Varie, 19 febbraio 2002
CASTELLI
CASTELLI Roberto Lecco 12 luglio 1946. Politico. Leghista. Eletto alla Camera nel 1992 e 1994, al Senato nel 1996, 2001, 2006, 2008. Ministro della Giustizia nel Berlusconi II e III (2001-2006), sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti (con delega all’Expo 2015) nel Berlusconi IV (2008-). Nel 2010 candidato sindaco di Lecco, sconfitto al primo turno da Virginio Brivio • «Un fondista che ha fatto fuori, uno dopo l’altro, tutti gli astri della Lega, i Marco Formentini, i Franco Rocchetta, le Irene Pivetti. Dei leghisti della prima ora sono rimasti Bobo Maroni e lui: il compagno di oratorio di Roberto Formigoni. L’ingegnere laureato al Politecnico di Milano negli anni caldi della contestazione, che nel curriculum si vanta di essere ”uno dei pionieri italiani nel campo dell’acustica, di cui è esponente autorevole e riconosciuto”. ”Il silenziatore d’oro”, come lo chiama la forzista Gabriella Carlucci, inventore di un aggeggio antirumore per motociclette. L’appassionato di alpinismo che fonda un’associazione di escursionisti padani e trascina due colleghi deputati in vetta al Monte Bianco. Adesso l’agiografia leghista lo ha trasformato in un Mao valligiano: ”Condottiero della prima marcia padana, da Brivio a Pontida, nel 1989, alla guida di 300 leghisti”, lo definiscono i suoi compagni del Carroccio. Eppure, quando nel ”92 arriva a Montecitorio, Castelli è un signor Nessuno. Colpisce per l’aria belloccia e un po’ fatua. Lo chiamano ”Richard Gere”, o in alternativa ”l’Inglese”. Un signore tranquillo, che durante la legislatura dei cappi sventolati in aula si fa notare solo una volta. Quando, insieme con altri colleghi, tenta di cacciare il giornalista de ”l’Unità” Giorgio Frasca Polara dal ristorante della Camera. Perfino nella Lega lo conoscono in pochi. A Pontida, nella cerimonia del giuramento, fino al 1994 non lo fanno neppure salire sul palco. Bossi, quando lo nominano, cade dalle nuvole: ”Ma chi è Castelli? Cosa fa esattamente?”. La svolta con il leader arriva [...] quando Castelli, già sposato con un figlio di 27 anni, Gabriele, in prima fila al Giubileo dei politici, decide di impalmare la sua giovane ex portaborse Sara Fumagalli, assessore alle finanze del Comune di Lecco, ora consulente ”gratis” per la contabilità di via Arenula. Nozze celtico-padane. Verdi gli abiti degli sposi. Verdi le ghirlande di fiori. Verde pure il sacerdote-druido officiante: il Senatur in persona. Dopo questa prova di devozione Castelli scalda il cuore di Bossi. Capogruppo al Senato dal ”99. Rappresentante della Lega nell’Officina di Giulio Tremonti che prepara il programma della Casa delle libertà. Fustigatore del malcostume di Roma ladrona. E comincia a occuparsi di giudici: i bersagli sono il pm veronese Guido Papalia che indaga sulla Lega e ”lo scandalo delle associazioni dei magistrati”. Quando nasce il nuovo governo, però, Castelli sembra destinato ai Trasporti. Di treni e autostrade si è già occupato, come ministro del governo padano. Sul suo sito Internet (titolo: ”Un piede a Roma e uno nel territorio”) sfoggia la sua attività nel collegio, un impegno degno del miglior Franco Nicolazzi, l’ex ministro bretella. Duecento miliardi di finanziamento per il raddoppio della ferrovia Calolzio-Carnate. Un miliardo per lo studio di fattibilità sulla Lecco-Como. Altri 70 per la Bergamo-Seregno. Invece, per il gioco dei veti incrociati, Castelli diventa ministro della Giustizia. [...]» (Marco Damilano, ”L’Espresso” 13/12/2001). «[...] Silvio Berlusconi aveva bisogno che la Lega partecipasse al suo governo e che si accollasse il compito più sgradevole: il ministero della Giustizia in un regime che la violava quotidianamente. Detto fatto, Bossi cava dal suo cappello di provinciale furbo tale Roberto Castelli ingegnere di Varese, convolato a nozze con il rito druidico e ammiratore della regina Amalasunta, perché i leghisti doc sono ancora incerti fra la loro origine celtica e la longobarda, e l’ingegner Castelli esegue gli ordini, punisce i giudici sospetti di comunismo vale a dire i difensori della legge dagli abusi dei politici. Castelli, a suo modo, è disarmante. Invece di preoccuparsi di un livello, il suo, se ne vanta, invece di mascherare il reazionario piccolo borghese che è lo mette in mostra, con giubilo e compiacimento e quando fa una gaffe sentenzia: ”Prevedo che il solito trinariciuto cercherà di strumentalizzare ciò che dico. Io credo che ciò dipenda dal complesso d’inferiorità che purtroppo ancora oggi dilaga nei confronti della cultura di sinistra speculare a quello di superiorità che affligge la gauche nostrana. Cosa ha prodotto la cultura di sinistra se non le legioni di esseri umani che, incapaci di affrontare i loro problemi, chiedono allo Stato di farlo? Cosa ha prodotto il materialismo storico se non gulag, fame e miseria?”