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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Cave Nick

• Warracknabeal (Australia) 22 settembre 1957. Cantante. Autore. Ventenne, suona con talento il pianoforte, guida le band australiane Boys Next Door e Birthday Party. Nel 1984 forma i Bad Seeds, da subito gruppo di culto, tanto che nel 1987 Wim Wenders utilizza la loro musica nelle sequenze finali del suo film Il cielo sopra Berlino. « senza ombra di dubbio uno dei più interessanti e geniali cantautori della scena rock mondiale. [...] ”Il lavoro è quanto di più nobile ci sia e mio padre me lo ha insegnato per bene. Stare alle Bahamas in panciolle e poi fare proclami a favore di questa o quella iniziativa umanitaria è ipocrisia bella e buona” [...] I superfan di Nick Cave sanno che il metodo di lavoro dell’artista ha pochi uguali al mondo poiché lui vive la scrittura di musica e testi per una canzone come un filosofo alle prese con un paziente. ”Mi presento in ufficio tra le 8 e le 9 del mattino. Ho una stanza con un tavolo, un pianoforte e una macchina da scrivere. Muri e pavimento sono rigorosamente color crema e per molti miei amici è l’ambiente più asettico della terra. A me piace così. Mi concentro meglio”. Quando finisce di lavorare, e lui stesso ci tiene a sottolinearlo: ”sono solo un padre e un marito, mai una rockstar. In famiglia non si ascoltano i miei cd, non si guardano le mie interviste a MTV, non si leggono gli articoli che parlano di me. Si dà, anzi si deve dare spazio ad altro [...] Tra l’altro siccome sono convinto di essere una specie di semiDio se dovessi rivedermi e mi rendessi conto di non esserlo ci rimarrei troppo male. Meglio evitare» (’La Stampa” 1/12/2004). «L’uomo che Mtv ha battezzato ”il profeta della tristezza”. Per conciliare le cose, lui racconta: ”Sul palcoscenico sono al settimo cielo perché mi sembra di essere la persona che ho sempre voluto essere. Da ragazzino sognavo di diventare famoso e di far parte di una band, perché ero estremamente timido, ero imbranato con le donne, mi sentivo un po’ bruttino e non avevo grande stima di me stesso. Avevo ragione: il successo può curare tutto ciò. Però ha anche aspetti negativi. Non mi piace essere infastidito, trovarmi in situazioni in cui devo adeguarmi alle aspettative della gente. Per questo vivo a Brighton. Qui posso essere invisibile [...] Una volta finiti non ascolto mai i miei dischi, perché sento solo i difetti. Ci sono canzoni che non capisco neanch’io. E soprattutto non capisco perché alla gente piacciano tanto. A casa mia c’è una regola che non viene mai violata. I miei dischi non si sentono. [...] Mi capita di sentire ciò che filtra dalla camera di mio figlio e mi sembra che ci sia tanta roba buona, soprattutto il cosiddetto hip hop. Quello che non mi piace è il nuovo rock: del rock all’antica ha poco. energico, ma poco vero. Lo chiamerei ”rock aziendale’”» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 22/9/2004). «Dalle tele di Hieronymus Bosch, alle poesie di W. H. Auden, ai romanzi di Thomas Hardy. Non capita spesso di incontrare una rockstar che parla con la stessa facilità di Bob Dylan e della pittura del XVI secolo. Nick Cave, prolifico e tormentato cantautore australiano, nonché scrittore e attore, corrisponde ben poco agli stereotipi. Altro che feste ed eccessi: la sera preferisce stare a casa, con la moglie Susie e figli. Durante il giorno lavora a orari rigidi. [...] ”Non c’è niente che mi ecciti più di scrivere un verso, pensarci su un attimo, poi scriverne un’altro. Forse è perché quello del lavoro è un mondo tutto mio. Non è facile, ma lavoro quasi sempre da solo. Anche perché non prendo bene le critiche, e ormai c’è poca gente che osa criticarmi. Ogni tanto, quando ho dei dubbi, mostro a mia moglie ciò che sto scrivendo, ma lei – anche quando è una canzone terribile – mi dice sempre che è bellissima. Non perché non se ne intenda di musica, anzi: è perché ama me e tutto quello che faccio [...] Il matrimonio mi ha cambiato la vita. Prima per me c’era il lavoro e poi c’era il resto, la sfera privata, che era sempre nel caos. Quando ho incontrato mia moglie è arrivato l’ordine. Lavoro e vita privata rimangono due cose separate, e c’è ancora una buona dose di caos, ma c’è anche una nuova sicurezza. Mia moglie non interferisce mai nella mia routine. Una delle regole di casa nostra è che la mattina mi alzo, mi vesto, bacio moglie e figli e vado in ufficio [...] Quando compongo non parlo di me, parlo di tutti e preferirei che la gente non pensasse necessariamente a me quando mi ascolta. Le canzoni eccessivamente personali mi dicono poco. Prendiamo per esempio Sarah, di Bob Dylan. Non penso sia possibile togliere Dylan o la moglie dal brano. E secondo me non è un pregio [...] L’unica cosa che mi dispiace è che la mia vita sia stata relativamente limitata. Ci sono molte esperienze che non ho fatto”» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 1/2/2003).