Varie, 19 febbraio 2002
CAIRO
CAIRO Urbano Milano 21 maggio 1957. Editore. Patron del Torino • «Un piccolo Berlusconi. Ha la pubblicità, i giornali, la squadra di calcio, i libri. Gli mancano i palazzi, le televisioni, le assicurazioni. Cominciò proprio con Berlusconi, come suo assistente personale, giovanissimo. [...] ”Quando mi sono messo in proprio non avevo nemmeno gli uffici, nemmeno una segretaria. Ho fatto il contratto con la Rizzoli, che mi dette la concessione della pubblicità di Io donna, Oggi e Tv7, ma non avevo un solo collaboratore, ricevevo la gente al Sant’Ambroeus. Ero solo. Stampai un biglietto da visita tutto rosso con il mio logo, un occhio, e misi un annuncio sul Corriere della Sera: ”Cerco in tutt’Italia i cento migliori agenti per formare il nostro dream team’”. Un occhio come logo? ”Agli occhi do molta importanza. Dagli occhi di una persona io capisco molto”. Berlusconi diceva gli occhi di Cairo emanano bollicine di intelligenza… ”Lo disse a Montanelli. Il quale gli rispose: ”Se segue i tuoi ritmi le bollicine scompariranno’”. L’occhio ricorda il quotidiano popolare di Costanzo. Un occhio massonico. ”Io non sono massone. Il mio è un occhio buono, un occhio che guarda in un modo positivo [...] non ho avuto paura nemmeno in quei primi venti giorni in cui facevo fatica a mettere insieme la squadra perché alcuni non avevano il coraggio di seguirmi. A quelli che venivano a lavorare con me dicevo: ”In cinque anni faremo una grande concessionaria multimediale da mille miliardi di lire’ [...] matrimoni… [...] il primo con Tove Hornelius [...] con Anna Cataldi [...] con Mali Pelandini [...] problemi con i falsi in bilancio. [... Io di falsi in bilancio non ne ho mai fatti”. Però ha patteggiato. ”Ritenevo fosse la cosa più giusta pur non avendo fatto nulla”. Si patteggia da innocenti? ”Patteggiando non ammetti la colpa. Ti limiti ad uscire da una situazione”. Se ne esce anche con l’assoluzione. ”L’ho fatto perché cominciavo la mia nuova attività. Non potevo portarmi dietro fardelli”. I giudici le imputarono false fatturazioni per creare fondi neri in Publitalia. ”Avevo fatturato con una mia società i miei premi di produzione”. Quattro miliardi di premi? ”L’arco temporale era abbastanza lungo, credo che andasse dal 1985 al 1993”. Tanti soldi lo stesso. ”Avevo ottenuto risultati eccezionali”. Il patteggiamento innervosì Publitalia. E causò il suo allontanamento dal gruppo berlusconiano che aveva scelto la linea dura contro le accuse. ”Ognuno deve scegliere per sé quello che ritiene meglio. In ogni caso il rapporto era ormai logorato. Avevo portato la Mondadori Pubblicità da 390 miliardi a quasi 500 mentre il mercato scendeva, conquistando otto punti di quota di mercato in più. E nessuno che mi dicesse bravo. Così ho preso atto che il mio tempo era scaduto”. Se [...] fosse rimasto con Berlusconi… [...] Oggi sarebbe senatore, presidente di commissione, capogruppo parlamentare… ”Non erano i miei obiettivi. Io volevo fare qualcosa in cui fossi il dominus, quello che decideva" [...] Dell’Utri voleva che la Mondadori fosse più sinergica a Publitalia nella raccolta pubblicitaria. Io mi opponevo perché volevo dare un’identità forte all’azienda. Per quattro anni ho difeso questa autonomia contro Marcello”. Dell’Utri pensava che [...] fosse troppo intraprendente. L’accusava di avere un rapporto diretto con Berlusconi… ”A volte ci sono delle ombre totalmente ingiustificate”. Il suo capo alla Mondadori era Franco Tatò. ”Che non mi difese per niente. Eppure la pubblicità gli aveva portato grandi risultati. Lui non lo riconobbe mai. Pensava solo a trovare i difetti e ignorava i meriti. Era difficile avere un rapporto positivo con lui. E non ero il solo [...] Le dico il motivo per cui sono uscito. Un giorno Tatò mi chiama e dice: ”Ho parlato di te con Berlusconi. Abbiamo deciso che sei la persona perfetta per guidare le nuove Pagine Utili’. Ed io: ”Benissimo, mi fa molto piacere che tu abbia parlato con Berlusconi di me. Ma voglio il 50 per cento di questa nuova società’. Una maniera per dirgli che dopo quattro anni di successi non poteva trattarmi come un pacco postale [...] Dopo due mesi mi hanno sostituito. E io me ne sono andato. Non avevo nemmeno la macchina perché la Mondadori se la riprese”. Ma aveva un bel pacco di soldi… ”Neanche tanti”. Quantifichiamo? ”Due anni di stipendio. Il mio stipendio era 400 milioni, più altri 200 di incentivi. Quindi un miliardo e duecento milioni. Lordi”. Lordi. Con quelli ha fondato la Cairo Pubblicità? ”Con quelli e con alcuni risparmi che avevo”. Aveva anche i famosi quattro miliardi… ”Sui quali avevo pagato le tasse del 35 per cento”. Vogliamo parlare un po’ della sua vita? ”Milanese di origini alessandrine. Mio nonno e mio zio facevano gli agricoltori. Io da bambino andavo da loro a raccogliere le barbabietole. Mi divertivo, mi davo da fare [...] Liceo scientifico, laurea alla Bocconi”. Il mito registra la sua telefonata a Berlusconi. ”Mi rispose la segretaria”. Dove aveva trovato il numero? ”Sull’elenco del telefono. Edilnord. 