Varie, 19 febbraio 2002
CASARIN
CASARIN Paolo Mestre (Venezia) 12 maggio 1940. Ex arbitro • « l’arbitro passato alla storia come ”il grande comunicatore”, in campo con i calciatori e fuori. Va sotto inchiesta, ma sarà solo ammonito, perché è accusato dopo il derby del dicembre 1986 dal portiere del Torino Lorieri di dare del tu a calciatori come Cabrini: ma il tu era il mezzo per instaurare un rapporto con tutti. Lo squalificano per un totale di tredici mesi per tre interviste non autorizzate (critiche verso Concetto Lo Bello e verso la politica dell’Aia), ma nel 1990 con il placet del governo [...] arriva la nomina a designatore della serie A e B [...] Da arbitro (esordio in serie A il 25 maggio 1977, Bologna Torino 0-0, premio Mauro nel 1976-77) vive due grandi paure: in un Lecce-Taranto di B durante un’invasione un fotografo gli spacca un labbro; in un Genoa-Fiorentina del novembre ”81 un uscita senza dolo del portiere Martina porta Antognoni quasi alla morte. Ha fischiato ai mondiali di Spagna del 1982 e agli europei di Germania del 1988 [...]» (Dizionario del Calcio Italiano, a cura di Marco Sappino, Baldini&Castoldi 2000) • «Il pubblico è un doping incredibile. Cosa crede, che sia facile fare quei tre gradini che portano fuori dal tunnel? Cosa crede, che in quei momenti lì non si abbia tutti voglia di fuggire? In una partita di un mondiale, quel giorno facevo il guardalinee, mi mandarono a cercare l’arbitro sudamericano che non si sapeva più che fine avesse fatto. Lo trovai, quasi nascosto, in una stanza lontana, inginocchiato, che pregava davanti a una foto della sua famiglia. Da noi il calcio ha una sua ritualità: io da ragazzo prendevo il treno da Mestre per andare a Vicenza a vedere giocare Campana nel Lanerossi. Quando stavo allo stadio sotto la pioggia l’acqua non mi bagnava, tanto stavamo tutti appiccicati. A Istanbul già alle nove di mattina, e si gioca alle nove di sera, lo stadio è assediato da quelli che scaldano gli spiedini; a Manchester per avere un abbonamento bisogna aspettare che qualcuno muoia, perché non c’è più un posto libero; in Ecuador allo stadio si fa di tutto, ci si porta la famiglia, si trascorre la giornata, mentre stavo lì c’era anche uno che mi ha lustrato le scarpe. Cos’è: io e questa gente siamo tutti scemi? Noi siamo un paese mediterraneo, con una certa tradizione, non ci possono obbligare tutti a mangiare McDonald’s [...] Sono legato a Maradona, l’ho arbitrato spesso e ogni volta che l’incontro parliamo. E mi chiedo: quando si finirà di chiedere troppo a questo ex ragazzo [...] Ho trovato nella libreria di mio figlio La società dello spettacolo di Guy Debord, e mi ha fatto riflettere. Ho capito che il calcio è stato violentato, gli hanno messo un vestito che almeno per ora non gli sta bene, non si tratta di rifiutare la modernità ma di mettere in atto delle difese che funzionino nella trasformazione» (’la Repubblica” 13 febbraio 2001).