varie, 19 febbraio 2002
CAPUCCI
CAPUCCI Roberto Roma 2 dicembre 1930. Stilista • «Straordinario inventore di ”architetture per il corpo” e maestro di ”sculture in stoffa” […] Aristocratico rifiuto per ogni tipo di esibizionismo, ritrosia a commercializzare il proprio lavoro, perentorio disprezzo per sfilate e passerelle tv, inclinazione all’isolamento, scelta di esporre vestiti fuori del tempo e meravigliosi, soltanto in musei, gallerie, palazzi patrizi. A questo personaggio i critici d’arte dedicano inni che possono apparire esagerati, paragonando le sue opere a quelli di Bernini e di Gaudì, e l’intrecciarsi dei suoi nastri di raso alle luminosità di Vermeer […] Attività iniziata nel 1951 con un memorabile debutto a Firenze […] Per costruire i suoi ingegnosi involucri che rifiutano la quotidianità, nell’atelier di via Gregoriana tratta i tessuti come metallo, fondendo seta, plastica, paglia, alluminio, grani di rosario. Ne nascono soffici corazze, pezzi unici, crisalidi luminose, ali di plissè, costruzioni realizzate in materiali rari, mikado, ermesino, taffetas o Meryl Nexten, una speciale fibra cava […] Ospite del Victoria and Albert Museum come del Kunsthistorisches Museum, con personali a Palazzo Strozzi, al Castello di Schonbrunn, al Teatro Farnese, questo artigiano di ascendenze rinascimentali ha l’aspetto di un elfo delicato quando con nostalgia ricorda gli studi dell’Accademia di Belle Arti dove come maestri aveva Mazzacurati, Avenali, Libero De Libero. Sue clienti amiche di oggi sono Rita Levi Montalcini, Rajna Kabaivanska, Valentina Cortese, Elvina Pallavicini e le principesse romane che dentro i suoi magnifici gusci possono assaporare il privilegio di sentirsi irraggiungibili. Il suo ideale feminile? La Silvana Mangano ambigua e lunare che vestì per Teorema di Pasolini» (Donata Righetti, ”Corriere della Sera” 8/2/2001) • «Ho studiato Belle Arti e per caso, invece di fare lo scultore o lo scenografo, ho fatto moda. Mi interessava la moda da un punto di vista creativo, ma poi odiavo le scadenze, gli orari, le collezioni. Ho fatto parte del mondo della moda quando si sfilava ancora a a Palazzo Pitti […] Dal 1960 al 1966 andai a Parigi. I giornalisti mi dicevano che ormai avevo avuto tutto a Roma, avevo vestito le donne più belle e famose, l’America mi aveva dato un Oscar […] Furono tutti molto accoglienti e gentili con me. Ho fatto lo sbaglio di tornare in Italia dopo solo sei anni. Avrei dovuto chiudere Roma e tenere aperto Parigi. Ma vi furono dei problemi tra mio fratello e sua moglie, mia madre si occupò della loro figlia, insomma un concorso di circostanze mi fece tornare […] Mi scoprì per caso un giornalista che si occupava di artigianato. Vide i miei disegni e mi invitò ad aprire una sartoria. […] Disegno ogni giorno tantissimo. Ho un archivio incredibile. All’ultima collezione a Berlino ho presentato 120 abiti e avevo fatto 1187 disegni. Lavoro sempre e quando si avvicina la collezione comincio a disegnare in bianco e nero, i colori vengono dopo […] I miei vestiti non sono abbigliamento, sono da guardare, deve esserci creatività, invenzione […] So che i miei abiti sono difficili da capire, da indossare, ma perché smettere? Io non soffro di gelosie per gli altri sarti. Voglio fare da sempre il contrario degli altri a andare avanti per la mia strada […] I miei vestiti non piacciono alle donne perché non sono affatto sexy e io non voglio che lo siano […] La mia vita sentimentale non esiste quasi. Quando uno dà tutto al lavoro, non può darsi all’amore […] In Italia mi considerano matto e odioso, in Germania e in Austria no. […] Oggi si parla delle modelle e non dei vestiti. Degli amori delle modelle. E’ ridicolo […] Fare vestiti mi dà una grande gioia, non vorrei mai venderli, perché sono come dei figli» (’Amica” 11/4/1994).