ìil manifestoî 14/2/2002, 14 febbraio 2002
L’arringa del procuratore Carla Del Ponte contro Milosevic «è il tentativo di nascondere che i Balcani sono stati per tutto il Novecento un sanguinoso terreno di conquista, un intricatissimo crocevia geopolitico e una fonte perenne di instabilità internazionale [
L’arringa del procuratore Carla Del Ponte contro Milosevic «è il tentativo di nascondere che i Balcani sono stati per tutto il Novecento un sanguinoso terreno di conquista, un intricatissimo crocevia geopolitico e una fonte perenne di instabilità internazionale [...] Con una semplificazione feroce - nello stesso tempo arrogante e infantile - il procuratore dell’Aja ha concentrato una vicenda complessissima in alcuni capi di accusa: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Imputato è un singolo individuo, [...] Milosevic, quest’uomo malvagio, deve essere punito esemplarmente e la sua punizione, si sostiene, avrà un elevatissimo significato morale, oltre che giuridico. Il processo e la condanna saranno decisivi per ristabilire la verità e la giustizia, retribuire simbolicamente le vittime della pulizia etnica, riportare la democrazia nei paesi della ex-Jugoslavia: una transustanziazione taumaturgica che ricorda il cannibalismo rituale dei Tupinanba. Di più - lo ha dichiarato Carla Del Ponte in persona - la condanna di Milosevic avrà l’effetto di esaltare la funzione storica del Tribunale dell’Aja perché, condannando per la prima volta nella storia dell’umanità un ex capo di stato, i giudici fisseranno un principio di valore supremo per i secoli a venire: ”Non c’è impunità per i potenti”. E questa sarà la garanzia più efficace della pace fra i popoli e della tutela dei diritti umani» (Danilo Zolo).