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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CARRETTA

CARRETTA Ferdinando Parma 7 novembre 1962. Il 4 agosto 1989 uccise a colpi di pistola il padre Giuseppe, la madre Marta e il fratello Nicola nella casa di famiglia a Parma. Negli anni seguenti, si disse che i Carretta erano fuggiti ai Caraibi. Ferdinando era scomparso con gli altri. Ritrovato 10 anni dopo a Londra e processato da reo confesso nel 1999, venne assolto per incapacità totale di intendere e di volere: e fu affidato per cinque anni all’ospedale giudiziario. (Luigi Offeddu, ”Corriere della Sera” 12/6/2003). «Per nove anni, Ferdinando s´è tenuto dentro tutto l´orrore […] ”Avevo dentro un grande peso” dirà poi al giudice che lo interrogava in carcere. Il peso di tre omicidi e anche il peso di un odio maturato nei confronti del padre fin dalla prima adolescenza. Ferdinando racconterà di avere a più riprese progettato l´uccisione del genitore, l´ultima volta nella Pasqua dell´89, anche in quel caso alla vigilia delle ferie. Il padre Giuseppe, capocontabile della ditta vetraria Cerve era stato a lungo il suo obbiettivo e quella sera d´estate, col camper già carico davanti a casa, Ferdinando mise in atto il suo piano da perfetto serial killer. Ha atteso in corridoio che il padre entrasse nel ripostiglio per togliersi le scarpe, l´ha raggiunto e ha sparato più volte scaricando una rabbia covata dentro fin dall´età di 12 anni. La madre Marta Chezzi, accorsa dalla cucina, subisce la stessa sorte. ”Volevo uccidere solo mio padre, ma è accorsa e ho dovuto sparare anche a lei” dirà poi Ferdinando con una punta di pietà. Ma nessun sentimento poteva fermare la sua lucida follia. Allora attende anche il rientro del fratello Nicola, più giovane, reo di avere un rapporto stretto col padre. Si apposta in corridoio e spara più volte anche a lui. Il giallo prosegue con le sue sequenze. Ferdinando mette i corpi dentro teli di cellophane e li accatasta nella vasca da bagno. Poi porta il camper lontano da casa simulando la partenza. Quindi si chiude nell´appartamento di via Rimini al buio coi cadaveri in bagno. Di notte li trascina fino in cortile, li carica sulla Croma del padre e decide di disfarsene. Attraversa la città piena di posti di blocco (era stata rapita da poco Mirella Silocchi) e approda alla discarica di Posta di Viarolo in cui li seppellisce, ma dove le ruspe scaveranno per un mese senza trovare nulla. Non si trova nemmeno la pistola, gettata in un canale. Poi la fuga col camper lasciato in viale Aretusa a Milano dove verrà ritrovato nel novembre ”89, quando di questo troncone d´inchiesta si occuperà Antonio Di Pietro formulando per primo il sospetto dell´omicidio. Un ritrovamento che spazza via le prime ipotesi formulate dopo la sparizione secondo le quali la famiglia, partita per un tour del Mediterraneo, si sarebbe perduta nel deserto. E mentre a Parma si fa strada l´idea di una fuga miliardaria in un paradiso fiscale, Ferdinando si rifugia a Londra dove comincia il suo miserevole esilio fatto di espedienti per vivere. Pensava di essersi liberato degli incubi con quei colpi di pistola, ma alle vecchie ossessioni se ne aggiungono altre ancora più ingombranti. Il peso del rimorso cresce di mese in mese nella solitudine di una periferia londinese dove Ferdinando non ha rapporti col prossimo. E quando un "bobby" gli controlla i documenti scoprendo che il suo nome è inserito nell´elenco degli scomparsi, prende tutto ciò come una liberazione. […] Del passato, Ferdinando non ama parlare. Solo brevi cenni pieni di imbarazzo, grovigli di parole che non approdano a un senso. Ma un desiderio, forse l´ultimo di questa orrenda storia, c´è: ”Vorrei che fossero trovati i corpi per poter dare loro una sepoltura” confessa. Nessuno, tuttavia, li cerca più. L´unica prova di com´è andata rimane il racconto da incubo di Ferdinando» (Valerio Varesi, ”la Repubblica” 22/2/2004). Vedi anche: Luigi Offeddu, ”Sette” n. 49/1998).