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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CARTER Vince Daytona Beach (Stati Uniti) 26 gennaio 1977. Giocatore di basket. Degli Orlando Magic. Ha giocato con Toronto Raptors e New Jersey Nets • «[

CARTER Vince Daytona Beach (Stati Uniti) 26 gennaio 1977. Giocatore di basket. Degli Orlando Magic. Ha giocato con Toronto Raptors e New Jersey Nets • «[...] Era passato dall’essere chiamato ”Air Canada” a sbuffante aeroplanino e, dall’altro suo soprannome, ”Half Man, Half Amazing”, metà uomo metà stupefacente, negli ultimi tempi avevano semplicemente omesso la seconda parte. Tormentato dagli infortuni, nelle ultime tre stagioni aveva dovuto saltare 70 partite e le sue cifre erano scese drasticamente dopo il picco del 2001, quando aveva segnato 27.6 punti di media. Anche le sue acrobazie sotto canestro erano finite in naftalina: un giornale, poco prima del suo trasferimento in New Jersey il 17 dicembre 2004, aveva notato come l’uomo che aveva incantato il mondo per la spettacolarità delle sue schiacciate avesse eseguito quel colpo ad effetto soltanto una volta su 105 canestri segnati. Nessuna sorpresa, perché Vince Carter lo aveva dichiarato in tv: ”Non voglio più schiacciare”, aveva raccontato alla Tnt fra lo stupore generale. Sempre in tv aveva anche detto: ”Sono fortunato ad avere tutto questo talento, in effetti però non mi alleno più con l’intensità di una volta”. I fischi dei canadesi erano stati un’inevitabile conseguenza. [...] Era caduto in disgrazia per la prima volta nel 2001: vigilia di gara 7 della semifinale di conference contro Philadelphia, Carter decide di partecipare alla cerimonia di laurea del suo college, North Carolina, per poi raggiungere i compagni poco prima della partita. Viene autorizzato, gioca, ma sbaglia il tiro della vittoria. Quella vicenda lo insegue ancora oggi in mezzo alle paludi del New Jersey: ”Quel giorno non credo di aver fatto niente di male. Bastava che quel tiro finisse dentro e tutto sarebbe cambiato. Come vedete il mondo è strano: oggi si predica affinché i ragazzi vadano all’università ed io ho pagato per aver scelto di tornare a scuola per un giorno”. In Canada, però, negli ultimi tempi si erano verificate nuove incomprensioni. [...] si arrabbia moltissimo quando a sua mamma viene revocato il permesso per parcheggiare la macchina assieme ai giocatori all’Air Canada Centre. Arrivano alla sua persona anche minacce via internet. Ma la vicenda che innesca la sua cessione accade a Seattle il 19 novembre 2004: tre giocatori dei Sonics sostengono che Carter abbia suggerito loro con quale schema Toronto avrebbe attaccato dopo una rimessa. Non ci sono prove, ma nel momento in cui Vince si lamenta di essere finito troppe volte in panchina nell’ultimo quarto la situazione precipita. Dice il general manager dei Raptors, Rob Babcock: ”Quando un giocatore parla spesso di trasferimento, diventa una distrazione per gli altri. E poi le sue cifre raccontavano tutto molto bene: Vince si trovava nel punto più basso della sua carriera”. Lo scambio con i Nets avviene il 17 dicembre e fa trasalire gli esperti di mercato per la modesta contropartita che viene richiesta: Alonzo Mourning, che non si presenterà mai in Canada, Aaron ed Eric Williams e due future prime scelte. Briciole per un campione come Carter. Attraversato il confine l’ex di Toronto risorge [...]. Carter e Jason Kidd diventano subito una coppia formidabile [...]» (Massimo Lopes Pegna, ”La Gazzetta dello Sport” 23/3/2005). «In un mondo di tromboni, uno che sa suonare il sassofono fa sicuramente bella figura. Se poi questo salta, vola, schiaccia e atterra dopo avere graffiato in cielo disegni mai visti, è chiaro che le porte della celebrità si spalancano. [...] Ha davvero qualcosa di speciale. Non solo le schiacciate, forma d’arte cestistica che con lui ha ritrovato un esponente di nuovo fantasioso [...] Si diceva, all’università, che Carter fosse solo un grande atleta, anche se con un fisico atipico e apparentemente non esplosivo. E quando, alle finali di college del 1997 e del 1998, Vince iniziò la partita raccogliendo i passaggi lunghi (alley-oop, in gergo) del playmaker Ed Cota, e schiacciandoli al volo a canestro, molti pensarono che il Re non fosse nudo perché qualcosa di buono c’era, ma avesse un solo tipo di abito, quello dell’esibizione circense anche in partita, in entrambi i casi conclusasi con la sconfitta di North Carolina. Poi, i mormorii hanno cominciato a sparire quando Vince ha dimostrato di saper palleggiare meglio del previsto, di saper titare in sospensione, di saper difendere in maniera anche feroce, di avere la volontà e l’umiltà di accorgersi che aveva un disperato bisogno di migliorare, giustificando così non solo la propria decisione di passare professionista con un anno di anticipo, ma anche quella dei Raptors di acquisirlo da Golden State, che l’aveva scelto con il numero 5 di chiamata nel draft 1998. [...] Uno dei pochissimi giocatori Nba privo di tatuaggi, o di gioielleria ed ori in eccesso. [...] Aveva raccattato nel codice genetico della madre Michelle Carter Robinson, ex majorette, l’attitudine alla musica e all’arte, che esprimeva suonando il sassofono, scrivendo poesie (che chi ha visto giudica più che decenti) e guidando come leader la banda del liceo Mainland, una di quelle ensemble musicali tipiche del sud degli Stati Uniti, e specialmente delle scuole a prevalenza di ragazzi di colore. [...] Settantasei università spedirono lettere, assistenti allenatori e suppliche a casa Carter, per convincerlo ad accettare una borsa di studio per meriti sportivi [...]» (Roberto Gotta, ”Guerin Sportivo” 1/3/2000).