Varie, 15 febbraio 2002
BUTTIGLIONE
BUTTIGLIONE Rocco Gallipoli (Lecce) 6 giugno 1948. Politico. Laureato in Giurisprudenza, laurea honoris causa dall’Università cattolica di Lublino. Docente universitario, prorettore dell’Accademia internazionale di filosofia del Liechtenstein, consultore della Pontificia commissione justitia et pax e della Pontificia accademia delle scienze sociali. Ha militato in Comunione e liberazione. Deputato dal 1994, già segretario del Ppi, poi del Cdu. Ministro per le Politiche comunitarie nel Berlusconi II. Ministro dei Beni Culturali nel Berlusconi III. «[...] Leggenda vuole che nei colloqui con con Papa Woitjla parlasse in polacco, così come lo si dice capace di prendere appunti in tedesco. Ma poliglotta il pugliese Buttiglione lo è davvero, docente di Scienza delle Politica all’Università S. Pio V. Amico e assistente per vent’anni del filosofo cattolico Augusto Del Noce, col quale si era laureato in Giurisprudenza, ha avuto la laurea honoris causa in Filosofia dall’università Cattolica di Lublino e frequenta l’American Enterprise Institute dei neocon americani. ”Philosopher-politician”, lo qualificano le biografie straniere. Ma lo si potrebbe dire anche filosofo imprestato alla politica, o comunque neofita, visto che è diventato deputato solo nel 2001 e prima si limitava a militare in Comunione e Liberazione. La carriera da politico politicante comincia da segretario del Partito popolare, dopo che la Dc si è infranta sotto i colpi di Tangentopoli. In quei marosi non era facile orientarsi. E di Buttiglione leader ancora oscillante si ricordano infatti due episodi, due pranzi memorabili, entrambi del ”94. Quello ”dei gamberoni” a Gallipoli, con l’allora segretario dei Ds e suo conterraneo Massimo D’Alema, che voleva tirarlo dalla sua parte. E quello ”delle sardine” a casa di Umberto Bossi, poco prima del famoso voltafaccia. Quindi la fondazione della Cdu, che sceglie definitivamente il centrodestra e poi si fonderà col partito di Casini e Follini. Gli stranieri però per scoprirlo dovanno aspettare [...] quando, mandato a fare il Commissario per i Diritti nella nuova commissione europea, sollecitato a pronunciarsi sulll’omossesualità in una audizione, ha polemizzato con i gay pronunciando più volte la parola ”peccato”. Suscitando scandalo e rimostranze che gli valsero quel posto. ”L’unica cosa che non posso fare è cambiare sono i miei principi contro la mia coscienza per ragioni politiche” disse allora. Parole apprezzate Oltretevere [...]» (’La Stampa” 23/4/2005). «Erede di una famiglia di militari che gli ficcò in testa valori d’altri tempi (’Abolire la pena di morte in guerra è un errore: se il commilitone fugge mentre infuria la battaglia io gli sparo. Servirà di esempio”), cresciuto leggendo Marx, Horkheimer e Topolino (’Da ragazzo non sopportavo i preti, le messe e tutti quelli che mi stavano intorno, gente con le spalle strette che si guardava sempre i piedi per paura di cadere in tentazione”), approdò alla fede grazie a don Giussani, il fondatore di Cl. Del quale il giovane Rocco, che si vanta d’essersi laureato senza studiare giacché a ogni esame gli bastava ”guardare la bibliografia avendo già letto tutto”, divenne uno dei teorici. Individuato il nemico nel relativismo etico ”come convinzione che non esistono dei valori ma che la vita è regolata soltanto, direbbe Eliott, dall’usura, dalla lussuria e dal potere”, tenta da allora d’aggiornare, con parole più raffinate, s’intende, l’antico obiettivo del quarantottino Padre Lombardi: trasformare la società ”da selvatica a umana, da umana a divina”. Esordì dando battaglia nel referendum contro quel divorzio che per Amintore Fanfani avrebbe fatto dei beni della famiglia ”la preda di fameliche concupiscenti e venali concubine”. Proseguì firmando con Augusto