Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CANNAVARO Fabio

CANNAVARO Fabio Napoli 13 settembre 1973. Ex calciatore. Capitano della nazionale campione del mondo nel 2006, nello stesso anno vinse il Pallone d’oro e fu eletto Fifa World Player of the Year. Ha il record delle presenze in azzurro (stabilito il 12 agosto 2009 a Basilea, quando staccò Paolo Maldini fermo a 126). In Italia giocò con Napoli, Parma (vincendo la Coppa Uefa 1999), Inter, Juventus (gli scudetti revocati del 2005 e 2006), in Spagna col Real Madrid (la Liga 2007 e 2008), chiuse la carriera all’Al Ahli (Dubai) • «[…] Cannavaro non ha niente del supereroe. Non è alto per il ruolo, non ha particolari predisposizioni tecniche. Ha un buon fisico armonico che tende all’arrotondamento, niente a che spartire con i tratti duri e nervosi di Stam, Terry, Materazzi, Rio Ferdinand. Quasi tutti i centravanti sono più alti di lui, molti anche più potenti. Alcuni perfino più veloci. Ma non lo passano mai. Perché Cannavaro è la massima rappresentazione del calcio, è cioè “normale”. Non sa fare tutto, ma sa fare sempre tutto quello che serve. Il calcio è esattamente questo cumulo di normalità. È l’unico sport che rispetta i limiti, dove i più grandi fuoriclasse non superano di molto il metro e settanta. Dove non basta nemmeno il talento. Il fuoriclasse è un uomo che sta dentro la vita, non ha misure eccezionali. Si moltiplica con l’ingegno. Cannavaro non è il migliore, sa però stare in campo come nessun altro. Per semplicità e automatismo, per fantastica naturalezza ribadisce la normalità del calcio e si mette alle spalle generazioni di fenomeni. Non paia blasfemo, ma in questa normalità, nel non forzare mai la propria differenza naturale, Cannavaro si avvicina molto a Pelé. Che giocava ai Mondiali a sedici anni come fosse in strada. Che faceva fatica con i mezzi fisici a stare dietro a un talento debordante. E scelse di restare naturale, scelse la semplicità e fu quasi sempre immarcabile. Maradona è stato l’artista, l’eccesso, la trasgressione. Pelé e Cannavaro sono riusciti a essere fino in fondo due straordinari giocatori “normali”» (Mario Sconcerti, “Corriere della Sera” 19/12/2006) • «[...] il sette luglio 2003 Fabio Cannavaro aveva detto: “Penso esclusivamente all’Inter, a vincere con la maglia nerazzurra addosso”. Hector Cuper, però, lo aveva messo nella lista dei difensori cedibili, ma i tifosi l’avevano presa male. Agli interisti Cannavaro piaceva, era uno dei loro beniamini. [...] a luglio del 2004, pensavano che sarebbe rimasto, anche se non aveva vissuto un anno meravigliosamente. E invece c’era Capello a spingere per lui e Ibrahimovic. “Con loro saremo competitivi”. Aggiudicato. Fabio di Fuorigrotta, una carriera cominciata da centrocampista all’Italsider di Bagnoli, proseguita al Napoli, come raccattapalle e poi come giocatore, dopo una stagione (2003/04) mediocre nell’Inter, è diventato uno dei giocatori dal rendimento più alto della Juventus (2004/05) di Fabio Capello [...] che l’ha fortemente voluto. Lo voleva già alla Roma dopo la conquista dello scudetto. “Apriremo un ciclo” disse al presidente Sensi. Ma il Parma, che quell’anno lasciò andare Buffon e Thuram, non lo mollò. Doveva prendere la strada di Torino nel 2002, c’era il suo amico Ciro Ferrara che l’aspettava, ma non se ne fece niente e arrivò Moratti. Il grande passaggio dall’Inter alla Juve è maturato durante gli Europei, anche grazie alla spinta dei genitori, Pasquale (difensore peregrinante in serie C) e Gelsomina che l’avevano seguito in Portogallo e che hanno visto, nell’approdo bianconero, uno sbocco importante di carriera. L’Inter motivò la cessione con una faccenda di bilancio da ripianare ma, lì per lì, non sembra una cessione da rimpiangere. Sbagliato. Da raccattapalle correva dietro a Carnevale e Bruscolotti che festeggiavano lo scudetto. Ma non ha ancora trovato un raccattapalle che corra dietro a lui. [...] Ama il mare, le grigliate di pesce, gioca a nascondino con quella faccia di sex symbol e quell’aria da falso timido che ha messo al servizio di qualche spot e di un paio di calendari. [...]» (Roberto Perrone, “Corriere della Sera” 7/4/2005) • «[...] Difficile trovare una sua foto senza un sorriso: forse dopo Francia-Italia, quando beccò quella gomitata da Guivarc’h, quattro punti in faccia. O dopo il Golden Gol di Trezeguet all’Europeo. In ogni caso, uno spot per il calcio, anche per i suoi normalissimi 176 centimetri» (Giuseppe Smorto) • «Esordisce sui campi in terra battuta del rione della Loggetta, a Piedigrotta, all’ombra del San Paolo. A 8 anni è nella squadra dell’Italsider di Bagnoli. A 14, stopper della primavera del Napoli, gioca in amichevole contro la prima squadra ed entra in scivolata su Maradona. “Tu si’ pazze!” lo rimprovera un dirigente. Ma El Diego lo difende: “No, bravo, così si fa”. Aggiunge il magazziniere Tonino Albano, suo padre putativo: “Ricordati Fabio che tu sei un difensore, e quindi devi picchiare, non farti picchiare”. Lui però ha sempre giocato sull’anticipo. Come il suo maestro, Ciro Ferrara. Molto amici, i due danno vita a una scena memorabile a Wembley, qualificazioni per Francia ’98, Inghilterra-Italia 0 a 1, quando disorientano Shearer e McManaman scambiandosi indicazioni in napoletano stretto: “Chiappa ’a chillo! Piglia ’a chill’ate!”. Come Ferrara, investe in pizzerie [...]. A Napoli torna quasi ogni lunedì, ha comprato casa in via Petrarca sopra Posillipo, cena da Cicciotto a Marechiaro, il suo mare non è come per molti colleghi la Polinesia ma Ischia e Positano, ama Pino Daniele, gira sulla Harley Davidson di Alessandro capo dei fedayn della curva B, sul suo sito Internet (tradotto in giapponese) si fa fotografare sul gozzo degli amici pescatori. Napoletana è anche la moglie, Daniela. L’invidiatissima signora non è la donna che gli stereotipi vorrebbero accanto a un calciatore. Non fa la Velina, non studia da soubrette, non cerca pubblicità. È la fidanzata della giovinezza, carina, bionda, il viso rotondo [...]. Daniela è molto gelosa. “Le altre donne neanche le guardo” assicura lui. Il massimo della lussuria che dichiara è lo specchio: “Mi piacciono i miei occhi. Se sono vanitoso? Come tutti gli altri calciatori. Ormai gli spogliatoi sono pieni di beauty con le cremine”. Forse un po’ più di altri, a giudicare dalla copertina di “Cosmopolitan”, su cui ha posato nudo» (“La Stampa”, 25/5/2002).