Varie, 19 febbraio 2002
CAMPANA Sergio
CAMPANA Sergio Bassano del Grappa (Vicenza) 1 agosto 1934. Ex calciatore. Di Vicenza e Bologna. Ex presidente del sindacato dei calciatori (1968-2011) • «È stato un ottimo giocatore di serie A. Genericamente un attaccante. Non abbastanza centravanti da essere uno sfondatore, non abbastanza rifinitore da potersi definire trequartista di genio. In proposito calza a pennello, anche come capacità di sintesi, il giudizio tecnico che ne stilava il grande Giuseppe Meazza, commentatore nel 1960 per “Sport Illustrato”: “Quando ricordo il tocco di palla, il ’passo’, la finta di corpo di Campana, deve ammettere che sul piano dello stile egli non la cede a molti colleghi, specialmente italiani. Ciò che manca, forse a Campana è un pizzico di fantasia, ossia l’estro che fa il calciatore eccezionale, voglio dire un Sivori. Campana è un tipico uomo di raccordo e, se devo dire schiettamente il mio pensiero, gli è mancato il guizzo per essere un vero centravanti. [...]”» (Marino Bartoletti, “Calcio 2000” n. 5/2003) • «Centravanti, cannoniere, centrocampista, libero, avvocato, presidente [...] Dal 1968, cioè da sempre, è il capo del sindacato calciatori. È stato anche capitano del Vicenza. Partite in serie A: 245. Gol: 68. Espulsioni zero, squalifiche zero. [...] “Discutevo, mi arrabbiavo anche in campo, con gli arbitri. Ricordo una volta una lite con Concetto Lo Bello. Vicenza-Inter, segna Hitchens, centravanti inglese. Fuorigioco, io vado dal guardalinee e lui mi dà ragione, vado da Lo Bello e gli dico: “Signor arbitro parli con il guardalinee, lui dice che è fuorigioco”. Lo Bello mi manda via. “Vada, vada: comando io” [...] La protesta cade nel vuoto, attacchiamo noi, Vastola scatta in fuorigioco. Grande come una casa, io lo seguo e appoggio il pallone in rete. Così, tanto per fare qualcosa. L’arbitro fischia e indica il centro del campo. Gol. Non ti dico le proteste degli interisti. Lo Bello corre, mi viene vicino e a voce bassa dice: “Visto chi comanda?”. Altri tempi, altro calcio, altri arbitri [...] La passione era la stessa, grande, immensa. Ma c’era un altro tipo di partecipazione, di comunicazione appunto. Eravamo curiosi, volevamo conoscere, sapere. Il papà di Gigi Agnolin, Guido, grande arbitro di serie A, tutti i lunedì veniva in piazzetta a Bassano e ci raccontava la partita che aveva diretto. A Torino, a Roma, a San Siro. Lo ascoltavamo incantati, a bocca aperta. Ci raccontava di Lorenzi che ne combinava di tutti i colori e degli altri giocatori famosi [...] giocavo in una squadra di terza categoria e segnavo una barca di gol. A fine stagione venni contattato dagli emissari del Milan e dell’Inter. Mio padre disse no: ’Fai pure il calciatore, se vuoi, ma continuerai a studiare e - soprattutto - la sera dovrai dormire a casa’. Andai al Vicenza, m’iscrissi a Padova, facoltà di legge [...] Non c’era molta sensibilità da parte dell’allenatore. Quello del Vicenza si chiamava Andreoli. Gli chiesi di avere qualche ora libera in più, qualche mattina. Un giorno sono su una panchina, manca poco all’allenamento, ho un libro aperto, si avvicina. Mi dava del lei: ’Guardi, lei sta troppo seduto, i muscoli si irrigidiscono’. Risposi: ’Quando andiamo con il treno in trasferta a Napoli gli altri giocano a carte e stanno seduti tutto il viaggio’. ’Cosa c’entra? Un conto è giocare a carte, un conto studiare’, disse. Mi sono laureato nel 1962 con una tesi sulla figura giuridica dell’arbitro di calcio [....] A San Siro contro il Milan. Io nel Vicenza giocavo centravanti, poi ero arretrato un po’. Ero molto forte nel cosiddetto gioco aereo, in A ho fatto una quarantina di gol di testa. Manlio Scopigno mi dà la maglia numero sei e dice: ’Giochi dietro’. E io: ’Libero?’. Lui serafico, filosofo: ’E chi deve giocare, io?’. Altafini mi venne incontro, mi puntò, fece andare il pallone da una parte, scattò dall’altra. Feci fallo di ostruzione. Ammonito. L’unica volta”. — Nereo Rocco, allenatore del Padova, temeva “quel mulo biondo”, centravanti del Vicenza... “Eravamo in B, derby Padova-Vicenza all’Appiani, decisivo per la promozione. Partita molto calda, dopo pochi minuti Zanon mi fa un fallo da omicidio. Gamba e pallone, mi scaraventa contro la rete. Nereo Rocco si alza, va da Zanon: ’Cio’, te go dito de tocarlo, non de coparlo’ [...] Ricordo ancora la vigilia di un altro derby. Vicenza-Padova, fine anni Cinquanta. Una sera ci trovammo, tutti, a cena in un’osteria di Grisignano di Zocco, a metà strada. Ed era serie A. Pensi cosa succederebbe adesso...”» (Germano Bovolenta, “La Gazzetta dello Sport” 31/7/2004).