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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Carmignani Pietro

• Altopascio (Lucca) 22 gennaio 1945. Ex calciatore. Portiere. Allenatore. Nel 2004/2005 sulla panchina del Parma • «Disinvoltamente chiamato Gedeone, era un buon allenatore, ma non tutti lo sapevano. Al massimo si pensava che fosse un affidabile secondo e, come quasi tutti i secondi, un esecutore ubbidiente, un osservatore occhiuto, un fedele assertore. Nel calcio, i secondi non sono ancora considerati delle buone creature: c’è chi, assai sbrigativamente, li ritiene spie; chi pensa debbano essere strutturalmente inadatti al comando; chi crede necessario il loro appiattimento ai voleri del capo-allenatore. In realtà, figura e ruolo dell’assistente sono talmente cambiati in questi anni da rendere opportuno perfino un allargamento delle mansioni (mediatore di conflitti, capo degli osservatori, responsabile degli uomini e delle attività di campo, referente dell’attività sanitaria, organizzatore del lavoro di chi gioca meno o gioca poco) se non proprio lo sdoppiamento in primo e secondo assistente dell’allenatore principale. Presto si arriverà al tecnico che curerà i vari settori (uno per la difesa, uno per il centrocampo e uno per l’attacco), come negli sport culturalmente più evoluti e aperti. In ogni caso nessun secondo è abbastanza bravo se non riesce ad essere contemporaneamente tanto leale da condividere tutte le scelte del mister e abbastanza autonomo da proporsi come suo alter ego. Carmignani, da secondo, ha lavorato e studiato. L’ha fatto con Arrigo Sacchi, lungamente e dappertutto. Al Parma con Malesani prima, Ulivieri poi, Passarella infine. Sempre silenzioso, sempre appartato, sempre umile, quasi dimesso. Da allenatore capo aveva avuto un’esperienza poco felice al Livorno (dopo il periodo spagnolo di Sacchi) e, all’inizio della carriera, proprio al Parma. Ancora da qui ha ricominciato, stavolta con un mandato rischioso (c’era da entrare in corsa) e un’impresa difficile (salvare una squadra che avrebbe dovuto lottare per la Champions League e dunque non c’era neanche con la testa). [...]» (Giancarlo Padovan, ”Corriere della Sera” 5/2/2002).