Del Noce e Armando Rigobello manifesti che intimavano: ”Insegnanti e genitori cattolici devono impegnarsi, con una mobilitazione totale, affinché l’insegnamento della religione nelle scuole diventi una realtà viva e operante per il maggior numero di studenti, sconfiggendo il progetto assenteista del laicismo risorgente che contesta non solo le leggi divine ma anche quelle dello Stato”. Da allora, non ha perso occasione per ribadire con cocciuta coerenza (l’unico a metterla in dubbio fu Berlusconi: ”Chi dice che alle trattative tra la componente cattolica del Polo e Pannella ci siano state divergenze su valori cattolici mente senza pudore: non ho mai sentito parlare nè di valori cattolici nè di principi”) tutto ciò in cui crede. No al divorzio: ”Non deve ripetersi ciò che accadde nel ”74 all’’epoca del referendum quando l’Azione Cattolica mantenne una posizione agnostica, né pro né contro”. No all’aborto (’Per noi la revisione della 194 è più importante della devolution”) con un grande sforzo culturale che porti ”alla reintroduzione della sanzione penale”. No ai profilattici a scuola contro l’Aids: ”Chi li vuole li può trovare in farmacia ma venderli nelle scuole è contrario ai principi cattolici. Il messaggio da inviare ai giovani è che l’astinenza oltre a essere l’unico modo per evitare pericolose malattie come l’Aids è un valore importante che prepara al matrimonio”. No alla facoltà decisa dall’Europa di scegliere una festività settimanale diversa dalla domenica: ”Non mi piacerebbe che fosse affidata all’Europa, e non alla nazione italiana, la scelta di rango da dare alla domenica”. E poi no alle nozze gay: ”Che senso hanno? Il matrimonio è la protezione della madre. Dove non c’è madre non c’è matrimonio”. E no alla concessione alle coppie omosessuali delle case popolari, concedibili invece (massì, abbondiamo!) alle coppie di fatto eterosessuali: ”Credo che lo Stato abbia tutto l’interesse a tutelare queste famiglie che abbiano carattere di stabilità e facciano figli. Ma per le coppie gay non ne vedo il senso. Tanto più che quel tipo di coppie in genere non è stabile. Infatti l’Aids è tra loro così diffuso anche per la tendenza alla promiscuità”. No al ”Gay Pride” a Roma: ”Non ha nulla a che fare con l’omosessualità come tale: la marcia difende la rivoluzione sessuale, le esposizioni provocatorie del corpo umano considerato come occasione di piacere”. No alla riforma della scuola con un anno di approfondimento sul Novecento: ”Ai nostri ragazzi si dirà che il fascismo era tremendo, che il nazismo lo era di più, ma si dirà loro anche che il comunismo, tutto sommato, andava bene. Tutto ciò corrisponde a un progetto che vuole strappare dal cuore dei nostri giovani i valori cristiani”. No al modernismo che ha segnato ”buona parte del cattolicesimo politico. Una cultura che ha sognato una società perfetta dimenticando che gli uomini stanno sotto il segno del peccato originale”. ”Mi sembrava d’aver annusato odore d’incenso!”, rise Umberto Bossi incontrandolo in Quirinale il giorno del giuramento del governo. Lui, onore al merito, non fece una piega. Come non la fece quando Francesco Cossiga, ridendo del suo via vai da destra a sinistra e da sinistra a destra, sbottò: ”Scusate, sapete mica dirmi a quest’ora come la pensa Buttiglione?” Battuta carogna. E immeritata almeno sul fronte della fedeltà a certe tesi. Ribadite perfino tra le invettive di un filo diretto a Radio Radicale: ”Tutti son liberi di chiamarmi bigotto e intollerante ma io, altrettanto liberamente, posso definire il comportamento omosessuale tecnicamente indice di disordine morale”» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 8/10/2004). «L’uomo, va detto, non ha problemi di autostima [...] Ama definirsi ”l’assistente numero uno del professor Wojtyla”, nel senso di