8880. Un centralone. ”Mi passa il dott. Berlusconi?’. Mi passano la segretaria. ”Signora buongiorno, sono uno studente della Bocconi, vorrei parlare col dott. Berlusconi’. ”Se vuol dire a me io riferisco senz’altro’. ”No, guardi, vorrei parlare con lui, richiamerò’. Metto giù e ci ripenso. Due ore dopo richiamo. Di nuovo la segretaria. ”Signora, sono sempre io. Ho due idee eccezionali che vorrei spiegare al dottor Berlusconi. Se lei non mi permette di parlare con lui, lei rischia davvero di fargli un danno’ [...] Mi fissò un appuntamento con Dell’Utri. E poi con Berlusconi”. Quali erano le due idee? ”L’interconnessione e l’informazione”. Berlusconi che cosa disse? ”Che quelle idee le aveva già avute lui [...] Aveva bisogno di una persona che gli stesse vicino. ”Mi piaci, sei sveglio. Vieni qua domani mattina a fare il mio assistente’ [...] Lui diceva che ero aspirante assistente, tanto per prendermi un po’ per il culo… [...] Mi colpiva la naturalezza con cui Berlusconi realizzava cose molto difficili. Ma allo stesso tempo mi deprimeva. Lui a rifare il mondo e io a prendere telefonate. Dopo tre anni mi venne la voglia di provare se ero capace anche io”. Il suo primo stipendio da Berlusconi? ”Per sei mesi niente. Poi un milione lordo al mese [...] Ero giovane. Ho cominciato ad avere responsabilità di uomini a trent’anni. Ero esigente. Dovevo fornire dei risultati [...] Ho comprato la Giorgio Mondadori nel febbraio del 1999. Un’azienda con 143 dipendenti che perdeva 10 miliardi su 50 di fatturato e aveva 42 miliardi di debiti. Tutti mi dicevano: ”Dimezza il personale’. Io non ho mandato via nessuno tranne un paio di dirigenti. E l’azienda oggi è risanata. Uno squalo avrebbe cacciato 70 dipendenti [...] Il primo voto l’ho dato alla Dc, nel ”75, quando c’era Zaccagnini. Poi ho cambiato. Non ho mai votato per il Msi o per la Lega”. Forza Italia? ”L’ho votata nel ”94 [...] Già nel 1999 volevo acquistare il Torino, ma la cosa era troppo costosa per me. Non me lo potevo permettere [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, Corsera-Magazine 15/12/2007) • «Gli piace camminare. Lunghe passeggiate nel centro allargato di Milano. [...] Camminando, camminando di strada ne ha fatta: nel febbraio 1996 aveva un solo cellulare, molte relazioni e l’adrenalina del manager che vuole diventare imprendotore. [...] In pochi anni ha creato un gruppo multimediale [...] ma anche una sua personalissima mitologia: lui neolaureato (Bocconi, tesi ”preveggente” sulla strategia finanziaria di una media impresa in espansione) che dopo aver letto un’intervista su ”Capital” telefona a Berlusconi e tanto fa che riesce a ”vendersi” come assistente personale al primo fra i venditori; lui che comincia la sua avventura da imprenditore usando come ufficio il Sant’Ambroeus, bar di riferimento della buona borghesia milanese; lui che decide di comprare la Giorgio Mondadori dopo aver letto che è in vendita su un quotidiano, naturalmente facendo colazione al bar di sopra. [...] stato vicedirettore di Publitalia e ha gestito mille e passa miliardi; amministratore delegato della Mondadori pubblicià e ha portato la raccolta a quasi 500 miliardi. [...]» (Giovanni Iozzia, ”Capital” n. 7/2000). «[...] una laurea in Bocconi e una carriera cresciuta in fretta inseguendo il mestiere per cui è nato: vendere. Spot, e non solo. Ha imparato in Fininvest, primi anni Ottanta (assistente del Cavaliere e poi in Publitalia). Ha proseguito in Mondadori pubblicità, da capo (’da 390 a 490 miliardi di fatturato in 4 anni. d era un periodo in cui il mercato calava”). E ha continuato a farlo quando, a fine ”95, ha piantato tutto e si è messo in proprio. Da un giorno all’altro, o quasi: ”Quando è nata Cairo pubblicità non avevo enanche l’ufficio: c’ero solo io, il telefonino e un’idea [...] Mettere in piedi una concessionaria diversa. Più focalizzata: poche cose ma fatte bene. E multimediale, per offire un pacchetto completo”. C’è riuscito. Tanto che quell’azienda nata di corsa e senza sede è diventata un piccolo impero. Con un nome su misura (Cairo Communication), province in tutti i rami della pubblicità [...]» (Davide Perillo, ”Sette” n. 27/2000).