19 febbraio 2002
CALIFANO Franco
CALIFANO Franco. Nato a Tripoli (Libia) il 14 settembre 1938. Cantante. Autore. «Più che Don Giovanni, oggi sembra il Convitato di pietra: grosso, imponente, un monumento vivente alla romanità, e quando parla sputa parole con la voce grave, raschiata, che mille coatti, più o meno parodistici, hanno provato a imitare invano. Lui è l’originale, e questa unicità la vive con una certa svagata regalità. [...] A corteggiarlo oggi sono i giovani, sono loro ad averlo riscoperto. [...] Universalmente noto come il Califfo, ha vissuto oscillando tra la fama proterva dell’infallibile playboy, il trasgressivo senza regole, e il principe della vita notturna, ma in realtà bisognerebbe ricordare che ha scritto molte bellissime canzoni, che sono state cantate da Mina (che gli ha dedicato un intero album), Ornella Vanoni, Mia Martini, ha duettato con Ligabue, e da molti anni ormai viene vezzeggiato da giovani artisti come Frankie Hi Nrg, Tiromancino, Articolo 31. Come spiega questo amore da parte dei giovani? ”Credo sia la leggenda che c’ho intorno, i miei trascorsi, essere stato trasgressivo, contro le regole, mi vedono come una specie di guru, alcuni mi scrivono addirittura: vorrei avere un padre come te, o un fratello maggiore, casa mia è sempre piena, faccio entrare tutti, vogliono sapere tutto, delle donne, come si fa, magari sono un po’ sprovveduti...”. Benché così assolutamente romano, in realtà è nato in un aereo, sui cieli della Libia, ed è originario di Pagani, nel salernitano, ma a Roma è approdato in tempo per lambire il mondo dei fotoromanzi, per vivere come si conviene la Dolce Vita e per radicarsi al punto da essere definito il Prevert di Trastevere. il simbolo del gaudente, ma la vita gli ha riservato brutti scherzi... ”In galera ci sono stato due volte, la prima volta per un anno, per via del caso Walter Chari, la seconda, due anni e mezzo, per il caso Tortora, poi ovviamente sono stato completamente prosciolto, ma a quei tempi non era previsto alcun risarcimento, Pensare che il primo giudice che mi ha condannato era Squillante...”. Eppure a sentirla parlare sembra che non abbia vissuto questa disgrazia con rancore. così? ”Io i ricordi belli li lascio invecchiare, non ci penso, non me ne frega niente, è lì che appassisci, invecchi con loro, le cose brutte invece le ricordo bene, perché sono quelle che mi hanno formato, e poi sono non più di due o tre, ma non vivo con rancore, la mia è anche una sfida, da presuntuoso quale sono. L’ultima settimana che sono stato in carcere a Regina Coeli, ho preso il sole nel cortile per uscire abbronzato e fare incazzare gli altri”. I suoi fan si fanno chiamare Frankiani e portano con orgoglio una maglietta nera con la scritta ’Tutto il resto è noia’. [...] ”Io ho portato la canzone romana al di là della regione Lazio, e di questo sono molto orgoglioso, in fondo è un italiano con accento romanesco. Poi io non parlo di cartoline, de scalinate, de fontanelle, non canto ’pupo biondo’. [...] Non amo frequentare i miei coetanei, la prima cosa che ti dicono è: lo sai chi e morto? E io non lo voglio sapere. [...] Sono pigro, non mi so vendere. [...] Un tipo mi ha detto che gli ricordavo un cantautore francese che disse: non hai bisogno di morire per diventare leggenda, mi è piaciuta molto. Sono l’unico che ha sempre fatto cinquanta sessanta concerti l’anno, ma ogni anno la gente aumenta e aumentano i giovani, e poi non sono più le ragazze, casomai le signore di quarant’anni, le ragazze le ho un po’ perse, ma più che altro ora ci sono i maschi. la prima volta. Io ho cominciato a scrivere canzoni a 24 anni e a 31 ho cominciato a cantare, e all’inizio avevo solo donne...”» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 27/10/2003). «Dal carcere sono uscito migliorato, ho riconquistato e rinnovato il mio pubblico. Ho avuto grossi riconoscimenti, mi hanno anche dedicato una piazza in provincia di Rieti [...] Le donne continuano a venire ai miei concerti, ma non ho mai approfittato di nessuno. Sono stato in carcere, accusato e assolto due volte perché il fatto non sussiste. Ho perso tre anni e mezzo della mia vita ma dentro ho lavorato, mi sono preparato. In galera o ti uccidi, o impazzisci o ti migliori, impari a farti compagnia da solo. E anche a cucinare». «Un uomo che ha sempre disatteso le regole e, proprio per questo, nel corso della sua vita ha passato ben tre anni e mezzo nelle patrie galere. Il ”Califfo” così come lo chiamano un po’ tutti, ha vissuto momenti belli e brutti. Ha scritto canzoni eccezionali, come Minuetto per Mia Martini e La musica è finita per Ornella Vanoni. Di poesie ne ha più di mille e, quando glielo chiedono, tira fuori tutto il suo talento interpretativo, l’arte di ammaliare chi gli sta di fronte, sempre rimanendo autoironico: ”Chi manda messaggi arriva prima di quello che scrive poesie su carta: amo le poesie, ma se non le avessi trasformate in canzoni sarei morto di fame”. Nato a Roma (c’è chi lo definisce il ”Prevert di Trastevere”), la sua città del cuore resta Milano: ”Ho vissuto a Milano per nove anni e a questo posto devo molto. E’ qui che ho imparato la puntualità, a scrivere testi ed è qui che c’è la mia squadra del cuore: l’Inter”. [...]”Sono un comico nato - dice ancora di sè - ma il mio lavoro è quello di cantare e vado in qualsiasi programma tv che me ne dia l’occasione”. Di delinquenti, di galera, di dialetto, di Roma e di coltelli, di droghe dell’esistenza, di alcol della vita, non si parla, si canta. Di donne magari si scrive, in un libro [...] che s’intitolava con chiarezza Il cuore del sesso dove ha spiegato come si fa a corteggiare, conquistare, scandalizzare, stupire, acchiappare e fare l’amore sotto, sopra, di lato, di traverso, in diagonale. Quanto alla sua filosofia, il Califfo sintetizza: ”Basta ascoltare Tutto il resto è noia, spiego ogni cosa là dentro”» (Luca Dondoni, ”La Stampa” 7/12/2003).