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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Carpenter John

• Carthage (Stati Uniti) 21 febbraio 1958. Regista. Film: 1997 – Fuga da New York, La cosa, Christine la macchina infernale, Grosso guaio a Chinatown, Essi vivono • «Sono un pessimista sui tempi brevi ma un ottimista su quelli lunghi. Sono preoccupato per la nostra sopravvivenza. Finora sembra che ce l’abbiamo fatta, ma di qui in avanti non so come ce la caveremo. La maggior parte dei miei film di fantascienza sono a breve termine, nel senso che non sono ambientati in un futuro troppo lontano, e ci sono situazioni piuttosto tragiche, anche se alla fine c’è sempre un filo di speranza che emerge. Quando ero giovane la minaccia della distruzione nucleare era enorme, e ancora non posso credere che non sia successo nulla. Tanta gente ne parlava come una certezza, quindi immagino che il mio ottimismo emerge dal fatto che abbiamo superato quel pericolo. Ho fatto La cosa, in cui tutti muoiono, nessuno sopravvive. Mi criticano perché non offro spesso un finale positivo, e anche i miei finali felici non sono poi tanto felici. […] Avevo quattro anni quando ho visto La regina d’Africa, e ricordo ancora vividamente alcune immagini di quel film, anche se all’epoca non ero neanche sicuro di cosa fossero i film. Poi, poco dopo, ho visto il mio primo film profondo di fantascienza, Destinazione Terra, in 3D: mi sono messo gli occhiali e sono stato sconvolto da quel mondo magico. Poi nel 1956, pochi anni dopo, ho deciso che era quello che volevo fare, dirigere questi film, che sono stati l’influenza primaria per me, tutto il cinema, quel mondo magico. E’ indubbiamente la più incredibile forma d’arte del nostro secolo […] Nel cinema in generale il regista che mi ha più influenzato è Howard Hawks, ho guardato molto i suoi film nel modo in cui affronto i miei film, ma nel genere horror il primo per me è Roger Corman, poi tanti altri grandi autori[…] La mia generazione si è rapidamente venduta al dio denaro e noi siamo diventati peggio dei nostri genitori. I censori, il puritanesimo: mi vergogno molto della mia generazione. Non cambia niente, e stiamo sempre a combattere le stesse cose. Forse ora è peggio, la gente parla del proprio lavoro e di quanto deve faticare. E’ patetico! Forse avremmo bisogno di una buona solida guerra e di una forte depressione economica per sistemare i problemi» (Silvia Bizio, “la Repubblica” 17/8/2001).