esegeta e interprete più autentico del Santo Padre. Se lo si definisce l’ideologo di Comunione e liberazione, non dice di no. Vanta appassionatamente i propri titoli accademici, ma anche esperienza di ”arti marziali”. Citando dal sito del ministero per le Politiche comunitarie: ”Ordinario di Filosofia della politica a Teramo, fondatore e prorettore dell’Accademia di filosofia del Liechtenstein, ha tenuto lezioni e seminari di Etica presso l’Università cattolica di Lublino che gli ha conferito la laurea honoris causa”. Attualmente figura nel corpo docenti della ”Libera università degli studi S. Pio V”, istituto privato romano pioniere nel tele-insegnamento, con filiali distaccate a Rossano (Cosenza), Agropoli (Salerno), Gallarate (Varese). [...] moglie, quattro figlie, oltre a diversi congiunti collocati strategicamente nei gangli dell’informazione tv. La sorella maggiore, Angela, è attualmente direttore della testata regionale della Rai, con una promozione a direttore di Raiuno ritenuta questione di giorni. La sorella minore, Marina, è vaticanista al Tg5. Il cognato Tommaso Ricci, marito di Marina, è capo della cultura al Tg2. Ben collocati, appunto. Tanto più considerato il debole del professore per tutto ciò che attiene a giornali e tv. Perché Buttiglione ama teneramente apparire, esternare, concedersi, meglio se la domenica pomeriggio e in maniche di camicia, alle telecamere dei tg. Qualsiasi cosa scrivano di lui, non se la prende quasi mai, fedele al motto: si parli anche male di me, purché se ne parli. Odia solo la fama di gola profonda dei consigli dei ministri e delle altre riunioni riservate che qualche detrattore gli ha cucito addosso. Fra le altre debolezze del neocommissario, oggi che l’amato cane lupo Theo non c’è più, spirato dopo quattordici anni di onorata carriera in casa Buttiglione ("siamo ancora in lutto”, confida rabbuiandosi il capofamiglia): i sigari toscani, le belle donne, le lingue straniere. Buttiglione parla inglese, francese, polacco (imparato, confida, leggendo le opere di papa Wojtyla in lingua originale), portoghese (assai utile per colloquiare senza intermediari con il neopresidente Ue Barroso). Considera il tedesco la sua seconda lingua, perché è la lingua della filosofia, spiega, e perché è la più sintetica per prendere appunti. Fino al 1994 il professor Buttiglione faceva appunto il professore, assistente prediletto del filosofo Augusto Del Noce. Nel ”94, il Ppi in crisi decide di affidarsi a una guida presa dalla società civile e lo elegge segretario. Lui, Buttiglione, accetta schivo, giurando che manterrà la barra fissa al centro. Quando invece sterza rapidamente verso Berlusconi, il Ppi si scinde in due e lui fonda il Cdu, alleato del Polo. E’ solo questione di tempo, però. L’Ulivo infatti vince le elezioni. Buttiglione si risposta verso il centrosinistra, partecipando all’esperimento dell’Udr cossighiano e permettendo la nascita del governo D’Alema. Salvo riavvicinarsi, tempo un altro paio d’anni, al centrodestra. Alle ultime europee è arrivato settimo nella lista Udc al Sud. Il suo motto: ”Io sono fermo al centro, sono gli altri che si spostano"» (Barbara Jerkov, ”la Repubblica” 24/6/2004). «Personaggio da intervista radiofonica approfondita, colta, ironica elegante, ma anche ”uomo misterioso” di Harem, carne da Porta a Porta (con cane Teo, pure) e da Costanzo show. Un giorno te lo potevi trovare a Baghdad, da Tarek Aziz; un altro giorno in un ristorante di Gallipoli, sua città d’origine, a tavola con Massimo D’Alema. Accadde prima del ribaltone, spiazzando il commento in versi di Gaio Fratini: ”D’Alema e Buttiglione / s’incontrano a cena / per fare il partitone / dell’opposizione / e han già trovato il simbolo: / un gamberone”. Straordinaria presenza teatrale, occhi vaganti oltre l’orizzonte del