Varie, 19 febbraio 2002
CECCARELLI
CECCARELLI Sandra Milano 3 luglio 1967. Attrice. Coppa Volpi a Venezia nel 2001 per Luce dei miei occhi. «Occhiaie profonde che l’hanno resa diversa da tutte le altre […] Ragazza fortunata, anche se per lei il mestiere di attrice è arrivato tardi e casualmente, dopo una prima lontana apparizione, da bambina, in Segreti, segreti di Giuseppe Bertolucci. […] Per Tre storie di Gay ha vinto ad Annecy. Per la sua apparizione ne Il mestiere delle armi di Olmi ha vinto al Sacher di Moretti. Poi c’è stata la Coppa Volpi, un premio a Sorrento per Guarda il cielo ancora di Gay, e nel 2002 il Nastro d’argento per Il più bel giorno della mia vita di Cristina Comencini, film che ha vinto il festival di Toronto. […] ”La vittoria della coppa Volpi è stata una emozione violentissima. Mi hanno raccontato che per non far sapere alla stampa che avevo vinto io, sono stata fatta entrare all’Excelsior attraverso il sottoscala, ma io non me lo ricordo. D’altra parte quella vittoria è stata una sorpresa. Il film era stato accolto malissimo, invece siamo stati premiati. Fu un colpo molto forte […] Gay mi ha scoperta. Lavoravo in un bar, allora. Un suo assistente mi propose un provino e lui mi scelse per Tre storie dove interpretavo una donna uscita dalla droga, una cosa vera, molto drammatica. […] Non so esprimermi. Faccio fatica ad elaborare i pensieri. Sono libera solo con gli amici”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 7/9/2002). «Aveva il cinema scritto nelle stelle: ”Quando qualcosa di così particolare incrocia la tua strada non una ma 2 volte, non puoi fuggire” [...] Ancora incredula, non si stanca di raccontare la sua singolare storia: di come a 15 anni Giuseppe Bertolucci la trasformò nella figlia di Stefania Sandrelli in Segreti Segreti: ”Mi ha dato l’occasione di vedere il cinema da vicino: sono stata a Cinecittà, ho conosciuto molti attori. Eppure è rimasto un gioco”. Ci sono voluti anni perché si ritrovasse su un set: ”Di nuovo per caso, attraverso amicizie quasi da bar, Fecero il mio nome a Piergiorgio Gay e Roberto Sanpietro, che cercavano attori non professionisti per il loro Tre storie. E io ho detto di nuovo ”perché no?’”. In quei 15 anni aveva fatto un po’ di tutto e un po’ di niente: l’Accademia di Belle Arti a Bologna (dove viveva con il padre, chitarrista dell’Equipe 84), l’assistente di un pittore, l’illustratrice, la pierre di moda. Anche la barista e la centralinista di un 144: ”Non trovavo niente che mi appassionasse davvero, neppure l’arte. Ho fatto tanti tentativi”. [...] non mi è facile lavorare su un registro [...] leggero. Mi manca la tecnica, non ho mai studiato recitazione. [...] ho usato un metodo ”naturalistico’ per costruire i personaggi: ho rubato le mie reazioni emotive, i miei ricordi [...]”» (Liana Messina, ”Max” ottobre 2001).