. Il ministro Castelli è un ingegnere che celebra la civiltà celtica che da noi non ha lasciato la minima traccia salvo il lancio della pietra e il tiro della fune e, secondo lui, anche il dialetto lombardo, che è volgare latino con qualche residuo di tedesco o spagnolo. Convinto il buon Castelli che in Italia resista e domini una cultura di sinistra imposta dai comunisti della Einaudi e della Laterza e non una cultura laica tout court che dialoga con la cultura cattolica. I reazionari di tutto il mondo si assomigliano. Il falco Rumsfeld dice che le gabbie di ferro di Guantanamo sono più comode di quelle dei talebani, e il nostro Castelli non è da meno, lui è del parere che le nostre carceri ”non sono un Grand Hotel ma poco ci manca”. Con Castelli siamo tornati ai tempi della grande paura per i ”dannati della terra” lui non si preoccupa della condizione disumana delle carceri ma che possano provocare una rivolta contro il governo, fomentata dalla sinistra. Non ha ancora capito che sinistra e destra hanno la medesima preoccupazione per l’ordine e che il guardasigilli comunista Togliatti, appena insediato, si affrettò a tranquillizzare magistratura e polizia sul disordine da combattere da qualunque parte venisse, anche partigiana. Bossi ha scelto bene il suo guardasigilli. Di lui si può dire ciò che Kissinger ha detto del vicepresidente americano Dick Cheney: ” l’uomo più cattivo che abbia conosciuto”. Mai nella storia italiana c’è stato un ministro della Giustizia così fazioso, livoroso, lontano dall’idea di giustizia per non parlare da quella di clemenza. Un suo pensiero: ”Quando sento dire che Adriano Sofri meriterebbe la grazia perché è un intellettuale, mi vengono i brividi”. Il ministro ci ha fatto sapere cosa pensa delle indagini giudiziarie: ”Sono della scuola di pensiero che tre indizi fanno una prova. Non è la prima volta purtroppo che alcune carceri siano visitate da personaggi di varia estrazione politica. Negli stessi penitenziari poi scoppiano le rivolte. solo un caso o c’è qualcosa di più?”. Con l’aria dell’uomo astuto e virtuoso un guardasigilli della Repubblica italiana dice che per lui gli indizi valgono quanto le prove e che la legge che autorizza dei cittadini italiani a rompere l’isolamento terribile del carcere, a impedire che le carceri siano un mondo fuori da rapporti e comunicazioni civili, è pericolosa e viene usata per sobillare i carcerati, per mettere nei guai il ministro di Lecco che però è furbo e non ci sta, si fa consegnare i loro elenchi e li denuncia alla pubblica opinione. ”Sto ai fatti. nel carcere romano sono state registrate visite, sabato 14 agosto. Passano due giorni ed ecco una protesta che tracima in una rivolta. La mia è una pura registrazione cronologica”. A dire il vero è un’insinuazione a fini politici, è l’attribuzione di crimini a personaggi non nominati ma chiaramente riconducibili alla sinistra. Non è la prima volta, e non è una distrazione. ”Io sono il ministro della Giustizia e ho il dovere di muovermi al primo segnale di pericolo. Oggi dico all’opposizione: state attenti, strumentalizzare la sofferenza di chi sta in carcere può essere pericoloso” [...]» (Giorgio Bocca, ”la Repubblica” 20/1/2005, tratto da L’Italia l’è malada). «[...] Nonostante abbia partecipato alla folkloristica ”marcia su Roma” del dicembre 1999, è considerato un moderato e un sostenitore del dialogo. convinto della necessità di radicare saldamente la Lega all’interno delle istituzioni statali [...] è stato membro di un gruppo scelto di consiglieri che hanno aiutato Berlusconi a scrivere il programma della coalizione ”Casa delle libertà”, in vista delle elezioni del maggio 2001. Ciò gli ha consentito di lavorare a stretto contatto con altri consulenti del futuro premier. Castelli interpreta il proprio ruolo come quello di un ministro ”politico” piuttosto che ”tecnico”, e lavorerà per applicare il programma messo a punto dalla sua coalizione [...] è sposato e ha un figlio. I suoi hobby sono la vela, il trekking, lo sci e le scalate in montagna. salito sul Monte Bianco con altri due parlamentari, nell’ambito di un’iniziativa europea per salvare le Alpi. Non è noto se conosca l’inglese [...]» (da un rapporto della Cia; Maurizio Molinari, Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 15/9/2005).