Varie, 19 febbraio 2002
CARDINALE
CARDINALE Salvatore Mussomeli (Caltanissetta) 20 giugno 1948. Politico. Laureato in Giurisprudenza, eletto alla Camera per la Dc nel 1987 e nel 1992, per il Ccd-Cdu nel 1996, per la Margherita nel 2001. Ministro delle Comunicazioni nei governi D’Alema I e II e nell’Amato II. «[...] come deputato non ha mai brillato [...] terzo nella graduatoria degli assenteisti, con un tasso pari all’87,94 per cento. Appena insediato, anziché mettersi a studiare una materia complessa e di cui non capiva un fico secco [...] come prima mossa ha pensato a requisire uno dei tre ascensori del suo nuovo ufficio, sul quale è stato affisso un cartellino: ”Riservato al Signor Ministro”. Poi ha rivolto la sua attenzione alla formazione dello staff. Il suo predecessore Antonio Maccanico aveva tre consiglieri? Crepi l’avarizia, lui ne ha voluti undici. Ha nominato un Consulente per le telecomunicazioni e un Consigliere per le politiche delle telecomunicazioni. Ha anche istituito innovative figure professionali, come quella dell’Assistente personale del Segretario particolare. Ma il meglio di sé Totò, che pur di farsi citare dai giornali sarebbe capace di presentarsi al Consiglio dei ministri in sella a uno dei suoi adorati cavalli, lo ha dato sul fronte della comunicazione. Ha nominato sul campo un Consigliere per la stampa e l’informazione, un Addetto stampa e un Assistente alle relazioni esterne. Per quest’ultimo incarico la scelta è caduta su una signora che si divide tra il ministero (dove occupa la stanza più bella) e un negozio di Richard Ginori (porcellane). Totò è fatto così. A Mussomeli, dove è nato [...] nel cuore della Sicilia e dove ha acquistato dai principi Spadafora una magnifica riserva di caccia, lo chiamano Turune, testardo. Ma è vero solo a metà. Quando si mette in testa una cosa diventa sul serio irremovibile. Ma solo fino al giorno successivo, quando immancabilmente cambia idea. [...] Chi lo conosce racconta che è sempre stato così. Il padre, aiuto ufficiale giudiziario, lo voleva avvocato. E lui lo è diventato. Ha perfino vinto una causa. L’unica della sua folgorante carriera, secondo la ”Repubblica”: c’era di mezzo un’accusa di abigeato e il pretore onorario chiamato a giudicare si chiamava Pierino Imperia, ricchissimo notaio di Mussomeli e futuro suocero di Totò. Ma poi si è buttato in politica. E anche qua ha dimostrato che la coerenza non è tra le sue virtù. Quando la Dc si è dissolta sotto i colpi di Mani pulite e lui è rimasto a casa dopo due legislature a Montecitorio, il premuroso Mastella gli ha procurato un posto di consigliere all’Inpdap, dove nonostante due anni di permanenza lo ricordano solo per una dotta dissertazione sulle differenze tra le selle inglesi e quelle americane. Eppure quando Mastella ha litigato con Pierferdinando Casini fondando l’Udr, Totò è stato tranchant: ” una corte dei miracoli”. Dieci giorni dopo aveva cambiato idea: dell’Udr era diventato addirittura capogruppo alla Camera. [...] è un virtuoso della gaffe. [...] Una volta, quando militava ancora nel Ccd, nella foga ha parlato del rischio di un ”annettamento” del suo partito da parte di Forza Italia. [...] ha lasciato di stucco un cronista consegnandogli questa chicca: ”In democrazia l’unico strumento quando c’è dissenso è quello che si usa andando via, cioè i piedi”. E a chi lo interrogava sulla sua agenda di lavoro ha risposto sicuro: ”Tutti i problemi sono all’attenzione del ministro senza nessuna graduazione nell’importanza”. E dire che, appena nominato, Totò aveva affermato tutto serio: ”Ho le mie passioni, i miei istinti, ma mi controllo. Mi avvalgo dell’adagio delle mie contrade: prima di parlare bisogna contare fino a dieci”. [...] Si è sentito in dovere persino di commentare la morte di Fabrizio De André. ”Un evento che ci fa percepire”, ha garantito, ”il deperimento di una stagione dei sentimenti universali”. Chissà cosa voleva dire» (Stefano Livadiotti, ”L’Espresso” 25/2/1999).