Varie, 19 febbraio 2002
CATTELAN
CATTELAN Maurizio Padova 21 settembre 1960. Artista • «Cavalli appesi ai soffitti, il Papa abbattuto da un meteorite, il volto di Moro con dietro la stella a 5 punte delle Br trasformata in Cometa di Natale, le rovine del Padiglione d’Arte Contemporanea esposte dopo l’attentato mafioso come un’opera... dalla fine degli Anni 80 che lancia sberleffi al sistema dell’arte che lo ripaga, dall’America all’Europa, con venerazione e quotazioni miliardarie. [...] ”Non faccio lavori per provocare, uso cose, immagini che esistono nella realtà e con quella ambiguità che dà all’opera la possibilità di una lettura che non si esaurisce guardandola. Proprio il contrario della vita breve, propria della provocazione [...] Oggi è difficile conquistare l’attenzione della gente. Ero a New York quando sono collassate le Twin Towers, quel tragico attentato era un mélange di forza militare e di spettacolarità. Anche in me ha cambiato il modo di intendere la guerra e mi ha fatto pensare che i grandi Stati devono dare ascolto alla voce delle piccole tribù”. Prima di fare l’artista lavorava nel design, ideava mobili impossibili, sedie inospitali. Da quel mondo l’hanno ”cacciato a calci”. Ma proprio quell’uso di spiazzamento continuo sulla realtà è l’immagine che ora, nello ”spazio” delle gallerie, dei musei, delle aste, funziona e gli viene chiesto di progettare. un inventore di gadget, di icone, un divoratore di immagini cinematografiche e televisive, un ”minatore” fra pile di giornali, riviste, cataloghi, lavori dei suoi colleghi, dove qualcosa c’è sempre, ”quando sono bravi”, qualcosa da prendere. Anni fa prese un olivo centenario, con una grande zolla di terra, e andò a esporlo proprio a Rivoli e poi a Parigi. Mentre giura di averlo riportato e fatto ripiantare vicino a Pescara, spiega che gli interessano le immagini facilmente riconoscibili, come un albero, un cavallo, Hitler o il Papa. ” più facile cambiare le cose, modificare il senso comune della visione o una emozione, seguendo la direzione comune. Essere popolare non è un difetto, lo può diventare. Ma bisogna seguire lo spettatore, partire da una immagine che conosce già, poi gli dai un bel calcio nel sedere. Così il cavallo appeso ha le gambe lunghissime, una energia che non riesce a esprimere. E Hitler, senza essere uno gnomo, è leggermente più piccolo di un uomo basso ed è in ginocchio”. Cattelan, è lui a dirlo, è figlio di Carosello, delle comiche di Stanlio e Ollio, di Chaplin, ”comico e tragico”. Certo è figlio di Andy Warhol e dei Dada. , come altri artisti della sua generazione, uno scultore senza studio. ”Mi piace trovare una idea che riesca a trasformarsi in immagine - dice -, e che quell’immagine abbia audience, venga riprodotta, buchi sui media. Con l’Adolphino, per esempio, non è facile...”. Le ”immagini” sono altri a costruirle, imbalsamatori, artigiani della cera, falegnami. A lui interessa il ”rebus” dello spazio, la ”commissione” e soprattutto la ”capacità di sorprendermi per sorprendere. Quando ho pensato al Papa l’ho visto come una pop-star. L’ho fatto fare. Ero a Basilea. Ci ho messo tre minuti a pensarlo così. Molto di più a far accettare la proposta. Una volta realizzato non mi piaceva più. Nella sala c’era un lucernaio, ho pensato che da lì poteva venire una forza in grado di piegarlo a terra. Ci ho messo molto a far passare l’idea. Ci sono riuscito: ho risolto il rebus, il papa a terra era la rivolta sul padre”. A domandargli se, dopo l’11 settembre, anche nel ”circo” dell’arte, come lui lo chiama, qualcosa nel linguaggio muterà, spiega che L’Hitler l’aveva presentato a Stoccolma ed era stato comprato da una coppia di ebrei che avevano avuto i genitori sterminati in campo di concentramento. ”C’erano molti ebrei che avrebbero voluto comprarlo”. Per cancellarlo, forse. Perché è veramente una immagine blasfema. [...] ”Non è una immagine di pentimento... o di pazzia illuminata... cos’è?”. certamente una immagine che non c’era prima. E girarle intorno ha la capacità di dare un disagio intenso, cupo. [...] ”e l’America è un grande universo disneyano e proprio lì a Chicago c’è il più antico scheletro di tirannosauro, io potrei far costruire un gigantesco scheletro di gatto in posizione difensiva. Va bene... perché no? Mi chiedono di dare calci in culo e io li do. Se l’idea è giusta scateni energia. E io provo una sensazione erotica che non credo nessuna donna sia in grado di procurare. Tutto nasce dai problemi che abbiamo e che dobbiamo risolvere. A me, ora, tutto funziona così bene che l’unica cosa che temo è quella di star guarendo”» (Nico Orengo, ”La Stampa” 7/10/2001).