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 2002  febbraio 19 Martedì calendario

CELENTANO

CELENTANO Adriano Milano 6 gennaio 1938. Cantante. Attore. Regista. Conduttore tv • «Dopo aver esordito al Santa Tecla di Milano, incomincia a far parlare di sé in occasione del primo Festival rock’n’roll che si svolge al Palazzo del Ghiaccio della stessa Milano nel maggio del 1957, dove canta Ciao ti dirò accompagnato da un complesso di cui fanno parte anche Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Nel 1959 vince il Festival di musica leggera di Ancona con Il tuo bacio è come un rock che in breve tempo raggiunge la vetta delle vendite discografiche. Il suo repertorio, fatto di una divertente rivisitazione del rock’n’roll americano, ma ancor più il suo personaggio e il suo modo dinamico di stare sulla scena (da cui il soprannome di ”molleggiato”) gli guadagnano rapidamente l’ammirazione di un pubblico giovane in cerca di figure nuove da eleggere a beniamini. Il grande pubblico tuttavia lo conosce al Festival di Sanremo del 1961, dove si classifica al secondo posto con Ventiquattromolia baci. Rispetto a tanti sterili imitatori nostrani di Elvis Presley, si distingue subito sia per l’ironia di cui riveste la sua proposta musicale facendola inequivocabilmente sua, che per la consapevolezza dimostrata nel gestire la propria carriera. Già nel 1961 infatti dà vita al Clan, originale struttura organizzativa che significa casa discografica e base di lancio per altri cantanti e autori, ma anche gruppo di amici e condivisione di scelte stilistiche comuni. Primo frutto discografico del Clan è Stai lontana da me (versione italiana di Tower of strength) che vince nel 1962 la prima edizione del Cantagiro, cui seguono a poca distanza Pregherò (versione italiana di Stand by me), Grazie, prego, scusi e Ciao ragazzi. La calcolata simpatia del personaggio, l’imprevedibilità dei suoi atteggiamenti scenici e il carisma della sua figura, unite a una vocalità duttile e di immediata presa, ne fanno, insieme a Morandi, il cantante uomo dominante del decennio, in grado di ritagliarsi uno spazio di rilievo fra cantautori e complessi beat. Tale dominio è assicurato da frequenti apparizioni televisive e da ricorrenti successi discografici, che sono tuttavia di qualità alterna, andando da prove destinate a lasciare il segno e a rimanere nella nostra memoria collettiva, Come il ragazzo della via Gluck e Mondo in Mi 7° (1966), Tre passi avanti (1967) o Azzurro (con musica di Paolo Conte, 1968) ed altre decisamente meno originali, La coppia più bella del mondo (1967, ancora di Conte) o Chi non lavora non fa l’amore (vincitrice al Festival di Sanremo del 1970), eseguite entrambe in duo con la moglie Claudia Mori. Negli anni Settanta, avvertendo le mutate richieste musicali del pubblico e faticando a darvi convincenti risposte, si dedica principalmente al cinema, sua seconda grande passione […] Da segnalare anche le sue apparizioni in televisione, non più solo in qualità di ospite, ma di conduttore o addirittura di maitre a pensér con propensioni demagogiche (Fantastico, 1987/88)» (Augusto Pasquali, Dizionario della Musica Italiana, Newton&Compton 1997). «Era il 12 aprile 1954 quando Bill Haley incise Rock around the clock. Il mondo, non ancora globalizzato, andava più lentamente e ci volle qualche tempo perché la nuova musica facesse il giro del mondo. Dopo, ma non molto dopo, quella canzone arrivò in Italia e scoppiò una scintilla che avrebbe cambiato il volto della nostra canzone. [...] debuttò a Milano uno scatenato giovane cantante di nome Adriano Celentano. Neanche a farlo apposta, il pezzo con cui ha debuttato è proprio Rock around the clock. [...] ”Avevo un amico che lavorava in una ditta americana, mi disse: sai, a giorni arriva quella musica che sta spopolando in tutto il mondo, e a noi ci arriva cinque mesi prima. Io, ero scettico, perché non l´avevo mai sentita, però leggevo che i giovani sfondavano tutto nei cinema, che c´erano sempre tafferugli, non capivo, sembravano matti, ma ero anche curioso. Io a quell´epoca aggiustavo gli orologi in casa, non cantavo neanche, suonavo un po´ l´organetto a bocca, fischiettavo si e no, ero fuori da qualsiasi orbita musicale, anche se in casa mia cantavano tutti. Bene, era d´inverno, e verso le sei di sera arriva questo mio amico, io ero al banco ad aggiustare un orologio, e senza neanche girarmi gli dico: mettilo su, avevo la testa china sull´orologio, lui ha messo a volume alto, guarda caso si chiamava "l´orologio matto", e sono rimasto folgorato. Ho smesso di girare il cacciavite, alla fine ho tolto la lente, ero senza parole, mi dissi: adesso capisco perchè succedono tutte queste cose, ci voleva [...] l´amico mi ha lasciato il disco, io ero come in trance, lo ascoltavo in continuazione, e ho sentito la necessità di impararlo a memoria e cantarlo, era come una malattia, una droga. Bill Haley la cantava in sibemolle, che non è la mia tonalità, e così non ci riuscivo. Mi sforzavo, ma mi sono sforzato così tanto che forse lì mi è aumentata l´estensione della voce. Alla fine l´avevo imparata talmente bene che gli americani pensavano che sapessi l´inglese, invece non lo so neanche ora. Gli amici della via Gluck per prendermi in giro, una volta che eravamo in un posto che si chiamava la Filocantanti, dissero che c´era un amico che conosceva il rock´n´roll, praticamente mi hanno sbattuto sul palco. C´era il gruppo che mi chiese: ”in che tonalità?’ E io: ”e che cos´è la tonalità?’. ”Insomma alto o basso, come la canti?’ Poi dissero ”noi partiamo e poi tu’. E io ”no, parto io, perché il pezzo è così’, e l´ho cantata dall´inizio alla fine. Da quel momento la mia vita è cambiata, prima dovevo fare fatica per ballare con le ragazze, poi vennero loro a chiedermi di ballare [...] Un anno dopo frequentavo il Santa Tecla, e si era sparsa la voce che a Milano c´era uno che cantava il rock´n´roll, e Bruno Dossena, che era campione di boogie woogie organizzò al Palazzo del ghiaccio il primo festival mondiale del rock, che ovviamente non era vero. Ma in Europa effettivamente era il primo, non c´erano cantanti, neanche in Francia, Johnny Halliday arrivò due o tre anni dopo e cominciò cantando un mio pezzo, 24.000 baci. Dunque, c´erano otto orchestre di rock e un cantante solo che ero io: avevo racimolato la mia band, al pianoforte c´era Jannacci. Poi però ci hanno bloccato, è successo un casino, anche perché Dossena l´aveva organizzato così bene che c´erano cinquemila persone dentro e cinquemila erano rimaste fuori. Dopodichè con quel gruppo non si riuscirono fare le serate perché la polizia bloccò tutti i concerti di rock´n´roll. Oggi sembra incredibile, ma faceva un po´ paura. Allora a Dossena gli venne in mente di organizzare al Teatro Nuovo un processo al rock´n´roll. Andò a parlare con la polizia e disse: ”organizziamolo proprio per dire che non devono dare troppo in escandescenze’, la polizia accettò, e quindi al Nuovo ci fu lo spettacolo. Prima di cantare dissi al pubblico che rischiavamo di non lavorare, ”quindi applaudite, ma non troppo’. C´era anche Gaber che suonava con me [...] Io mi diverto con tutto, ma mai come col rock, è una fiamma che si è accesa e non si è mai più spenta. Il rock è come un fantasma che ogni volta si presenta e dice ”ci sarò nel disco?’ Poi magari decido di no, ma questo pensiero c´è sempre”» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 13/4/2004). «Come una quercia, un quadro, una locomotiva, la sua voce è già di per sé un monumento esente dai capricci del tempo. Mode e tendenze gli scivolano addosso e lui è sempre pronto ad assorbire quello che gli serve, rigettando il resto come inutile zavorra, ma rimane il numero uno, quello che in tempi così magri per la discografia, ha sbancato ogni previsione di mercato» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 14/11/2002). «Quando tirai fuori Prisencolinensinanciusol, un pezzo che ha preceduto il rap di dieci anni, in Italia non successe niente. Passarono sei mesi e mi chiamò la Cgd per dirmi che dovevo pensare a un nuovo pezzo da far uscire a breve, e io dissi, ma no il pezzo ce l´ho già, è già inciso. Come, risposero, hai già inciso il pezzo e non ci dici niente? Ma no, dico io, lo conoscete bene, è Prisen... Contemporaneamente arrivò dalla Francia uno di una radio libera, molto seguita dai giovani, dicendo che voleva comprare dei pezzi miei, e dopo averne ascoltati un po´ disse voglio questo, ed era Prisen. Il direttore artistico della Cgd gli spiegò che il brano in Italia non aveva fatto nulla, e lui dsse, ok, ma io lo prendo lo stesso, lo mise in radio ed ebbe un sacco di richieste, e io allora - per contratto potevo farlo - ho imposto di ripubblicare il pezzo dopo un anno. Ha venduto un milione di copie, un milione in Francia, lo stesso in Germania e in altri paesi dove non sono mai stato. [...] In Francia e in Germania ci sono andato perché potevo arrivarci in macchina. Ma in America è diverso, mi arrivano ancora oggi offerte addirittura sconvolgenti, per quanto riguarda le cifre, ma non sono mai andato per paura di volare. Sono andato solo una volta in Russia, ma fu un´eccezione perché avevo fatto il film Joan Lui (su Gesù che ritorna ai giorni nostri) e ricevetti una lettera dal Kremlino in pieno comunismo, c´era Gorbaciov che era appena andato su, e la lettera diceva che erano interessati, allora mi dissi: a questo punto diventa una missione e quindi devo andare in Russia, non può cadere l´aereo, e infatti andai in aereo senza paura, e l´aereo barcollava tantissimo, c´era brutto tempo e alla fine ero io che tranquillizzavo gli altri, per me era un segno, quella volta l´aereo non poteva cadere. [...] C´è stato un passaparola straordinario. In Russia, mi dicevano, circolavano migliaia di cassette clandestine con le mie canzoni. L´ultima richiesta che mi è arrivata è incredibile. Viene dal Kazakistan. Hanno parlato con mia moglie Claudia che faceva difficoltà, allora loro hanno detto: guardi non ci sono problemi di soldi, siamo un gruppo di miliardari, allora Claudia gli ha spiegato che il problema non erano i soldi, ma la paura dell´aereo, ma no hanno detto loro, non ha capito, non deve venire, siamo noi che veniamo» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 3/9/2003). Vedi anche: Angelo Aquaro, ”Sette” n. 18/1999; Antonio D’Orrico, ”Sette” n. 45/2000; Metello Vené, ”Sette” n. 38/2001;