varie, 19 febbraio 2002
CARRARO Franco
CARRARO Franco Padova 6 dicembre 1939. Dal luglio 2011 commissario della Federsci. Ex presidente della Figc (1976-1978, 2001-2006). Ha praticato sci nautico vincendo 11 titoli italiani e tre europei, poi è stato presidente della Federazione italiana (1962-1966) e di quella mondiale (1967-73). Presidente del Milan tra il 1967 e il 1969 conquistò scudetto, coppa dei Campioni, coppa Intercontinentale e coppa delle Coppe. Nel 1972 presidente del settore tecnico Federcalcio, nel 1973 presidente di Lega, nel 1978 presidente del Coni. Membro del Cio dal 1982, dal 2000 nell’esecutivo. Nel 1987 è eletto deputato per il partito socialista e nominato ministro del Turismo e dello Spettacolo (governo Goria). A dicembre del 1989 diventa sindaco di Roma. Dal 21 dicembre 1997 presidente della Lega calcio. È stato presidente anche di Impregilo e Mediocredito. «Tokyo, ottobre 1964. Al fianco di Giulio Onesti, leggendario presidente del Coni, appare assiduamente un giovanotto che pochi conoscono. E’ Franco Carraro […] figlio unico del proprietario di una nota azienda tessile, alla dicottesima Olimpiade è andato a proprie spese. “Per conoscere da vicino il movimento sportivo internazionale” spiega lui, che indossa abiti scuri, porta l’orologio sopra il polsino della camicia come Agnelli, non beve, non fuma e parla inglese, francese, spagnolo. “Onesti ha già scelto il suo delfino” azzarda profeticamente qualcuno. Quattordici anni più tardi, alla vigilia della sentenza che lo farà decadere dalla sua carica, il presidente del Coni uscirà dal consueto riserbo: “Non vedo chi meglio di Carraro potrebbe occupare il mio posto” […] Laureato in Economia, sposato con Sandra Alecce, padre di Luigi e Albertina […] Si sveglia ogni mattina alle sei nella bella villa al Gianicolo, sfoglia almeno 10 giornali e alle 9 è già al lavoro. Cena alle 8 di sera, un po’ di tv e a letto prima delle undici. “Le rare volte che riesco a trascinarlo al cinema o al teatro – si lamenta sua moglie – si addormenta a metà spettacolo”» (Mario Gherarducci, “Corriere della Sera” 28/12/2001). «Non voleva diventare presidente. Perché pensa di essere già arrivato molto più su e perché – ora che tutti ricamano sulla storia del tipo duro, potente, acido - forse non si sente più abbastanza cattivo e spietato per governare un calcio di dinosauri feroci […] Ha fatto un programma in stile Berlusconi, un contratto con gli italiani pure nel pallone: in sei mesi il club Italia e le riforme, in un anno e mezzo il rilancio dei concorsi e nuovi stadi, in tre la riforma dei campionati» (Fabrizio Bocca, “la Repubblica” 29/12/2001). «Il primo agosto del 1976 Niki Lauda rischiò di morire bruciato nella sua Ferrari al Nurburgring, una tragedia nazionale. […] L’elezione del trentasettenne Carraro al vertice della Figc fu liquidata dal “Messaggero” in poche righe […] Carraro si impegnò a “rivedere lo statuto”. Con una chiosa: “soprattutto per quanto concerne la maggiore partecipazione delle società in fase elettorale”. Evviva: obiettivo raggiunto, oltre ogni più rosea previsione. I grandi club ora fanno e disfano, designano e portano in braccio il proprio paladino, magari cambiandogli la poltrona» (V. Cerr., “Il Messaggero” 29/12/2001). «Una volta che discuteva di sesso con amici, lui se ne uscì con una dichiarazione da brivido: “Preferisco andare subito a letto con una donna piuttosto che perdere tempo al night”. A Milano c’era ancora la nebbia e si girava in 600. Molti anni dopo, interrogato in proposito, aggrottò le monumentali sopracciglia nere e si scusò: “Nella mia vita non ho commesso molte gaffe: quella frase è una di queste”. Dev’essere come quando un bambino, scottato da un fiammifero, cresce con la paura del fuoco: da allora pesa le parole con la stessa, maniacale precisione con cui allinea sul suo tavolo di lavoro fogli, penna, gomma e cartellette. Mai un aggettivo fuori posto, mai una sbavatura davanti a microfoni e taccuini: un avversario, per lui, è sempre “rispettabile”, una situazione “rimediabile”, un ostacolo “superabile”. […] Calma e gesso, camicia bianca e gessato, pensieri freddi e parole leggere: se in privato lo descrivono molto meno algido di quanto appaia in pubblico (e per i nemici passa per arrogante), non c’è dubbio che sia l’interprete di un modo molto “british” di essere dirigente politico, aziendale e sportivo. Mediatore per natura, diplomatico e distaccato (anche troppo), ha avuto scuole importanti come quella del padre Luigi, grande industriale padovano del tessuto, e dei due Giulii più potenti dello sport e della politica, Onesti e Andreotti. Breve l’apprendistato, infinita la carriera da presidente di qualcosa: dallo sci nautico al Milan, dalla Lega calcio al Coni, senza contare le diverse e sostanziose esperienze politiche come ministro e sindaco di Roma. Fu anche molto amico di Bettino Craxi, tranne una parentesi di due anni seguita alla pittoresca partecipazione degli atleti italiani all’Olimpiade di Mosca ’80, boicottata dall’Occidente e, di conseguenza, anche dal nostro governo. Carraro, allora presidente del Comitato olimpico italiano, tenne a casa gli atleti militari, ritirò il tricolore e fece sfilare la delegazione dietro un cartello con la scritta “Coni”. Che in russo, per inciso, significa “cavalli”. Un capolavoro. In ambito sportivo, la sua carriera di dirigente ha avuto molti alti ma anche qualche basso: candidato a succedere a Sua Maestà Juan Antonio Samaranch, per vent’anni boss del Cio, ha perso il treno a furia di schermirsi, di negare, di respingere con fermezza l’ipotesi. Con il risultato che la vicinanza ideale e intellettuale al vecchio presidente si è trasformata in un rapporto cordiale ma freddo con il nuovo, il cavaliere belga Jacques Rogge, che apprezza maggiormente il pragmatismo e la verve di un Mario Pescante. Con il calcio ha sempre avuto un rapporto di amore-odio: commissario della Lega a metà degli anni Settanta, si dimise quando Giussy Farina valutò Paolo Rossi cinque miliardi e 224 milioni. Dimissioni polemiche, naturalmente: “L’entità finanziaria con cui si è risolta la vicenda Rossi mi induce a rivedere i miei programmi”. In realtà, il distacco dallo sport militante avvenne in anni successivi, in corrispondenza con gli impegni politici. Il filo si riannodò nel ’97, quando fu eletto, non senza contrasti, presidente della Lega. Nel dicembre 2001, rieccolo a capo della Federcalcio» (Claudio Colombo, “Corriere della Sera” 19/6/2002).