15 febbraio 2002
Tags : Richard Burns
Burns Richard
• . Nato a Reading (Gran Bretagna) il 17 gennaio 1971, morto il 25 novembre 2005. Pilota. Di rally. Ha debuttato nel Mondiale al Rac ’90 cogliendo la prima vittoria 7 anni più tardi in Kenya. In totale ha disputato 105 gare, vincendone 10, ha vinto il mondiale nel 2001 con la Subaru, primo inglese iridato del rally. «[...] Si è arreso [...] dopo oltre due anni di sofferenze. E di lotte contro uno di quei mali che non lascia quasimai scampo. Aveva 34 anni. Era il 2 novembre del 2003 quando s’erano manifestati i primi sintomi: un giramento di testa mentre, in auto, si stava recando nel Galles per la gara iridata ed era andato a sbattere. Niente di grave, ad evitare il peggio con un colpo di volante ci aveva pensato Markko Martin, al quale aveva offerto un passaggio. Stanchezza, avevano diagnosticato i medici del pronto soccorso nel quale era stato portato per un controllo. E l’avevano dimesso. A smentirli, poche ore dopo, un altro improvviso black-out. Un’altra corsa in ospedale,una serie di esami approfonditi e la sentenza. Dura, spietata: tumore al cervello. Le cure intense, alle quali è stato sottoposto non sono bastate a sconfiggere la malattia. Non è bastata la sua voglia di battersi come ha fatto fino all’ultimo, la stessa con la quale per anni si era battuto contro gli avversari sulle strade dei rally. Sono servite solo ad alimentare l’illusione di chi gli voleva bene. Di Zoe, la sua compagna, che gli è stata vicino fino all’ultimo, di Robert Reid, il copilota che ha diviso con lui tredici anni di corse, dei tanti rivali che negli ultimi ventiquattro mesi si sono ritrovati spesso nel suo cottage annegato nel verde dell’Oxfordshire. Per salutarlo, per dirgli di non mollare. Ma anche delle moltitudini di appassionati che hanno tifato per lui con ancor più intensità di quando lo aspettavano in prova speciale per vederlo all’opera. Spellandosi le mani per lui. Non aveva ancora diciotto anni quando era comparso per la prima volta sul palcoscenico mondiale. Nel ’90, in quello che allora ancora si chiamava Rac Rally, con una Peugeot 309 aveva chiuso al terzo posto in Produzione. S’era appena fatto vedere e nell’austera Gran Bretagna già c’era chi era pronto a scommettere su quel ragazzo allampanato e timido. I successi rastrellati nel Regno Unito nelle stagioni successive avevano consolidato la convinzione che i giorni cupi per i supporters inglesi stessero finalmente per finire. ”Il giorno che Burns avrà un’auto competitiva, tenerlo dietro sarà dura per tutti”, dicevano e scrivevano i cronisti dall’altra parte della Manica. L’ha avuta: una Subaru Impreza 555 ufficiale, curata e assistita dalla Prodrive. Tre partenze, un solo arrivo nel ’94, quattro partenze e due arrivi l’anno dopo. Con qualche inevitabile eccesso, ma anche con diversi tempi che solo chi possiede davvero talento può realizzare. Insufficienti a garantirgli la riconferma nella squadra di David Richards e comunque decisivi per convincere Andrew Cowan ad offrirgli una Mitsubishi con un contratto triennale. ”Richard deve solo fare esperienza, i risultati arriveranno”, ripeteva convinto il team-manager scozzese. Preoccupato che il giovanotto con i capelli rossi esagerasse per stare davanti a Tommi Makinen, il numero uno della squadra. Parole piene di buon senso, quelle dell’ex-pilota.Non sempre ascoltate, però. Burns aveva fretta, tanta fretta. E il suo debutto con la berlinona nipponica era finito rovinosamente poco dopo il via. Ma qualche mese dopo, in Nuova Zelanda, era stato lui a spruzzare champagne dal gradino più alto del podio alla fine di una gara non valida per il mondiale e tuttavia dura, con un albo d’oro importante. Che a spuntarla agli antipodi nelle due edizioni precedenti fosse stato Colin McRae, era servito ad alimentare una rivalità già acclamata. ”Non sono e nonvoglio diventare l’erede di Colin. Il mio modello, caso mai, è Juha Kankkunenche va fortissimo e non sbaglia quasi mai”, ribatteva Burns a chi gettava benzina sul fuoco subito dopo aver vinto il suo primo rally mondiale, nel ’98 in Kenya. Proprio dove il finlandese aveva centrato il primo successo iridato. Troppo diversi, i due, per andare d’accordo. Difatti non hanno mai fatto fatica e recitare la parte dei due rivali. Seguendo, consapevolmente o no, un copione scrittoda David Richards. ”Per quest’anno non posso rivincere il mondiale, ma farò di tutto perchè non lo vinca un inglese”, annunciava il bollente scozzese alla vigilia del Great Britain Rally del ’99. ”Dicono che la playstation lo ha reso famoso, ma in realtà milioni di ragazzini nel mondo pensano che McRae sia solo il nome di un videogame”, sentenziava l’inglese due anni dopo, con in tasca il titolo iridato. Battute, solo battute. Fra i più assidui a far visita a Burns negli ultimi due anni è stato proprio il ragazzaccio di Lanark. ”Richard era allo stesso tempo un amico ed un feroce avversario - ha commentato commosso McRae -. Siamo stati protagonisti di gare molto combattute, soprattutto in Gran Bretagna nel 2001,quando si aggiudicò il titolo. Negli ultimi due anni l’ho visto spesso e posso dire che la sua più grande battaglia è stata contro la malattia. Nel mondo dei rally, Richard mancherà molto”» (Guido Rancati, ”La Gazzetta dello Sport” 27/11/2005). «Una carriera vissuta nell’ombra di un mentore-rivale troppo ingombrante, due volte arrivato a un soffio dal titolo senza però riuscire ad agguantarlo, il pilota che un tempo la Gran Bretagna sembrava aver dimenticato si è riscattato togliendosi di dosso l’etichetta di perenne secondo maturata negli [...] anni: ”[...] Il 2001 doveva essere il mio anno, lo dicevano tutti, eppure era iniziato malissimo. La seconda parte del campionato è andata meglio, ma alla fine la pressione era diventata enorme. Quando sei a un passo dalla vittoria non è facile reggere, ma ce l’abbiamo fatta”. Chapeau: perché Burns ha retto laddove ha ceduto l’uomo che [...] lo aveva eclissato. Sapendo di essere in odore di titolo non ha rischiato. Ha abbandonato il sogno di diventare il primo pilota in assoluto a vincere quattro volte consecutive sul suo terreno preferito, le fangose foreste del Galles meridionale, si è lasciato superare dall’ex campione del mondo Marcus Gronholm e da Harri Rovanpera, ha tagliato il traguardo con un ritardo di tre minuti e 27 secondi: ma ha portato a casa abbastanza punti per conquistare il mondiale. Una strategia ponderata e pesata al milligrammo [...] In 14 round è arrivato primo una volta sola, in Argentina, ma negli ultimi sei eventi ha guadagnato 29 punti. Quanto bastava. lui adesso a essere al centro dell’attenzione, non McRae, il pilota che lo aveva ispirato quando lavoravano insieme per la Subaru, negli anni Novanta, e che poi lo aveva aspramente criticato sino a diventare un tormento. [...]» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 26/11/2001).