possibile, un volto, un’andatura, una flemma che hanno via via impressionato Montanelli, Forattini, Dario Fo, Umberto Pizzi. Ma tutti, in fondo. Allievo prediletto di Augusto Del Noce, fautore di un pensiero forte, contro-rivoluzionario, alla De Maistre, però pizzicato fuori-onda da Striscia la notizia mentre inciucia con Tajani e si gratta con noncuranza un calzino. Poi chiede un miliardo di risarcimento alla Fininvest. Un sali-scendi culturale, un dentro-e-fuori esistenziale, un alto-e-basso entro cui si collocano le premesse simboliche e cognitive della vita pubblica di questo tempo. La lotta al relativismo e la candidatura a Funari; gli appunti presi direttamente in tedesco e le cene elettorali con il suo capo della segreteria, a nome Catone; la cattedra nel Liechtenstein, il sigaro di potere tra le labbra e l’incontro con Valeria Marini, che gli fa: ”Oh sì, complimenti, a scuola la filosofia era la mia materia preferita!”. Anche la sua. Ma da filosofo, come ha scritto una volta Michele Serra, ”egli deve aver deciso che non bastava studiare l’Enigma: bisognava incarnarlo”. E così è stato, sempre in piena onestà. L’uomo non ha vizi ”maggiori”, come diceva Andreotti. E’ intelligente e brillante, se vuol esserlo. Non è avido. Sa che il potere è provvisorio, e che siamo tutti appesi a un filo. Anche per questo un po’ dispiace che [...] quando decise di restituire i quattrini che Calisto Tanzi aveva elargito di persona al Cdu, non lo volle annunciare lui - che sarebbe stata una bellissima idea - ma fece dire al suo capo della segreteria, Rotondi. Già ardente collaboratore del Papa e poi raffreddatissimo notabile dell’immiserita scena politica italiana, ora al centro, ora a destra, ora a sinistra, ora di nuovo al centro, ora ancora a destra, domani chissà. Mago delle scissioni, per forza d’abitudine specializzatosi in ricadute condominiali, telefoni staccati, serrature da cambiare, dipendenti da sistemare, frasi offensive rivolte al povero Gerardo Bianco, tipo ”dopo tre giorni l’ospite puzza”, altrettanto spiacevoli quelle ricevute in cambio da Rosy Bindi, che una volta disse che era matto, però visto che la moglie era psichiatra, beh, insomma, era una fortuna. La signora Buttiglione, effettivamente, si occupa di cervelli. E’ anche una brava psicanalista, c’è chi dice freudiana, ma questo non ha troppa importanza. Ciò che conta davvero, almeno a consultare copiosissimi archivi, è il buttiglionesimo, o meglio il buttiglianesimo come entità variegata e personalizzatissima della politica italiana come si è ridotta. Perché il professore è stato con tutti e contro tutti, ha paragonato Bossi a Hitler, ha ringraziato Dio dopo un incontro con D’Alema, forse quello del gamberone, e raccomandato Berlusconi alla Madonna. Una volta ha stracciato la ”Padania” in pieno Transatlantico, un’altra ha proposto a Dini una fusione, un’altra ancora voleva mettere Antonio Gava in lista. Ogni tanto vorrebbe cambiare la legge sull’aborto, ma fra le trovate più pregevoli del buttiglianesimo va considerata quella, tuttora inspiegabile, di sostituire Fratelli d’Italia con Va’, pensiero. Si muovono simboli, vibrano archetipi, scattano presagi. Solo lui poteva rimanere bloccato nell’ascensore nella sede di Alleanza Democratica. Per lui solo il ”Foglio” ha ripristinato nel linguaggio corrente giornalistico il participio futuro latino, ”Tradituro”. E sempre in nome suo una pubblicazione appena immessa sul mercato (Ultime notizie) ha usato la seguente pubblicità: ” scritta in modo così chiaro che capirai persino le tesi di Buttiglione”. (Per inciso: la pubblicazione è cessata, mentre Buttiglione se ne va in Europa, e così sia). Ha detto una volta, in polemica con un prelato: ”Il Cristianesimo non è la religione dei puri e dei perfetti, ma degli schiavi, dei peccatori e degli