Varie, 19 febbraio 2002
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CASILLAS Iker Madrid (Spagna) 20 maggio 1981. Calciatore. Con la Spagna ha vinto gli Europei del 2008 e i Mondiali del 2010, col Real Madrid le Champions League del 2000 e 2002
CASILLAS Iker Madrid (Spagna) 20 maggio 1981. Calciatore. Con la Spagna ha vinto gli Europei del 2008 e i Mondiali del 2010, col Real Madrid le Champions League del 2000 e 2002. 4° nella classifica del Pallone d’Oro 2008, 16° nel 2009, 27° nel 2007, nomination anche nel 2002 e 2003 • «Il numero 1 della squadra numero 1 non è brasiliano, nè francese, neppure un cannoniere, ma è un portiere […] una garanzia di sicurezza. […] La finale di Champions League del 2002 lo consacrò, tanto che la stampa spagnola addirittura lo canonizzò come san Iker dopo le parate miracolose contro il Bayer Leverkusen. Ricorda come salvò la nona Champions del Real Madrid dopo essere subentrato a Cesar che si era infortunato: ”Ero molto tranquillo ed è anche vero che a nessuno piace giocare per l’infortunio di un compagno, ma è altrettanto vero che devi cogliere al volo le occasioni che ti capitano. Stavamo vincendo 2-1 quando entro in campo a metà del secondo tempo e nel recupero mi sono esaltato compiendo tre parate consecutive che hanno salvato il risultato. La prima fu su un tiro di Basturk dall’altezza del dischetto del rigore. Davanti avevo tre compagni e ho visto arrivare il pallone in ritardo ma, buttandomi sulla destra, sono riuscito a toccarlo e a mandarlo in angolo. Un giocatore del Bayer calcia dalla bandierina, la palla passa davanti a tutti in area e arriva a Berbatov che si trova solo, l’aggancia e tira a rete, mi tuffo a sinistra e la devio con il piede. Ancora calcio d’angolo. Arriva un cross sul secondo palo che Berbatov tocca di testa, Ramelow è a un metro davanti a me, fa una finta, ma riesco a rinviare”. La gara finì pochi secondi dopo. I titoli dei giornali furono per Zidane, autore di un gol spettacolare, ma non passarono in secondo piano i miracoli di san Iker. E adesso racconta con piacere come cominciò a fare il portiere: ”La storia è curiosa: da piccolo mi misi tra i pali perché mio padre Josè, quando alla domenica andavamo a giocare a Mostoles, non voleva fare il portiere. Allora stavo in porta io e da allora i miei genitori mi regalarono sempre i guanti da portiere. Così cominciò la mia vita da portiere”. Arriva al Real Madrid quando ha nove anni, cresce nelle squadre giovanili, sognando di indossare un giorno quella maglia numero 1 che vedeva sulle spalle di Buyo o Illgner. Ma quel 12 settembre 1999, il giorno del debutto, portava il 27; Illgner e Bizzarri erano infortunati e Toshack diede via libera al terzo portiere della squadra, contro l’Athletic a Bilbao. Quel portiere era lui. Gli ha fatto bene soprattutto il periodo in cui è rimasto fuori squadra. ”Improvvisamente - dice - ho smesso di giocare bene e non capivo perché. Ascoltavo commenti non belli su di me che mi ferirono molto. Fui messo fuori squadra, ma in quei due mesi che non giocavo feci l’esperienza giusta, aspettando il momento del ritorno. Ora sono più maturo e non mi fido più di nessuno, se non di me stesso”. Ha già vinto due Champions League e così racconta le sue emozioni: ”Dopo la finale a Parigi contro il Valencia vinta 3-0 mi misi a piangere perché soltanto sette mesi prima giocavo sui campi di terra in paesi come Navalcarnero o Mostoles. Di colpo passai a giocare all’Old Trafford e all’Olimpico di Monaco e vincere la Champions era una cosa fuori dal comune. Ma nella seconda finale a Glasgow erano lacrime di impotenza e di rabbia perché ricordavo soltanto la sofferenza passata”. Il suo modello è Schmeichel dell’Europeo ”92, adesso gli piace Buffon. Sogna il suo futuro sempre a Madrid e i desideri sono ancora molti: ”Sono ambizioso, vorrei un Mondiale, una Coppa del Re e altri scudetti. E sono già stato nominato per il Pallone d’Oro...”» (Sandra Romano, ”La Gazzetta dello Sport” 11/12/2002).