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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

Cayard Paul

• San Francisco (Stati Uniti) 19 maggio 1959. Velista. Figlio di uno scenografo francese, ha una laurea in business. La sua prima America’s Cup è dell’83 (faceva il tailer, come nell’87), nel 1992 porta il Moro di Venezia di Raul Gardini alla vittoria nella Vuitton Cup: è la prima volta di una barca italiana. Nel ”95 è con Dennis Conner quando a San Diego vincono i neozelandesi. Nel 2000 con America One è battuto da Luna Rossa nella finale sfidanti. Ha vinto un Mondiale Stelle (’88), quelli Maxi (’88 e ”95), One Ton (’89), dei 50 piedi (’91) e l’Admiral’s Cup nel ”95 (ancora su Brava, per l’Italia). Ingaggiato da Oracle per la coppa America 2002/2003 è stato messo « in panchina» da Ellison (’La Gazzetta dello Sport” 4/12/2002). « stato lo skipper di Raul Gardini nella meravigliosa avventura del Moro di Venezia (’92). Ha vinto un giro del mondo in equipaggio (Whitbread ”97-98) per dimostrare di avere le doti dell’avventuriero, oltre che il carisma del timoniere e la mente brillante del manager. Ha sfidato Luna Rossa e ha perso (Vuitton Cup 2000) […] lotta ancora su tutti i fronti» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 17/1/2002). «Quando timonava il Moro di Venezia lo chiamavano Pinocchio perché era un po’ rigido nei movimenti. [...] nel 1988, quando era solo una giovane promessa della vela, Raul Gardini gli affidò la responsabilità di 150 persone e circa 70 miliardi per provare a portare la Coppa America in Italia [...] Alla fine Gardini perse la scommessa nelle acque di San Diego, in finale contro America 3. Anche per alcuni errori di Cayard, compresa una partenza anticipata per eccessiva aggressività. ”Era troppo sicuro” spiega oggi a Panorama uno degli uomini del suo equipaggio di allora. ”Si sopravvalutava: era convinto che, a parità di condizioni, avrebbe prevalso la sua abilità. Un altro difetto? La ricerca della penalità a tutti i costi, costringendo l’avversario a sbagliare”. [...] Errori a parte, Cayard ne ha fatta di strada dai tempi in cui rischiava di affogare sotto il Golden gate di San Francisco, con il vento a 60 chilometri all’ora, sulla barchetta costruita dal padre: ”Quando mi sono laureato in business management, a 22 anni, mi sono spaventato: non volevo passare la vita al 14°; piano di un ufficio con un vestito grigio a 2 mila dollari al mese. Mi sono dato tre anni per diventare uno dei primi dieci velisti al mondo e ce l’ho fatta [...] Sono molto ambizioso. Penso solo al lavoro. Quelli come me in America li chiamano ”workaholics’, lavoro-dipendenti”. [...] Ai tempi del Moro svegliava l’equipaggio alle 6 per portarlo a correre, ma poi erano guai per chi lo superava. Anche nelle quotidiane sfide di basket, il suo sport preferito, era meglio lasciarlo vincere: ”La mia parola chiave è competizione” ammette Cayard. ”La mia passione è battere gli altri in qualsiasi tipo di gara”. [...] In Italia monetizzò le imprese del Moro con oculatezza: firmò un paio di scarpe da vela per Diego Della Valle e le mise ai piedi dei suoi equipaggi; realizzò uno spot televisivo per un caffè decaffeinato; curò delle dispense sulla vela e pubblicò un libro. Insomma, Cayard più che un velista è un’azienda miliardaria, attenta alle pubbliche relazioni» (Giacomo Amadori, ”Panorama” 27/1/2000).