Varie, 19 febbraio 2002
CELANT Germano
CELANT Germano Genova 1940. Critico d’arte. Senior Curator per l’arte contemporanea del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, responsabile della rubrica Arte per il settimane “L’Espresso”. È stato co-direttore artistico della prima edizione della Biennale di Firenze nel 1996 e curatore della 47ª Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia (1997) • «[...] nostra gloria nazionale tra i critici d’arte [...]» (“Corriere della Sera” 10/4/2005) • «[...] Unico italiano Senior Curator per l’arte contemporanea al Guggenheim di New York, editor delle riviste “Artforum” e “Interview”, è considerato lo scopritore dell’Arte Povera e il maggior esperto della Pop Art, curatore della Fondazione Prada, autore di oltre 50 volumi [...] è il critico d’arte italiano più noto a livello internazionale, e probabilmente anche il più potente [...] “[...] non è così: questo potere del critico non esiste. Dobbiamo invece parlare di una convergenza: ciò che conta è l’importanza del singolo artista, è il contributo della sua opera. Questa è la base, dopodiché sull’artista e sull’opera converge una rete di interessi culturali e economici, è un mosaico di attenzioni, in cui il critico comeme non è altro che un tassello [...] Mi sono inventato, facendo di tutto. Mi sono buttato su libri e cultura. A 16 anni leggevo Sartre, mi identificavo con Beckett. Frequentavo gli artisti locali che mi presentavano i personaggi di passaggio[...] La cultura mi serviva per trovarmi un’identità. Per due anni ho frequentato la facoltà di ingegneria per compiacere mio padre, poi ho lasciato, mi sono inventato i cineforum dove veniva invitato Bernardo Bertolucci. Mi interessava la cultura visiva in generale, decisivo fu l’incontro all’università con Eugenio Battisti, che ci spiegava il Barocco come intreccio fra tutte le arti. Con lui conobbi Maurizio Calvesi e un giovanissimo Portoghesi, facevo le news sulla rivista ‘Marcatrè’ [...] A Torino incontrai Arturo Schwarz che mi introdusse a Duchamp e a Man Ray, e conobbi Tazzoli e Sperone: avevamo la stessa età, mi presentarono Warhol, poi la pop art”. Poi arriva l’Arte Povera... “Nacque per una specie di complicità generazionale. Diventai amico di Pistoletto, Merz, Anselmo, Penone, Zorio, Kounellis già negli Anni Sessanta. Arte Povera era l’idea di chi non ha soldi, quello che trova va bene, carbone, fili di ferro, tela o altro. Contavano lo spirito libertario, la liberazione dei tabù. Nel ’67 organizzammo l’evento di Amalfi, mostra che cattedrattici come Argan raccomandavano di non visitare. Fu un successo perchè mi aprì le porte dell’America [...] Avevamo un’idea ottocentesca, romantica, dell’arte e della qualità, applicate al design o anche alla moda [...]”» (Fiorella Minervino, “La Stampa” 3/8/2005).