imperfetti che tuttavia vedono nella Croce un segno di cambiamento”. Chi dubita nel peccato originale non riesce troppo ad appassionarsi a Rocco Barocco Tarocco Buttiglione. Che è anche il nipote del famoso colonnello della Caserma Zanzibar ad Alto Gradimento. Confermato a Renzo Arbore nel Meeting dell’Amicizia dell’agosto 2002» (Filippo Ceccarelli, ”La Stampa” 24/7/2004). «Profeta nato postumo. Ha l’umiltà e la serena convinzione che il mondo proceda dall’alito del suo pensiero. Pubblica periodicamente sotto lo pseudonimo di ”Giovanni Paolo II”. Non compulsa altri testi sacri all’infuori di quelli scritti di suo pugno, comprese le encicliche di cui sopra. Politicamente originale, alla vigilia della discesa nell’agone politico di Silvio Berlusconi, si presentò ad Arcore per tentare di convincere l’imprenditore a non fare sciocchezze, e che in ogni caso ci avrebbe pensato lui a trovargli un seggio Ppi in Parlamento. Di scissione in scissione, tranne la croce, non gli è rimasto più niente del fienile democristiano. E’ fissato con il progetto di un Grande Movimento di Ricomposizione Cattolica o, piuttosto, un Grande Centro. ”Per questo”, promette, ”disgregherò” i due poli. Disgregare per disgregare, è maniaco del ribaltone. Dopo il primo giro di valzer con Berlusconi, ballò il tango argentino con Bossi, la movida caraibica con D’Alema, un lento andaluso con Dini, di nuovo il tip-tap col Cavaliere e, infine, ha ricominciato a volteggiare col Gran Picconatore. Un suo compagno di partito ha spiegato così il mistero del filosofo più incartato del mondo: ”Il problema è che della politica capisce solo gli incroci, nel senso che prima di trovare la strada giusta si butta su tutte le altre a peso morto”» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini”, 3/10/1998). «Per Buttiglione la politica è espressione della religione, ed è questa la sua sola coerenza, in nome della quale ha voltato tutte le gabbane, ha militato in tutti gli schieramenti, di destra e di sinistra, ha fatto saltare governi, ha organizzato ribaltini e ribaltoni. Come tutti i politici italiani anche Buttiglione agogna alla poltrona, ma per occuparla con lombi papalini. Per noi italiani insomma il bigottismo colto e militante di Buttiglione è come la gobba di Andreotti. Da decenni è ”al servizio di Dio”, la sua politica è sempre stata pratica sacrestana, da ragazzo si è convinto che lo Stato è una militia Christi e da allora non è più guarito. [...] Tuttavia non ci piace dargli dell’oscurantista e non solo perché sarebbe banale, ma perché egli è molto di più, la sua politica è una giostra di finte e controfinte: Buttiglione è un fantasista di Santa Romana Chiesa. E non ci piace neppure che i suoi avversari, così spesso portatori di ideologie altrettanto oscure, gli diano dell’oscurantista, perché l’Italia laica è ipervaccinata, Buttiglione fa parte del nostro arredamento parlamentare, e ci siamo persino affezionati alle sue bizze parrocchiali. Altri, che si espongono meno, pregano e fregano molto più di lui. [...] Rocco Buttiglione è un politico esperto, è ricco di dottrina, non è un uomo falso perché davvero pensa di servire Dio, è di buoni sentimenti, sa egregiamente usare l’arte democristiana della mediazione. [...]» (Francesco Merlo, ”la Repubblica” 12/10/2004). «Le due più grandi trasgressioni della vita del professor Buttiglione sono state una tazza di mate (bevanda colombiana che qualcuno colloca tra le droghe leggere) e un voto a favore del governo D’Alema (uomo politico che Berlusconi classifica tra i bolscevichi pesanti). Per il resto, non gli si conosce una scappatella e nemmeno un parcheggio in doppia fila. un uomo pio, un sincero devoto, dal quale solo la puzza del sigaro tiene lontano l’odore di santità [...]» (Sebastiano Messina, ”la Repubblica” 2/10/2004).