varie, 19 febbraio 2002
CAGNOTTO
CAGNOTTO Giorgio Torino 2 giugno 1947. Ex tuffatore • «Si chiamava Franco - è diventato Giorgio a gradi, molti nel Piemonte vengono battezzati con un certo nome, per esempio in omaggio al nonno, però ne assumono progressivamente un altro che vince, magari in omaggio ad uno zio -, la storia dicevamo data all’inizio degli Anni Cinquanta, quando nella sua Torino c’erano molti tuffatori bravi, da Lino Quattrin a Marisa Zambrini a Laura Conter, e facevano capo ideologicamente a un volatore anteguerra, Renzo Rustichelli detto il Rustica, l’omologo a Torino dell’americano a Roma Alberto Sordi, piemontese speaking e California dreaming. Il Rustica ormai vecchio per far gare chiudeva le riunioni col suo numero, cioè volava in acqua vestito da clown dal lucernario della piscina comunale coperta, quella che vogliono sacrilegamente immolare all’hockey di Torino 2006, lanciando un grido di finto terrore, ed in braccio teneva un bambinetto che si prendeva tanti applausi. Il bambinetto era Franco/Giorgio Cagnotto, lì per via dello zio che era (ed è, mentre il Rustica non c’è più) Quattrin, il quale aveva deciso che se uno non comincia a volare in acqua da bambinetto poi si prende strane paure. Molti anni dopo, nel pieno della sua grande carriera di campione di tuffi, Giorgio (ormai sparito Franco) ci diceva che quei voli da bambinetto lo avevano segnato, nel senso che sempre aveva preferito il trampolino da 3 metri alla piattaforma da 10, frequentata sì ma con qualche timore. […] Le gare lo avevano fatto cittadino del mondo e di Bolzano, dove si allenava con l’amico-rivale Klaus Dibiasi, plurimedagliato, baciato dagli dei della classe pura, angelo biondo tanto quanto lui era diavolo bruno, e dove si è trasferito definitivamente sposando una tuffatrice altoatesina, Carmen Casteiner, lei sì specialista dai 10 metri. Tempi in cui c’era una federnuoto povera e allegra corte dei miracoli: l’allenatore dei tuffi, un tedesco, aveva perso in guerra una gamba, il capo ufficio-stampa sempre in guerra un braccio, il segretario era senza un occhio, idem il capo dei giudici di gara […] Dibiasi e Cagnotto dominavano Olimpiadi ed Europei, i colleghi stranieri ci chiedevano quanti facevano tuffi in Italia, noi dicevamo due, ”due milioni?”, no due, Dibiasi e Cagnotto. Ogni tanto con Giorgio riandiamo a quei tempi, c’è la fierezza un po’ patetica degli antiquari. Lui cerca di parlare piemontese, ”a Bolzano non posso mai, ogni tanto urlo nel mio dialetto per far tacere moglie e figlia che fra di loro parlano in tedesco”» (Gian Paolo Ormezzano, ”La Stampa” 31/7/2002).