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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CANTATORE

CANTATORE Vincenzo Bari 22 gennaio 1971. Pugile. Campione del mondo dei massimi leggeri «per una certa Wbu misteriosetta» (Ormezzano). «Vive a Roma fin da piccolo. professionista dal 1993. Prima, è stato un buon dilettante. Prima ancora, aveva sognato di diventare un ottimo calciatore. Come pugile è meno conosciuto di altri, ma non significa che sia meno bravo. […] ”Potevo avere di più, ma anche di meno. L’importante è accontentarsi. Siccome non sono nato male, posso anche permettermi di praticare uno sport in cui, se non sei Tyson o De La Hoya, vedi pochi soldi […] Un giorno di dicembre del 2000, mentre mi allenavo, ho pensato al pugilato come veicolo pubblicitario. Ho detto: per le scritte va bene l’accappatoio, ma quello lo togli prima di combattere. Ci sono i pantaloncini, ma lo spazio è poco. Qualche mio collega straniero, tipo quel Francis che ha combattuto contro Tyson, ha messo a disposizione la suola delle scarpe. Ma questo significa che sei uno destinato ad andar per terra... […] Ho optato per la schiena, sì. Uno spazio visibile che io o riempito con il nome di un servizio di radiotaxi […] Nel contratto c’è scritto che finché sarò pugile porterò quella scritta. Ma potrebbe non essere la sola: c’è ancora un po’ di spazio, chi vuole si faccia avanti […] Non uso tatuaggi ma pennarelli colorati che vanno via con la trielina, che è tossica. Prima usavo come fondo un deodorante, ma alla quarta o quinta ripresa, con il sudore, la scritta si squagliava […] Non faccio niente di male. E non ho venduto l’anima alla pubblicità: la rendita è bassa, lo faccio per un amico, e anche perché l’idea si è trasformata in una personale promozione. Lo scorso anno sono stato invitato a 17 trasmissioni tv […] Sognavo di giocare a calcio. Ero un bell’attaccante, potente e deciso. Alla Vieri, per intenderci. A tredici anni feci un provino alla Lazio e andò benissimo. Ma alla prima partita mio padre non mi portò, perché non voleva che compromettessi la scuola. Per la vergogna, non mi presentai più al campo. E sfumò la carriera di calciatore […] Avevo gambe grosse e torace piccolo. Cominciai a boxare all’Indomita di via Merulana. Poi passai all’Audace, il nome del pugilato a Roma. Avevo 15 anni […] Ero molto forte. Ho vinto tanti tornei e battuto molti avversari importanti. Ho un solo rimpianto: non aver partecipato all’Olimpiade di Barcellona nel ”92. Non andavo d’accordo con il tecnico di allora, Franco Falcinelli, che oggi è il presidente della federboxe italiana […] Divido la mia carriera in due tronconi. La prima, svogliata, senza nerbo, un quarto d’ora di allenamento al giorno, finisce nel 1997, con la sconfitta per l’europeo dei massimi contro Mavrovic. La seconda, che dura da più di quattro anni, è più solida, motivata. Credo di essere diventato un buon professionista […] In carriera ho due sconfitte. La prima non la considero neanche: nel ”95 ho perso per k.o. da Spinelli, ma fu un incidente di percorso. Tanto che l’ho strabattuto nella rivincita. La seconda sconfitta, quella per l’europeo, ha rappresentato la svolta della mia carriera. Ho cambiato manager e mentalità. Ho cambiato anche categoria, scendendo di peso. […] Ho buona tecnica e mani molto pesanti. Su 26 vittorie, ne ho portate a casa 25 per fuori combattimento: sono il pugile italiano con la più alta percentuale di k.o.[...] In Italia il mio idolo è Benvenuti pur non avendolo mai visto dal vero. Tra quelli che ho visto, penso che Kalambay fosse al livello dei grandi pugili americani. Poi Rosi e Oliva […] Ho 31 anni: per un peso come il mio, sono pochissimi. Devo ancora raggiungere la piena maturità, devo ancora raccogliere i frutti. Il bello deve ancora venire”” (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 20/2/2002). ”Parla un italiano straordinario per proprietà e bella sonorità. ”Ho studiato, sono ragioniere, ho dato anche alcuni esami all’università, Economia e commercio” […] Sul pugilato inteso come sport pericoloso, anche mortifero, dice: ”Un mio vicino di casa è un colonnello, fa equitazione, mi dice che ogni anno in Italia muoiono da dieci a quindi cavalieri del completo. Io sto in palestra e sul ring da quando avevo dodici anni e mezzo, garantisco che, se fatto bene, il pugilato non fa male. E’ uno sport come un altro, e adesso è pure finita la retorica del ragazzo che la boxe strappa alla strada, al crimine, alla fame. Io faccio pugilato come faccio pesca subacquea, con metodo e serietà”» (Gian Paolo Ormezzano, ”La Stampa” 17/3/2001).