varie, 15 febbraio 2002
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BURGNICH Tarcisio Ruda (Udine) 25 aprile 1939. Ex calciatore. Terzino destro e poi libero, è cresciuto nell’Udinese
BURGNICH Tarcisio Ruda (Udine) 25 aprile 1939. Ex calciatore. Terzino destro e poi libero, è cresciuto nell’Udinese. Poi ha giocato un anno nella Juventus, uno nel Palermo e nel 1962 è passato all’Inter dove è rimasto fino al 1974, vincendo 4 scudetti, 2 Coppe Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. Ha chiuso la carriera al Napoli. Il suo bilancio in serie A è di 580 partite e 23 gol. Ha giocato 60 partite (con due gol) in nazionale: debutto il 10 novembre 1963 a Roma in Italia- Urss 1-1 (qualificazioni europee) con Fabbri c. t. La prima panchina è stata quella del Livorno. Poi sono venute quelle di Catanzaro, Bologna, Como, Genoa, Vicenza, Cremonese, Salernitana, Foggia, Lucchese, Ternana e Pescara • «Un asfissiante mastino capace di mettere la museruola ai più grandi attaccanti del mondo, mantenendosi in una linea di correttezza che in un difensore significa soprattutto classe. E di classe ne aveva tantissima, Burgnich, che fu caposaldo della difesa della Grande Inter di Helenio Herrera, uno dei reparti più granitici della storia del calcio. L’ascesa parte dal suo paesino, dove lo scova un talent scout dell’Udinese, subito colpito dall’asciuttezza dello stile: nessuna concessione alla platea, l’annullamento dell’attaccante avversario, in anticipo di piede o sovrastandolo negli stacchi di testa, e la battuta lunga di destro a disimpegnare. Il debutto in A è precoce, così come il passaggio alla Juventus come promettente virgulto. Ma l’ambiente della signora stritola il ragazzo friulano, chiuso e timido per quanto in campo il suo stile viene scambiato per ruvido. Finisce così a ”farsi le ossa” nel Palermo, in A, da dove in una sola stagione decolla verso l’Inter […] La ”roccia”, come viene soprannominato per la sua indistruttibilità, arriva in nazionale nel novembre 1963, la coppia con Facchetti è la più forte del mondo […] la rigorosa vita professionale promuove una straordinaria longevità atletica. Trasformatosi in libero dalle perentorie chiusure, lascia l’Inter per il Napoli […] Sotto il Vesuvio è di nuovo protagonista, partecipando tra l’altro senza scomporsi agli esperimenti zonisti di Vinicio […] Pelé volò in cielo, quella volta, per cannoneggiare di testa Albertosi […] ”Credevo di essere saltato altissimo, ma quando ricaddi a terra mi girai e Pelé era ancora in aria, sarebbe bastato toccarlo, sbilanciarlo e non avrebbe segnato”. Come dire: la lealtà certe volte è un limite» (Carlo F. Chiesa, ”Calcio 2000” marzoi 1999) • «[...] ho cominciato a otto anni, a Ruda, in Friuli. Volevo diventare un calciatore, ci sono riuscito. Era una passione, è diventato un mestiere bellissimo. Sono stato un uomo molto fortunato, ho avuto tutto e se tornassi indietro rifarei quello che ho fatto. Tutto. La mia è stata, è una bella vita. Io ho fatto dodici anni all’Inter. Pensi, dodici. Ogni tanto mi dicono: ”Tarcisio, sul giornale hanno messo ancora la fotografia di te e Pelé”. Pelé che salta e fa quel gol e io che sono a braccia aperte, sovrastato. Sembra che godano. E io rispondo, qualche volta anche sgarbato: ”E allora? Io c’ero. Io sono lì, in quella foto, con Pelé, Italia-Brasile. Io ci sono. Tu dov’eri? Tre mondiali, ho fatto. Tre. Eh, sa, te la tirano fuori... [...] L’Inter è stata l’Inter. C’era il Mago, c’erano Giuliano, Armando, Giacinto, Sandro, Mario, Peirò, Suarez, Jair. Il Mago ha cambiato il calcio e ha cambiato le nostre vite. Ho voluto molto bene all’Inter e ho sofferto quel giorno ad Appiano quando Janich del Napoli mi ha detto: ”Adesso sei dei nostri’. Come, dei vostri? Mi avevano ceduto, senza dirmi niente. Lo sapevano tutti e non lo sapevo io. Certo, avevo 34 anni, non ero più uno sbarbato. Ma ditemelo, ho fatto dodici anni con voi. Poi passa tutto, sono andato a Napoli con un ginocchio malandato, ma ho lavorato bene, credo, altri quattro anni [...] Penso di aver fatto benino anche alla Juventus. Ero arrivato all’inizio del 1960, da Udine, convinto di rimanere. E invece mi hanno dato al Palermo. C’è stato il cambio dei portieri, Anzolin- Mattrel, ero probabilmente compreso nell’operazione. Ci sono stati problemi, avevo giocato nella Juve campione d’Italia e non volevo andar via, chiedevo una certa cifra, non erano d’accordo. Sono stato anche deferito. Inizio difficile, poi stagione esaltante. Mi sono divertito, abbiamo giocato un bel calcio e in casa abbiamo battuto l’Inter. Uno a zero, gol del brasiliano Fernando, un buon giocatore. Il Mago Helenio era convinto di fare sfracelli. ”Siamo i più forti, non ci sarà partita", diceva. Invece le hanno prese [...] Siamo arrivati ottavi, con trentacinque punti, la Juve quell’anno ne ha fatti ventinove. L’unico problema è che eravamo sotto Lega [...] Gli incassi delle partite erano tutti sequestrati dalla Lega calcio che ci ”girava” gli stipendi. Tutta Palermo sapeva quando pagavano, l’ultimo non è mai arrivato. A fine campionato siamo partiti per l’America, in tournée, ingaggio tremila dollari. La prima della mia vita. Abbiamo fatto un volo che non finiva mai. Siamo atterrati in Scozia, dove è salita una squadra. Poi in Germania ne abbiamo imbarcata un’altra. A New York abbiamo giocato una serie di amichevoli e quelli della comunità siciliana diventavano matti, erano felici. Il Palermo negli Stati Uniti, bellissimo. Abbiamo fatto una grande sfilata a Little Italy [...] Ho avuto molti giocatori, li ricordo con affetto e riconoscenza. Soprattutto certi momenti, la salvezza con il Como nel 1988, l’anno dello scudetto del Milan di Sacchi. A Foggia, a Terni, il periodo di Catanzaro, settimo posto in serie A. Purtroppo ho lavorato spesso in situazioni economiche difficili. Ma rifarei tutto, un posticino in questo mondo me lo sono ritagliato [...]» (Germano Bovolenta, ”La Gazzetta dello Sport” 30/1/2005).