Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Caldarola Giuseppe

• Bari 9 settembre 1946. Giornalista. Politico. Ex direttore dell’Unità (1996-1998, 1999-2000). Nel 2001 e 2006 eletto alla Camera (ds) • «Un socialista di tradizione comunista». stato vicedirettore di ”Rinascita” e direttore di ”Italia Radio” e de ”l’Unità”. Portavoce della mozione Fassino durante la fase congressuale, esponente della maggioranza Ds (’Il Foglio” 15/12/2001) • «Le polemiche non gli fanno paura. Ci si butta dentro, con gioia. E non vuole saperne di porre termine al contenzioso finchè non si capisce chi ha ragione. [...] ”Se qualcuno inizia a litigare con me, io non lascio perdere. Da una polemica o si esce vincitori o si esce sconfitti. Il pareggio non esiste. [...] Nasco Caldarola, banalmente Caldarola. Sono già arrivato in alto, viste le mie origini. Non ho paura di niente. [...] Mia madre era un’operaia alla manifattura tabacchi, sezione sigari. Quando ebbe lo scatto sociale diventò commessa dell’Upim. Mio padre era un operaio che dopo la guerra studiò e divenne impiegato alla Banca d’Italia. Una vita difficile. Mio padre si indebitò con gli usurai per salvare mia sorella malata di cuore. E alla fine dovette regalare la propria casa agli usurai. Forse da qui deriva la mia combattività. [...] Mi piaceva e mi piace la lirica. Quando morì mia madre mi chiusi in una stanza e sentii la Tosca due volte di seguito. Così uscii dal pasticcio. [...] L’école barisienne era un gruppo di intellettuali che giravano intorno a Laterza, Beppe Vacca, Mario Santostasi, Franco De Felice, Franco Cassano, Franco Botta. [...] Collaboravo con loro, stavamo assieme tutto il giorno. Loro erano ingraiani di peso, ultras. Io ero affascinato da Berlinguer ed ero sotto la tutela culturale di Gerardo Chiaromonte. [...] Il mio percorso politico? Fgci, Psiup. Poi il gruppo trotzkista da cui mi cacciò mia sorella. L’accusa? Cesarismo. Moderatismo. Dopo un po’ mi iscrissi al Pci. E poi ”l’Unità’ a Roma. [...] Io voglio morire con Bandiera rossa e L’internazionale. Ma chi cambia idea non mi disturba. Se motiva la scelta lo capisco. [...] Non sono molto in sintonia con Giovanna Melandri. Non mi piace Cesare Salvi. L’ho conosciuto quando era in una posizione che oggi definiremmo riformismo di destra. Ritrovarmelo a sinistra mi fa impressione”. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 24/2002).