appartenenza, lui scrittore nato a Trieste e passato a Roma, a una tradizione narrativa mitteleuropea. Certo, gli idola da lui messi avanti, perfino con ostentazione, saranno Musil, Broch, Schnitzler, Canetti e, per il côté triestino, Joyce. Patroni incontestabili, ma bisognerebbe controllare sui testi l’aura della discendenza e la sua originalità. [...] Il fatto è che Burdin non ricalca semplicemente alti modelli: parla naturalmente il dialetto del loro inconscio, per dirla appunto con Freud. [...] Nella sua lunga carriera scrittoria, ha avuto consensi di critica e di pubblico; ma, penso, non commisurati alla sua importanza. Una cosa è certa: quanti (autori, critici, lettori) si sono dannati a rovistare nella natura del romanzo, nel secolo, gli debbono qualcosa, lo sappiano o no. quello che conta» (Giuliano Gramigna, ”Corriere della Sera” 22/11/2001). «Apprezzato come narratore da Elio Vittorini, che fu fra i primi a coglierne l’originalità, viene generalmente associato dalla critica alla tradizione mitteleuropea che lo ha nutrito e che, in Italia, fa riferimento a Svevo, Stuparich, Mattioni e così via. La sua opera, tuttavia, che comprende una decina di romanzi oltre ai libri di racconti e raccolte di aforismi, va al di là dell’apparenza: anzi, uno dei suoi principali estimatori, Giuliano Gramigna, ha scritto a proposito di uno dei suoi ultimi romanzi (Apoteosi di un libertino, Spirali 1994): ”Un gran libro conclusivo; come Antropomorfo (Marsilio, 1979) e Davemport (Spirali, 1983) dovrebbe essere chiamato in causa quale punto di riferimento indispensabile della nostra narrativa del cinquantennio. Una cosa è certa, quanti (autori, critici, lettori) si sono dannati a rovistare nella natura del romanzo, nella seconda parte del Novecento, gli debbono qualcosa, lo sappiano o no”. Le storie di Burdin, frutto di un’inventiva ai limiti dell’eccentrico, sono insieme drammatiche e grottesche, talora con un taglio paradossale e ironico, ma dal risvolto tragico: il tutto sottolineato da forme espressive tali da scardinare il linguaggio e le strutture narrative. Fra i suoi romanzi più riusciti vanno ricordati Eclisse di un Vice Direttore Generale (Rizzoli, 1969) e Marzo è il mese più crudele (De Donato, 1973), concentrati sul tema della caduta, del tramonto, della eclisse che coinvolge inesorabilmente chi detiene il potere, raffigurato attraverso allucinati scenari burocratici ed esistenziali. Nel 1992, a cura dell’Istituto giuliano di storia e documentazione, aveva pubblicato Frammenti di un mondo in bilico, 389 aforismi che hanno accompagnato lungo gli anni la sua opera narrativa» (’Corriere della Sera” 17/12/2003).